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L'Opinione Rassegna Stampa
31.10.2007 Dossier Iran
forche italiane e proliferazione nucleare

Testata: L'Opinione
Data: 31 ottobre 2007
Pagina: 0
Autore: Aldo Torchiaro - Elisa Borghi
Titolo: «Iran, forche italiane - Intervista a Gianandrea Gaiani / Perché tutti vogliono l’atomica»
Da L'OPINIONE del 31 ottobre 2007, un articolo di aldo Torchiaro sull'uso di camion italiani nelle esecuzioni capitali in Iran:

E' tutta italiana, la filiera della messa a morte più atroce del nostro tempo. E’ italiana doc, l’impiccagione nelle piazze di Teheran”. A parlare è Adriano Mordenti, fotoreporter che ha percorso in quarant’anni di attività le strade di tutti i continenti, raccontando per immagini guerre e sofferenze di tutto il mondo. Ha la barba folta e lo sguardo fermo. E’ uno dei tanti ospiti di Nessuno Tocchi Caino, che al teatro Capranica di Roma, insieme al Consiglio per la Resistenza Iraniano ha puntato l’indice sulla complicità italiana con il regime di Ahmadinejad. Mordenti indica con il dito gli ingrandimenti di una tragica sequenza fotografica: sono gigantografie di una serie di recentissime esecuzioni di piazza, a Teheran e in altre città. In una di queste, si vede un camion Iveco (Fiat) sul quale sono legati e bendati i prigionieri del dittatore iraniano. Poi vengono legati con un cappio al collo, uno ad uno. Quindi issati a sei metri dal suolo, per mezzo di gru e sollevatori tutti italiani. “Persino le impalcature dove i boia umiliano per l’ultima volta le loro vittime sono costruite, come si può vedere dalle foto, con tubi Innocenti”. Mentre Washington preme sulle Nazioni Unite per l’adozione di misure di embargo verso la dittatura iraniana, Roma continua ad essere partner privilegiato di Teheran. E che partner. Nell’interscambio tra i due paesi siamo noi a fornire non tanto e non solo medicine e alimenti, ma automobili, furgoni, mezzi meccanici, tecnologie civili e militari, apparecchi di telecomunicazione, sistemi d’arma.

In barba a tutti i regolamenti internazionali, denuncia Nessuno Tocchi Caino, prosegue il morbido atteggiamento italiano, sempre pronto a chiudere non un occhio ma tutti e due davanti alle inenarrabili violazioni dei diritti umani in Iran. Il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana ha deciso di squarciare il velo del silenzio e chiede che l’Italia prenda atto di avere a che fare con un regime sanguinario. Sottolineano come la dittatura dei mullah abbia firmato, per aggirare gli ostacoli della diplomazia, la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (Cidcp), ma di come nella realtà quel trattato sia diventato in breve carta straccia. Per entrare nel dettaglio, è di ieri la denuncia di un numero di casi agghiacciante: già condannati a morte per impiccagione 71 adolescenti, molti dei quali in violazione di presunte leggi coraniche. Il presidente della Commissione delle donne del CNRI, la signora Sarvnaz Chitsaz, parla di uno “spaventoso numero crescente di esecuzioni in Iran, dove in questi ultimi undici mesi, complice l’esasperazione per la conquista del potere interno al regime, sono più che raddoppiate le vittime”. Così adesso, mentre si fanno sempre più vicini i fantasmi di un possibile conflitto e le Nazioni Unite non ritengono affatto da escludersi l’adozione di un vero embargo, quei gioielli made in Italy nei video della propaganda iraniana cominciano a creare qualche imbarazzo. Il marchio Fiat nel mondo, in Iran si legge Iveco e campeggia sui veicoli semoventi lanciamissile in parata militare davanti ad un compiaciuto Ahmadinejah, a celebrare la rivoluzione islamica.

Dal 1995 la casa torinese anche attraverso l’assemblaggio a cura della Zamyad in Iran, ha esportato diverse migliaia di camion in quel Paese. Nessuno sa dire quanti siano stati rivenduti dallo stabilimento locale alle brigate dei pasdaran. Tecnici iraniani vi hanno poi installato rampe d’origine sovietica e nuovi missili di produzione nazionale. Testate che possono colpire a una distanza di 200 chilometri, che potrebbero essere stati regalati anche agli hezbollah libanesi: basta un telone per occultare l’arma e confondere l’Iveco truck nel traffico caotico di tir sulle strade del Medioriente. Mascheramenti del genere avrebbero reso i veicoli del gruppo Fiat piattaforme per i missili acquistati in Cina e in Corea del Nord. Anche il peso massimo Trakker Mp720, un bestione a sei ruote motrici, sarebbe stato usato per lanciare ordigni balistici a lungo raggio, i famigerati Shahab che possono colpire Israele. E che un giorno, se il programma atomico di Teheran dovesse avere esiti bellici, potrebbero caricare testate nucleari. Tutto made in Italy sposato con i Guardiani della rivoluzione. Da noi non se ne parla, o quasi. A preoccuparsene, con l’indispensabile discrezione del caso, sembra essere lo Stato Maggiore della Difesa.

Alla Scuola di Sanità Militare della Cecchignola, a Roma, la società israeliana di sistemi di difesa Beth-El Zikhron Yaaqov Industries Ltd. ha eseguito la dimostrazione – per addetti ai lavori – di un prodotto non proprio d’uso quotidiano: la tenda filtrante per isolarsi in un ambiente bioprotetto, al riparo da agenti patogeni derivanti da attacco chimico, batteriologico o nucleare. Il nostro esercito se ne sta rifornendo attraverso l’ordinativo di filtri microbiologici israeliani Iso-Ark, convinti che non se ne possa fare a meno, in caso di attacco da parte dei cosiddetti Stati canaglia che stanno minacciosamente investendo sull’arricchimento dell’uranio e sulla ricerca chimica. Un pareggio perfetto del bilancio: guadagniamo vendendo tecnologia che arma l’Iran, ma spendiamo per difendercene. Chissà se Nessuno Tocchi Caino, organizzazione della galassia radicale, ne parlerà con il ministro Emma Bonino.

Un'intervista di Elisa Borghi all'esperto militare Gianandrea Gaiani, sulla proliferazione nucleare e in particolare  sul programma iraniano:

Dall'Iran all'Egitto, la proliferazione nucleare riguarda oramai quasi ogni stato del Medio Oriente. Se si elenca chi l'atomica ce l'ha ma non lo dice (Israele), chi non ce l'ha ma finge di averla (Iran), e chi la persegue segretamente, si nomina la quasi totalità degli stati dell'area (Siria, Giordania, Turchia, Yemen, Pakistan...). Un fenomeno che apre inquietanti scenari per la sicurezza mondiale. Ne parliamo con Gianandrea Gaiani, direttore del mensile Analisi Difesa (www.analisidifesa.it).

Mubarak annuncia di voler costruire centrali nucleari per uso pacifico. E' in buona fede o mira all'atomica?
Gli egiziani hanno grossi problemi energetici e un buono sviluppo economico, credo che il loro programma nucleare servirà agli scopi dichiarati.

Non pensa che la proliferazione in Medio Oriente, Egitto compreso, sia una risposta all'atomica iraniana?
La minaccia iraniana ha avuto un impatto sull'Egitto, ma solo in passato, quando l'Egitto ha cercato di rispondere al riarmo dell'Iran acquisendo i suoi stessi sistemi: se Teheran comprava missili balistici o puntava al nucleare El Cairo faceva lo stesso. Poi il Paese ha ricevuto garanzie strategiche dagli Stati Uniti, potenza con cui esiste un accordo militare di alleanza che presuppone supporto reciproco. Chiunque attacchi l'Egitto dunque deve fare i conti con gli Usa. Questo consente agli Stati Uniti di usare l'Egitto come trampolino per eventuali operazioni in Medio Oriente, e all'Egitto di avere una garanzia strategica, evitandogli il bisogno di dotarsi di armi atomiche. Per questo l'Iran non c'entra con il nucleare egiziano. C'entra invece, e molto, con la corsa agli armamenti in altri Paesi.

A quali paesi si riferisce?
Ad esempio all'Arabia Saudita, che ha grosse difficoltà ad ospitare sul proprio territorio basi Usa, è preoccupatissima del riarmo iraniano e non a caso si è dotata di missili balistici di produzione cinese. Questi ultimi sono sì un bilanciamento dell'arsenale israeliano, ma soprattutto sono un robusto deterrente all'arsenale missilistico iraniano. Dell'Arabia Saudita va detto che non è una potenza nucleare, ma in passato sono circolate molte voci sulla possibilità che i sauditi potessero ottenere armi atomiche dal Pakistan, paese con cui esiste un accordo strategico su ampio raggio. I pakistani addestrano i soldati sauditi. E l'Arabia saudita è stato un grande finanziatore occulto della bomba nucleare del Pakistan. Secondo indiscrezioni dunque, in caso di minaccia il deterrente nucleare pakistano sarebbe a disposizione anche dell'Arabia Saudita.

Poi c'è la Siria. Nei giorni scorsi si è detto che stesse sviluppando un impianto atomico, impianto che gli israeliani hanno bombardato a scopo preventivo.
Non escludo che la Siria possa avere acquisito dai nord coreani, pagandoli cari, dei laboratori per cominciare a sviluppare un programma atomico. Ma non credo proprio che la Siria attualmente abbia la capacità di sviluppare armi nucleari.

Il fatto che tutti abbiano l'atomica aumenta il pericolo di guerra?
Lo escludo. In cinquant'anni di Guerra Fredda la pace era garantita proprio dal fatto che tutti i rivali avevano l'atomica. Questo ha prodotto mezzo secolo di confronto, anche aspro, ma ha evitato il conflitto perché nessuno avrebbe potuto evitare le conseguenze dello “strike”.

Perché oggi c'è la corsa a dotarsi di un programma nucleare?
Perché il precedente nord coreano ha insegnato che chi possiede armi atomiche, anche rudimentali, ha più possibilità di salvarsi da eventuali raid punitivi americani.

Ormai si parla apertamente dell'uso di piccole bombe atomiche da usare anche in situazioni belliche ordinarie. Un nucleare che fa meno paura non diventa più pericoloso?
Oggi gli Usa, ma anche i russi, cercano sia di mantenere la supremazia garantita dall'arsenale nucleare, sia di orientare le armi nucleari verso le nuove minacce, come i gruppi terroristici, o i piccoli paesi in mano a gruppi criminal-terroristici. Qui la bomba atomica può essere utile quando è arma di limitato potenziale capace, ad esempio, di perforare venti metri di cemento prima di esplodere e distruggere un laboratorio in cui i bin laden di turno producono armi chimiche.

Ci sono stati, come l'Iran, che vogliono il nucleare per distruggere altri stati, come Israele.
Purtroppo regimi con una concezione distruttiva del potere, come quello di Ahmadinejad, hanno un approccio strategico diverso. Di fronte a un avversario che ragiona in questi termini l'importante è impedirgli di avere armi nucleari.

L'Europa deve adeguare la propria difesa alla minaccia nucleare diffusa?
Tutti i paesi europei stanno ragionando su una difesa che consenta di intercettare anche i missili balistici che possono trasportare armi chimiche, biologiche o nucleari. Una minaccia che oggi viene soprattutto dalle potenze emergenti del Medio Oriente. La percezione della minaccia in Europa è già consolidata e nei prossimi dieci anni tutti i principali paesi disporranno di sistemi di difesa adeguati. Il vero problema dell'Europa è che ha grosse difficoltà fare fronte unico per arrestare la proliferazione laddove questa potrebbe avere degli sviluppi militari, come dimostra la crisi iraniana. Mentre Francia e Gran Bretagna spingono per creare una deterrenza, Italia e Germania sembrano voler favorire lo sviluppo di una potenza nucleare iraniana. E questo incoraggia chi persegue il nucleare militare.

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