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L'Opinione Rassegna Stampa
07.11.2007 Nessun intrigo dietro il sostegno americano a Israele
un articolo di David Harris, direttore dell'American Jewish Committee

Testata: L'Opinione
Data: 07 novembre 2007
Pagina: 1
Autore: David Harris
Titolo: «La “Israel Lobby” non esiste»

Da L'OPINIONE del 7 novembre 2007:

Gli europei spesso non riescono a comprendere l’appoggio che gli Stati Uniti forniscono ad Israele. Piuttosto che accettare l’ovvio – cioè che la maggioranza degli americani si identifica con Israele – alcuni europei sembrano confortati da teorie di intrighi e manipolazioni. Forse è questo il motivo per il quale il nuovo libro dei professori Stephen Walt e John Mearsheimer, “La Israel Lobby”, è stato così rapidamente scoperto da molti autorevoli editorialisti. “Mi dica il segreto”, mi chiedono i miei amici europei: “come ha fatto la lobby ebraica a portare Washington dalla parte di Israele, contro i ’migliori interessi’ dell’America, e persino a ’spingerli’ alla guerra in Iraq?”. Aspetti un secondo, io rispondo. Procediamo passo per passo. Primo, la parola “lobby” non è dispregiativa. Esistono migliaia di lobby che rappresentano orgogliosamente ogni interesse immaginabile. Sono un puntello nell’arena della politica pubblica. Alexis de Tocqueville, nella sua magistrale opera “La Democrazia in America”, scritta 170 anni fa, celebra il ruolo chiave giocato dalle associazioni volontarie nella vita pubblica del giovane paese. Secondo, fra le lobby vi sono quelle che rappresentano gli interessi arabi.

E a loro si sono uniti un numero crescente di organizzazioni arabe e musulmane attive negli Stati Uniti che, come gli altri gruppi, cercano di influenzare il processo decisionale e l’opinione pubblica. Terzo, non esiste una sola lobby israeliana, tutt’altro. Scherzando si dice “due ebrei, tre opinioni”; perché dovrebbe essere diverso quando si tratta di Medio Oriente? Ci sono gruppi attivi a sinistra, al centro e a destra, e ognuno tenta di convincere i legislatori su un particolare punto di vista. Qualcuno è più grande e meglio organizzato? Sì, riflettendo le diverse realtà della comunità ebraica. Quarto, quegli europei che condannano il potere delle lobby a Washington e specialmente di quelle che non gli piacciono, dovrebbero guardare al loro proprio cortile. Bruxelles è divenuta una calamita per letteralmente migliaia di gruppi di interesse. Quinto, gli ebrei comprendono il due percento della popolazione americana. Anche se ogni ebreo fosse allineato ad Israele — fatto probabile come quello che tutti gli americani votino per lo stesso candidato alle prossime elezioni — ciò non spiegherebbe il forte, sebbene assolutamente non incondizionato, sostegno di Washington a Israele.

Ciò che molti non riescono ad afferrare è che la storia di Israele ha, per molte ragioni, catturato l’immaginazione degli americani. È quella la base dell’appoggio americano, non le macabre teorie cospirative che ultimamente “spiegano” la posizione dell’America. Sesto, secondo i sondaggi le ragioni chiave per l’appoggio americano includono l’impegno di Israele alla democrazia, l’affidabilità come alleato, la determinazione coraggiosa a difendersi contro quelli che vorrebbero distruggerlo, i tanti contributi alla civiltà umana e, non da meno, il drammatico risorgere dello stato ebraico dopo quasi 1900 anni di esilio. Settimo, la maggioranza degli americani non è terribilmente entusiasta dei contro-argomenti. Per decenni i palestinesi hanno appoggiato i più acerrimi nemici dell’America. Il terrorismo contro obiettivi americani, dalle ambasciate agli aerei di linea, non li ha avvicinati al cuore americano. Gli americani che costruirono una società di pionieri a prezzo di fatiche senza fine, hanno avuto difficoltà ad identificarsi con quelli che languiscono nei campi profughi a carico della comunità internazionale, piuttosto che costruirsi delle vite nuove.

Gli americani credono nell’aspirazione profonda di Israele alla pace, ma si chiedono dove sia il corrispondente impegno dei palestinesi. L’assenza impressionante di elementari valori democratici in tutto il mondo arabo, incluso i diritti delle donne, dei cristiani e delle altre minoranze religiose, e il ruolo della legge, non li ha aiutati a farsi degli amici fra gli americani. Quando l’Arabia Saudita, per esempio, lanciò un’ampia campagna mediatica per cercare di promuovere valori comuni tra Riyad e Washington, era un imbroglio difficile per un paese che non permette alle donne di guidare e tiene la Cristianità sotto schiaffo.
traduzione italiana a cura di Carmine Monaco

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