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L'Opinione Rassegna Stampa
12.01.2006 Un analista demolisce otto miti sull'Iraq
dall'invincibilità dei terroristi al declino dell'economia

Testata: L'Opinione
Data: 12 gennaio 2006
Pagina: 5
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Otto miti luogocomunisti sull' Iraq di ieri e di oggi»

Da L'Opinione di giovedì 12 gennaio 2005:

 Pantano: questa è la definizione più diffusa sulla guerra in Iraq. Un
incidente aereo in cui un Black Hawk è caduto provocando la morte di 12
militari americani, ha dato il via ad una serie di nuove analisi
catastrofiste sull'esito della guerra in Iraq. Si ricorda che i caduti
americani in guerra sono 2.200 dal marzo del 2003 ad oggi, dimenticandosi
che l'11 settembre, in meno di due ore, sono morti più di 3.000 civili
americani. E che in Iraq i progressi ci sono eccome. James Phillips,
ricercatore della Heritage Foundation, lo spiega in un "paper" esauriente
pubblicato alla fine dello scorso anno, in cui demolisce pezzo dopo pezzo
tutta la mitologia su una guerra "perduta".

Primo mito: in Iraq non si riesce a sconfiggere la guerriglia. Eppure le
roccaforti dei guerriglieri baathisti e islamisti a Falluja, Mosul, Najaf,
Samara e Tel Afar sono state espugnate con poche perdite e, a parte il
"triangolo sunnita", il resto dell'Iraq è ormai pacificato. Le forze di
sicurezza irachene sono già parte integrante delle operazioni
anti-guerriglia.
Di 120 battaglioni in fase di addestramento dal 2004 ad oggi, uno è pronto
al combattimento al 100 per cento, ma altri 40 hanno già preso posizione e
necessitano del sostegno alleato solo per la logistica. A Tel Afar hanno
combattuto ben undici battaglioni iracheni al fianco di soli cinque
battaglioni alleati.
Secondo mito: è impossibile instaurare la democrazia in Iraq. Però, sinora,
il processo costituente è andato avanti in modo molto spedito, secondo i
tempi e le modalità previste dai piani. A gennaio 2005 si erano tenute le
prime elezioni per l'Assemblea Costituente.
In agosto è stata approvata la nuova Costituzione, in ottobre questa è
stata ratificata con un referendum popolare e a dicembre si sono tenute le
prime elezioni parlamentari.
Il numero degli Iracheni che si sono recati alle urne nonostante le minacce
dei terroristi, è stato crescente, mentre il numero delle vittime del
terrorismo nel corso del processo elettorale è decrescente.
Terzo mito: Bush ha inventato il pericolo delle armi di distruzione di massa
di Saddam per invadere l'Iraq. Tuttavia, fino al marzo del 2003, la maggior
parte dei governi e dei servizi segreti occidentali era convinta
dell'esistenza delle armi di distruzione di massa del dittatore iracheno,
basandosi su una grande quantità di prove e testimonianze di defezionisti
iracheni. Persino il ministro degli esteri francese Dominique de Villepin,
pur opponendosi alla guerra, nel febbraio del 2003 dichiarò che esistevano
prove attendibili dell'esistenza di armi di distruzione di massa. Quanto
alla sospetta "invenzione" del pericolo: la Commissione bipartisan del
Senato sull'Intelligence è giunta alla conclusione che non vi è stata alcuna
pressione sulla Cia da parte dell'amministrazione.
Quarto mito: la guerra in Iraq sta distraendo le forze americane dalla
guerra al terrorismo. Però numerosi documenti iracheni dimostrano come vi
fosse un solido e duraturo rapporto di alleanza fra Al Qaeda e i servizi
segreti del regime di Saddam Hussein. Quindi l'Iraq è un fronte fondamentale
della guerra contro il terrorismo islamista, non una dispersione di forze.
Tant'è che l¹effetto non si è fatto attendere su altri regimi estremisti che
sostenevano il terrorismo internazionale: la Libia ha rinunciato al suo
programma di costruzione di armi di distruzione di massa e il regime siriano
ha ritirato le truppe dal Libano.
Quinto mito: la guerra in Iraq è un nuovo Vietnam. Ma, nella guerra
combattuta nel sud est asiatico i comunisti Vietcong erano meglio armati,
meglio organizzati e meglio sostenuti dal regime comunista nordvietnamita.
La guerriglia irachena, invece, è divisa al suo interno, gode di un sostegno
popolare molto ridotto ed è costituita soprattutto da volontari stranieri. I
numeri dei caduti nei due conflitti non sono nemmeno lontanamente
paragonabili.
Sesto mito: gli Americani sono da soli. Sì certo, senza contare gli Iracheni
stessi (ormai più numerosi degli Americani) e i contingenti di ben 26
nazioni (fra cui anche i nostri 3.000 uomini).
Settimo mito: le donne irachene erano più libere sotto Saddam. Però allora
non contavano nulla politicamente, mentre ora occupano un terzo dei seggi
parlamentari. Negli anni '80, nel corso della lunga Guerra Iran-Iraq, a
causa delle enormi perdite subite dalla popolazione maschile, molte donne
furono costrette a lavorare. Ma le donne erano anche le prime ad essere
punite in caso di dissenso politico dei mariti. Comunque sia è solo con la
Costituzione attuale che sono garantiti pieni diritti alle donne e proibita
ogni discriminazione.
Ottavo mito: l'economia irachena è in declino. Eppure tutti i fattori
indicano una crescita, anche rispetto al periodo pre-bellico: la produzione
elettrica è aumentata rispetto al 2002, mentre la produzione petrolifera è
tornata ai livelli raggiunti dal regime di Saddam. Televisione e stampa
private non esistevano prima del 2003. E nel Paese sono sorte 30.000 nuove
attività economiche dalla fine del conflitto.

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