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L'Opinione Rassegna Stampa
03.05.2007 La propaganda genocida di Hamas
e il legame tra antisemitismo e antisionismo

Testata: L'Opinione
Data: 03 maggio 2007
Pagina: 0
Autore: Stefano Magni - Elena Lattes
Titolo: «Hamas istiga al genocidio - Ritratto scientifico dell’antisemita moderno»
La propaganda genocida di Hamas, denunciata in un articolo di Stefano Magni:

“Uccidere tutti gli ebrei e gli americani” è lo slogan lanciato da Ahmad Bahr, il portavoce di Hamas al Parlamento palestinese, nel corso dell’ultimo sermone di venerdì. “Alcuni sono accecati dal potere dell’America. Diciamo loro che, per volere di Allah e del Suo Messaggero, e per il potere di Allah, noi siamo più forti dell’America e di Israele” - ha predicato Bahr - “Oh Allah, annienta gli ebrei e i loro alleati! Oh Allah, contali e uccidili tutti, fino all’ultimo”. Questa è l’aria che tira in Palestina. Mentre tra gli arabi che vivono in Israele l’atmosfera è completamente diversa. E’ vero che circa un quarto di loro si è fatto sedurre dalla propaganda iraniana. Ma secondo un nuovo sondaggio commissionato dall’Israel Democracy Institute (un centro di ricerca apolitico israeliano), il 75% dei cittadini arabi israeliani è a favore di una Costituzione che mantenga il carattere ebraico e democratico di Israele, garantendo allo stesso tempo pari diritti alle minoranze etniche.

Il legame tra antisionismo e antisemitismo: un sondaggio commentato da Elena Lattes:

Un sondaggio del novembre scorso rivela che quasi il 70% tra chi considera Israele se non il principale, almeno uno dei problemi del Medio Oriente, non sa nulla o pochissimo e in maniera errata, della risoluzione Onu che sancì la fondazione dello Stato ebraico e della storia fino al 1967. Tra questi anche alcuni politici o persone impegnate che partecipano alle manifestazioni per la pace o per la Palestina. L’Haaretz, quotidiano liberal, ha riportato il 16 aprile scorso una tabella che indica che gli attacchi antisemiti in Europa, Australia e Canada nel 2006 sono raddoppiati rispetto al 2005. In alcuni casi si tratta di aggressioni fisiche con armi da fuoco, perpetrate con la chiara intenzione di uccidere. Il maggiore aumento è avvenuto in Australia, Canada, Gran Bretagna e Francia e vede coinvolti sempre di più giovani musulmani.

La responsabile del Centro per gli studi sull’antisemitismo e il razzismo di Tel Aviv menziona la convention negazionista organizzata dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad come una delle cause principali, insieme alla guerra degli Hezbollah della scorsa estate, di questo aumento. Che correlazione c’è tra i due sondaggi? Entrambi dimostrano che la disinformazione è fortemente legata alla violenza e che i maggiori responsabili dell’ignoranza sono evidentemente i governanti (con le loro dichiarazioni e i loro comportamenti) e i mass media (che non sempre informano in maniera corretta ed equilibrata).
Come ha ampliamente dimostrato anche Emanuele Ottolenghi nel suo libro “Autodafé”, giornalisti e vignettisti, durante gli anni dell’ultima “intifada”, hanno a volte attinto alla peggiore iconografia dell’antisemitismo cristiano, quello che avrebbe dovuto essere debellato con il Concilio Vaticano II del 1965, secondo la quale il popolo ebraico è il popolo deicida ed è responsabile di tutte le violenze che subisce. E questa negativa concezione degli ebrei è stata trasferita pari pari allo Stato di Israele.

Ogni qualvolta, infatti, è scoppiata un’aggressione araba o palestinese, la maggioranza dei media ha rivolto quasi tutta l’attenzione alla reazione israeliana anziché al casus belli, estrapolando singoli fatti dal contesto generale, omettendo particolari importanti, ma ritenuti evidentemente scomodi per il quadro che si voleva dipingere, dando maggiore spazio alle versioni propagandistiche e non ritrattando quando queste si sono rivelate esagerate o addirittura false. E’ altresì significativo che l’ignoranza della storia e dei fatti più recenti sia maggiormente diffusa tra chi si dichiara “filopalestinese” e che le violenze antisemite aumentano di numero e di gravità proprio nei momenti più aspri del conflitto arabo-israeliano. Certamente non tutti i filopalestinesi sono antisemiti, ma è evidente che tutti gli antisemiti sono filopalestinesi, siano essi di destra che di sinistra. Ma, verrebbe da chiedersi, cosa c’entrano gli ebrei della Diaspora con la politica israeliana? Giusto per fare un esempio, è mai avvenuto che per dimostrare il proprio disaccordo con la politica italiana qualcuno avesse aggredito dei singoli cittadini, magari di origine italiana o legati culturalmente al nostro Paese, in un altro Stato? La risposta è ovviamente negativa e anche se, non sia mai, dovesse succedere, nessuno si sognerebbe di giustificare l’atto di violenza come “una giusta critica alla politica” dei nostri governanti.

Allora come mai nei confronti di Israele e degli ebrei questo succede? E’ chiaro che esiste un doppio standard di giudizio e che questo investe tutte le categorie lavorative, ma è ben più grave se a farsi influenzare dai propri preconcetti sono coloro che, quanto meno per etica professionale, dovrebbero dimostrare una certa equidistanza o se vogliamo una certa “equivicinanza”.
In questo contesto rientra anche in un certo senso il boicottaggio dei prodotti israeliani da parte dell’Unione Nazionale dei giornalisti inglesi (NUJ). Questa iniziativa è stata presa subito dopo il rapimento del loro collega Alan Johnston da parte dei palestinesi.
Logica vorrebbe che invece di prendersela con Israele, i giornalisti prendessero posizione contro l’Autorità Palestinese che non fa nulla per liberare lui e il soldato Gilad Shalit.

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