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L'Opinione Rassegna Stampa
04.11.2005 Nessuno "scontro diplomatico" tra Italia e Iran
il regime degli ayatollah pretende solo il silenzio mentre prepara la distruzione dell'odiata "entità sionista"

Testata: L'Opinione
Data: 04 novembre 2005
Pagina: 1
Autore: Stefano Magni
Titolo: «In attesa dell’atomica Teheran ci chiede il silenzio»
L'OPINIONE di venerdì 4 novembre 2005 pubblica un articolo di Stefano Magni sulle minacce dell'Iran all'Italia per la manifestazione popolare di sostegno al diritto di Israele ad esistere.
Chiariti i termini della "crisi diplomatica" tra il nostro paese e il regime di Teheran, in realtà un'ingerenza intimidatoria, da parte di quest'ultimo, nella vita democratica italiana, Magni passa in rassegna le dichiarazioni nelle quali i vertici iraniani, fin dalla vittoria della rivoluzione khomeinista, hanno invocato la distruzione di Israele.
Un catalogo impressionante che delinea un'ideologia dell'odio che sarebbe un grave errore considerare semplice "retorica".

Ecco il testo:

Scontro diplomatico tra Italia e Iran? Uno scontro implica una simmetria di offese. Non sembrano i termini appropriati per definire quel che sta accadendo tra Teheran e Roma. A Teheran, nella mattinata di ieri, hanno protestato in 200, di fronte all’ambasciata italiana, non contro una mossa diplomatica italiana, ma perché a Roma, ieri sera, si è tenuta una manifestazione, organizzata da privati e ripetuta spontaneamente in altre città italiane (soprattutto a Milano e a Torino) in difesa di Israele. Quel che i manifestanti iraniani chiedevano era di non fare manifestazioni in Italia, in difesa di uno Stato riconosciuto ufficialmente anche dal governo italiano. E all’ambasciatore italiano a Teheran è stato chiesto formalmente, dal ministro degli esteri iraniano, di fornire spiegazioni sulla manifestazione in difesa di Israele.

Quel che l’Iran ci chiedeva ieri, insomma, era di reprimere una manifestazione popolare in difesa di Israele. Perché? Evidentemente perché il regime di mullah si ritiene in diritto di predicarne la distruzione e nessuno deve protestare. Le parole di Ahmadinejad, pronunciate lo scorso 25 ottobre, nel corso di una conferenza dal titolo eloquente ("Un mondo senza Sionismo") non lasciano scampo: "Avverto tutti i leader del mondo islamico di stare attenti: se qualcuno è sotto la pressione del potere egemonico (l’Occidente, ndr) e capisce che qualcosa è sbagliato, o è ingenuo o è un egoista e il suo egoismo lo porta a riconoscere il regime sionista". In parole povere, ha detto "Chi è con Israele, è contro di me". E in questi giorni ha esteso il discorso, dai leader islamici al resto del mondo, Italia compresa. Cosa resa ancor più esplicita dalla propaganda iraniana, secondo la quale chi ha partecipato alle manifestazioni di solidarietà con Israele, non può non essere un "sionista".

Sono minacce gravi, pronunciate da un regime che non vuole interferenze nella sua continua litania di odio contro "il regime sionista", contro quello che il padre della rivoluzione islamista in Iran, Khomeini, definiva come il "Piccolo Satana": l’avamposto degli Stati Uniti ("Grande Satana") nel Medio Oriente. In un modo del tutto incomprensibile per il pragmatismo europeo, il regime islamista iraniano fa della distruzione dello Stato di Israele uno dei propri fondamenti esistenziali. Come sottolineava il consigliere dell’ex presidente "moderato" Mohammed Khatami, Muhtashemi Pur: "Il fondamento del regime islamico è l’opposizione a Israele e il centro dell’attenzione dell’Iran è l’eliminazione di Israele dalla regione". E come ribadiva l’ambasciatore iraniano in Siria nel luglio del 2001: "La nostra esistenza implica la non-esistenza di Israele".

Lo "Stato sionista", per il regime dei mullah non solo è uno Stato nemico, ma un luogo in cui identificare il Male, incarnato da una civiltà laica, miscredente (in un recente sceneggiato iraniano i soldati israeliani sono chiamati "gli atei"), fondata sul denaro e sulla corruzione. E soprattutto viene identificato come il simbolo del colonialismo dell’Occidente materialista nella terra dell’Islam, come è evidenziato più volte nelle dichiarazioni ufficiali: "L’esistenza di Israele è una combinazione di imperialismo e invasione. L’unico modo per avere la pace e la stabilità nella regione è la distruzione del regime sionista e la nascita di un governo che si fondi sulla volontà del popolo della Nazione palestinese" si legge in un lancio dell’agenzia ISNA dell’8 giugno 2002. Così come, circa due anni prima, nel novembre del 2000 (quindi all’inizio della II Intifadah), il presidente "moderato" e "riformatore" Mohammed Khatami dichiarò: "Il regime sionista è un’entità indesiderabile nel Medio Oriente, i suoi leader sono imperialisti che adottano metodi di sterminio di massa e stanno cercando di imporre una pace artificiale con la forza.

Sono passati più di cento anni da quando è nata l’idea razzista di creare un regime sionista, dopodiché un regime violento e criminale è stato insediato in Palestina". Israele non viene quasi mai nominato nei discorsi e nei media iraniani. Si parla solo di "entità sionista" o "regime sionista", con parabole che lo paragonano, il più delle volte ad un tumore. "L’entità sionista è un cancro pericoloso nel corpo arabo e islamico" dichiarava Muhtashemi Pur, consigliere di Khatami, nel corso di una conferenza a sostegno dell’Intifadah nel gennaio del 2001. E pochi mesi dopo, un proclama lanciato da Radio Teheran in lingua araba, metteva in guardia tutto il mondo: "Mondo: smettila di parlare! ONU: basta mediare! Non dite niente e non condannate! Siete tutti criminali! Non parliamo con voi perché siete complici del crimine di aver creato un’entità cancerogena". Teheran non ha mai fatto mistero della sua volontà di "cancellare Israele dalla faccia della terra".

Anzi, la televisione iraniana una volta, quattro anni fa, invitò tutti i politici correligionari a perseguire questo obiettivo: "È auspicabile che i leader islamici prendano in considerazione le parole di Khomeini secondo cui Israele deve essere cancellato dalla mappa del Medio Oriente. Questo deve essere fatto prima che sia troppo tardi". Cosa che è stata ribadita da tutti i massimi vertici dell’Iran, in questi ultimi cinque anni, a partire dall’ayatollah Khamenei, il quale nel 2000 informò il mondo che "Il conto alla rovescia per il regime sionista è incominciato". E che fu ripetuta nel corso di tutte le parate militari annuali a Teheran, durante le quali sulle fiancate dei missili balistici Shihab-3 (missili in grado di colpire Israele) si legge: "Israele deve essere cancellato dai libri di storia".

Un chiaro riferimento al desiderio di distruggere Israele usando l’arma nucleare, come quando l’ex presidente Rafsanjani, in un discorso diventato tristemente famoso in Israele, dichiarò alla televisione di Stato che: "Se un giorno, un giorno molto importante, il mondo islamico si doterà delle stesse armi di cui oggi dispongono i Sionisti, la strategia imperialista subirà uno stallo, perché il lancio di una sola bomba atomica su Israele lo spazzerebbe via dalla faccia della terra, mentre una bomba atomica lanciata contro di noi danneggerebbe soltanto il mondo islamico. Non è irragionevole considerare questa possibilità". Solo in questi giorni l’opinione pubblica occidentale sta prendendo coscienza della volontà iraniana di distruggere Israele, un’intenzione ripetuta all’infinito dal regime di Teheran fin dal suo insediamento al potere nel 1979, sempre con gli stessi, ripetitivi, motti e slogan.

Molto probabilmente perché solo quest’anno, grazie alla trattativa sul programma nucleare iraniano, i diplomatici europei hanno potuto vedere e udire personalmente gli slogan nella parata militare annuale di Teheran. I media hanno potuto riprendere e rimbalzare in tempo reale in tutto il mondo le ultime dichiarazioni di Ahmadinejad alla conferenza "Un mondo senza Sionismo", in cui il nuovo presidente ripeteva fedelmente quel che ayatollah e presidenti iraniani di tutte le tendenze ripetono da più di un ventennio: "Ben presto questa fonte di disgrazie (Israele, ndr) sarà purgata dal corpo del mondo islamico". O forse l’opinione pubblica occidentale inizia a realizzare che, con l’avvicinarsi del momento in cui il regime di Teheran avrà l’atomica, queste minacce possono ben presto tradursi in realtà. Si può capire, allora, perché Teheran vuole che noi continuiamo a dormire.
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