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L'Opinione Rassegna Stampa
13.12.2005 L'ambigua politica dell'Unione europea verso il terrorismo palestinese
inaccettabile per Israele

Testata: L'Opinione
Data: 13 dicembre 2005
Pagina: 1
Autore: Stefano Magni
Titolo: «La Ue apre ai terroristi, sale la tensione con Israele»
L'OPINIONE di martedì 13 dicembre 2005 pubblica un articolo di Stefano Magni che riportiamo:
Il Ministero degli esteri israeliano, alla fine, si è stancato dell’atteggiamento europeo. Dopo l’ultimo testa a testa diplomatico, fatto scoppiare dall’Ue contro i nuovi insediamenti ebraici attorno a Gerusalemme est (a soli tre mesi dal ritiro da Gaza), la tensione tra Gerusalemme e Bruxelles sta tornando ad essere al calor bianco. Un documento interno del governo di Gerusalemme, di cui è entrato in possesso un giornalista di Haaretz, spiega le cause dell’ultimo incidente diplomatico: un atteggiamento quantomeno ambiguo della politica estera europea nei confronti di due gruppi ufficialmente riconosciuti come terroristi, cioè Hamas e Hizbollah. "Diversi governi dell’Unione Europea – recita il documento – hanno adottato una politica che prevede di entrare in contatto ufficialmente con i rappresentanti di Hamas e Hizbollah, o di non prendere misure serie contro il loro coinvolgimento in atti di terrorismo". Hamas, emanazione dei Fratelli Musulmani e protagonista assoluto degli attentati suicidi in Israele dai primi anni ’90 ad oggi, è stato incluso anche nella lista nera europea delle organizzazioni terroristiche.

Come mai, allora, gli stessi rappresentanti europei intendono riprendere i contatti? Nelle prossime elezioni palestinesi, che saranno monitorate da osservatori dell’Ue, sono previsti incontri anche con i candidati di Hamas. La commissaria agli esteri Benita Ferrero-Waldner difende questa scelta, sostenendo che si tratta di contatti meramente tecnici per discutere su questioni elettorali, per garantire la regolarità e la legalità delle prossime elezioni. "Nessun osservatore visiterà i quartieri generali della campagna elettorale di Hamas, ma gli osservatori potranno parlare con i candidati di Hamas che si recheranno in visita nei seggi elettorali" ha dichiarato un funzionario europeo. Certo, detto così sembra comprensibile l’atteggiamento europeo ed esagerato quello israeliano, però si capisce l’indignazione di Gerusalemme se solo si pensa che cosa è Hamas: un’organizzazione nata per distruggere Israele e imporre la sharia, tuttora in guerra e impegnata a pianificare nuovi attentati. Anche la settimana scorsa si sono registrati lanci di razzi Qassam contro le città meridionali di Israele effettuati dai Comitati di Resistenza Popolare, sigla che copre Hamas (appunto) e le Brigate Al Aqsa.

Secondo fonti di intelligence israeliane, c’è anche la possibilità che i prossimi razzi Qassam verranno dotati di testata chimica. E i vertici di Hamas non fanno nulla per nascondere i loro propositi bellicosi: "Ho comunicato ai fratelli che non sigleremo un’altra tregua e che il nostro popolo si sta preparando ad una nuova fase della guerra" ha dichiarato a Damasco Khaled Meshal, leader politico dell’organizzazione islamista. E questi sono i "politici" con cui gli osservatori europei dovranno dialogare per questioni tecniche ed elettorali? Si può accettare e legittimare internazionalmente la candidatura di islamisti militanti e in guerra? Il timore del Ministero degli esteri è che alcuni osservatori, come i membri del Parlamento europeo, possano fare uso del loro ruolo neutrale per aprire un dialogo politico con Hamas in via non ufficiale. Non è una paura infondata, considerando che Hamas è stata inclusa nella lista nera dell’Ue solo dopo anni in cui le diplomazie europee insistevano nel distinguere tra la sua "ala militare" e la sua "ala politica", anche nel periodo di maggior intensità terroristica di Hamas nel 2001 e nel 2002. E ricordando che politici come Lamberto Dini, dell’ex leader ideologico di Hamas diceva che: "Lo sceicco Yassin è solo un leader ideologico della causa palestinese, non un terrorista".

Per quanto riguarda Hizbollah, l’Ue è accusata di voler fare dei distinguo, come si faceva per Hamas. Alcuni paesi, infatti, distinguono ancora l’ala politica di Hizbollah, da quella militare. Lo scorso settembre, per esempio, la Francia si era rifiutata di inserire Hizbollah nella lista europea delle organizzazioni terroriste proprio per questo motivo. Non tutti i governi europei si atteggiano allo stesso modo. In questo caso, il ministro degli Esteri olandese, Bernard Bot, è favorevole ad una linea dura contro i gruppi islamisti del Medio Oriente. Ma lo stesso Bot sostiene che la Gran Bretagna non segue la stessa linea, preferendo la via del dialogo e del compromesso. Il governo britannico ha scelto questa strategia soprattutto dopo l’attentato subito il 7 luglio scorso, forse credendo che sia possibile ricondurre i terroristi alla politica, com’era stato fatto con l’Ira. Gerusalemme fa presente che i contatti con Hamas e con Hizbollah sono decisamente fuori legge, contrari al diritto internazionale: il sostegno diretto o indiretto di gruppi terroristici viola la Risoluzione 1373 del Consiglio di Sicurezza adottata subito dopo l’11 settembre.

Ma c’è da chiedersi: chi sta facendo rispettare il diritto internazionale? Solo il 9 dicembre scorso, l’organizzazione Eye On The UN, con ampia documentazione fotografica e video, ha mostrato i presidenti del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale, assieme al segretario generale Kofi Annan, che partecipavano, nella stessa sede delle Nazioni Unite, alla "Giornata di solidarietà con il popolo palestinese", una commemorazione che si è aperta con un minuto di silenzio per "coloro che hanno donato la loro vita per la causa del popolo palestinese" e in cui campeggiava una mappa del Medio Oriente… senza Israele.
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