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L'Opinione Rassegna Stampa
04.06.2007 La protesta degli abitanti di Sderot
"il governo non offre una soluzione"

Testata: L'Opinione
Data: 04 giugno 2007
Pagina: 0
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Sderot, città sacrificata»
Dall'OPINIONE del 2 giugno 2007

Sderot è una cittadina israeliana, con circa 23.000 abitanti, sorta nei primi anni ‘50 come evoluzione di un campo profughi che raccoglieva immigrati ebrei dalla Persia, dal Nord Africa e dal Curdistan. Dal settembre del 2001, salvo alcuni periodi di relativa calma, la piccola città è sotto costante attacco. Essendo vicinissima al confine della Striscia di Gaza, è il bersaglio privilegiato dei razzi Qassam, lanciati dai miliziani di Hamas e di altre formazioni terroristiche palestinesi. Dal 2001, su Sderot sono piovuti 4500 ordigni, 1600 dei quali dopo il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza nell’agosto del 2005. La pioggia di razzi si è nuovamente intensificata in coincidenza con lo scoppio della faida tra Hamas e Al Fatah a Gaza. I media tendono a considerare questi bombardamenti come delle non-notizie. La copertura mediatica riservata alle rappresaglie condotte dall’aviazione israeliana è incomparabile. Si tende a considerare la minaccia dei Qassam come “poco credibile”. Le rappresaglie dell’aviazione israeliana sono considerate “sproporzionate”.

In molti reportage si sottolinea che le armi palestinesi sono “razzi artigianali”, un termine solitamente utilizzato per i fuochi d’artificio abusivi. I primi ordigni della serie avevano una testata da 60 mm, simile a quella di un proiettile da mortaio. La terza versione, impiegata per la prima volta nel giugno del 2006, è dotata di una testata di 10 kg di esplosivo. Tutt’altro che fuochi d’artificio: si tratta di ordigni che possono danneggiare gravemente strutture in muratura e, se lanciate in zone affollate, provocare stragi. L’esercito israeliano ha installato un sistema di allarme “Alba Rossa” a Sderot: un radar individua il lancio e i cittadini hanno meno di 20 secondi per trovare un riparo. “Vado a letto vestito, in allerta” - spiega un medico della Stella di David Rossa di Sderot intervistato da Ynet News - “So che posso essere svegliato in ogni momento e inviato sul luogo dell’esplosione e devo essere molto lucido per curare le vittime”. “E’ semplicemente impossibile vivere a Sderot” - scrive una cittadina a Israel News Agency: si è trasferita in un campo profughi provvisorio a Tel Aviv. Altri dormono in albergo, come Liat Reviva: “Almeno qui non devi correre nel rifugio con i tuoi bambini ogni venti secondi, quando arriva un Qassam”.

Eppure la vita continua: il Ministero dell’Istruzione ha deciso di completare l’anno scolastico e il governo ha dato ordine di fortificare le scuole. Le vittime sono due, decine i feriti, ma un cittadino su due è in stato di shock. E soprattutto la popolazione locale si sente completamente abbandonata. Il governo trasferisce fondi per le aziende colpite e provvede a fornire nuovi rifugi pubblici. Ma questi aiuti, assieme ai raid dell’aviazione, non servono a fermare l’incubo. Per far cessare la pioggia di razzi occorrerebbe l’occupazione delle aree di lancio, il che vuol dire: vaste operazioni militari con l’impiego di forze di terra. Sia lo stato maggiore che il governo si oppongono. Lo stato maggiore ipotizza un prossimo conflitto con la Siria e preferisce concentrare le forze sul fronte settentrionale. Il governo Olmert, dal canto suo, non intende entrare in forze a Gaza, dove le truppe israeliane possono subire gravi perdite. E la gente di Sderot inizia a ribellarsi. Lo scorso 22 maggio, Olmert è stato duramente contestato dalla popolazione. Le aziende locali chiedono al governo maggiori aiuti per i danni che continuano a subire. Ieri la protesta si è estesa ai riservisti dell’esercito.

I firmatari di una lettera aperta indirizzata a Ehud Olmert ricordano che l’estate scorsa non hanno esitato a partire per il Libano: “chiamati dal senso di mutuo impegno, dovere nazionale e destino comune con le comunità settentrionali”, principio, questo, che secondo i riservisti “è stato violato dal governo israeliano a Sderot e nelle comunità attorno alla Striscia di Gaza”. I riservisti minacciano di non obbedire più agli ordini, perché: “Il governo non offre una soluzione alla minaccia, ma tenta di comprarci con ritiri e regali: ci rifiutiamo di lasciare che i nostri figli e quelli della regione siano carne da macello per lo Stato di Israele”. In una nazione in cui l’esercito è costituito da civili in armi e dunque coincide con buona parte della società civile, è impensabile sacrificare l'incolumità di una fetta di popolazione nel nome della “ragion di Stato”. Nell’opinione pubblica israeliana si diffonde l’idea che: “Olmert si preoccupa maggiormente di quel che il resto del mondo pensa di Israele”, come scrive un lettore nel forum del quotidiano Haaretz. E dal “mondo” non arrivano segni di solidarietà per le vittime di Sderot. Anzi: la Norvegia è stata la prima democrazia occidentale a riconoscere il nuovo governo di unità nazionale palestinese guidato da Hamas. E l'altro ieri ha annunciato l’invio di 10 milioni di dollari, primi aiuti diretti all’amministrazione della Palestina.

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