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Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.01.2024 Olena Zelenska: non lasciateci soli o Mosca dilagherà
Intervista di Marta Serafini

Testata: Corriere della Sera
Data: 18 gennaio 2024
Pagina: 13
Autore: Marta Serafini
Titolo: «Olena Zelenska: «L’invasione di Putin in Ucraina è radioattiva»»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/01/2024, a pag. 13, con il titolo "Olena Zelenska: l’invasione di Putin in Ucraina è radioattiva" l'intervista di Marta Serafini a Olena Zelenska.

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Marta Serafini

Olena Zelenska, la first lady ucraina,
Olena Zelenska, la first lady ucraina,

Mentre il marito è di ritorno da Davos dove ha incontrato miliardari, leader, e diplomatici, Olena Zelenska, la first lady ucraina, la first lady di guerra, continua il lavoro a Kiev, nel mirino dei missili di una super potenza nucleare. Agenda fitta, impegni filantropici, spesso accanto al presidente nelle visite di Stato, si è ritagliata un compito ben preciso: essere il volto umano della Bankova . E in questi due anni, tra interviste – la prima su Vogue, discussa perché considerata dai detrattori troppo glamour – impegni pubblici, commemorazioni, non si è risparmiata e ha migliorato le sue capacità comunicative. Calma, pacata, sobria, non troppo giovane e nemmeno troppo agé, Olena potrebbe un giorno trovarsi sul prato della Casa Bianca a stringere la mano a Melania Trump, donna molto diversa da lei. Ma soprattutto, mentre i repubblicani bloccano gli aiuti al Congresso, il suo profilo potrebbe diventare una delle chiavi di volta della sopravvivenza di un governo, quello di suo marito, che naviga in acque tempestose. «Non voglio che Volodymyr si ricandidi» aveva detto all’Economist in maggio, parole diffuse dal settimanale britannico in un podcast pubblicato poi novembre, dopo che Zelensky aveva annunciato che l’Ucraina non andrà al voto per le presidenziali. Ma in questa intervista, realizzata via mail tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, chiede privacy per i suoi figli e per il suo rapporto con il marito. E chiede che l’interesse del pubblico si concentri maggiormente sulle esigenze degli ucraini, popolo che sta per entrare nel terzo anno di guerra e di cui il mondo si occupa sicuramente meno rispetto ai primi mesi dell’invasione russa. desc img Olena Zelenska con il marito, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Afp) Non solo gli aiuti statunitensi all’Ucraina. Anche quelli europei sono bloccati, vincolati dal veto ungherese. Perché è vitale che la situazione cambi? «Rispondo con una metafora. Dopo l’esplosione della centrale di Chernobyl, la comunità internazionale ha stanziato più di un miliardo e mezzo di euro per mettere al sicuro gli impianti. Era chiaro a tutti che nonostante Chernobyl si trovasse su territorio ucraino, le radiazioni avrebbero raggiunto tutti in Europa. Ecco dopo due anni, mi pare sia chiaro: l’invasione russa è come le radiazioni e si diffonderà ben oltre l’Ucraina se non viene contenuta adesso. Proprio come il mondo civilizzato e democratico si ispira al coraggio degli ucraini, le dittature di tutto il mondo si ispirano all’esempio della Russia. Quindi smettere di aiutare l’Ucraina significa accettare la sconfitta della democrazia. Ci piacerà un mondo governato da dittatori? Ne dubito. Se ora l’Ucraina riesce a contenere con successo l’esercito di uno dei più potenti dittatori del mondo, il mondo ha la possibilità di mettere fine a questo. Ma possiamo farlo solo insieme. Solo così tutti gli aggressori e dittatori del pianeta vedranno che la guerra non serve a raggiungere i loro obiettivi. Perché il mondo libero è ancora più forte». Crede che il mondo si sia stancato delle sofferenze ucraine? E crede sia per questa ragione che è più difficile per il governo di Kiev ricevere supporto? «Alla vigilia di Capodanno, mentre il mondo intero festeggiava, la Russia ha condotto massicci bombardamenti sull’Ucraina. Hanno tirato in contemporanea contro tutte le città e con tutti i tipi di armi. Di solito lo fanno di notte per demoralizzare i civili. Invece di fare brindisi e auguri, contavamo i morti: 10, 15, 30… A Kiev, i soccorritori hanno ripulito le macerie il giorno di Capodanno. A Kherson, i bombardamenti russi hanno ucciso un ragazzo di 11 anni. Il suo nome era Hlib e la sua famiglia dice che sarebbe potuto diventare un pianista eccezionale perché aveva imparato a suonare il piano e gli piaceva molto... Così è iniziato il nuovo anno a Kherson. Immagina i sentimenti con cui gli ucraini si addormentano e si svegliano ogni giorno da due anni. Immaginati di vivere così: la maggior parte della nostra gente soffre di disturbo da stress post-traumatico». desc img Con la first lady statunitense Jill Biden (Afp) Lei si è spesa più volte per sottolineare quanto sia grave la sindrome da stress post traumatico sia per militari che per i civili…Cosa è stato fatto per porvi rimedio? «Stiamo accelerando la formazione di tutti – medici di famiglia, volontari, impiegati di banca e addetti ai trasporti – sui fondamenti dell’assistenza psicologica. Promuoviamo l’auto-aiuto tra la popolazione. Perché in ogni momento ogni persona può diventare testimone e partecipe di qualcosa di grave. L’obiettivo è far sì che questo dolore non spezzi le persone, vogliamo che lo sopportino.E’ una lotta che va condotta, esattamente come si lotta per la propria salute fisica, anche quella mentale è importante. E ancora una volta voglio sottolineare che la salute mentale, come le guerre, non ha confini. Il mondo è globale. Per questo lo scorso settembre ho dedicato interamente il Summit delle First Ladies and Gentlemen al tema della salute mentale. Abbiamo condotto un sondaggio in 11 Paesi. E abbiamo scoperto che fino al 40% delle persone nell’UE e negli Stati Uniti soffrono gli effetti della guerra sotto forma di stress e ansia. Cioè, anche se la guerra non è nel tuo Paese, ciò non significa che non ti avvelenerà. Questo è un altro motivo per cui è importante prevenire le aggressioni dei dittatori nel mondo». Nel settembre 2022 ha presentato la sua fondazione. Di che progetto si tratta? «Parto dal giorno in cui la fondazione ha consegnato le chiavi della nuova casa costruita per una famiglia affidataria numerosa. Si tratta di famiglie che adottano fino a 10 bambini e li allevano come propri. Quando è iniziata l’invasione russa, i genitori, Zhanna e Oleksandr, e i loro 8 figli si sono ritrovati nei territori occupati. Hanno vissuto nel seminterrato di una fabbrica locale per 2 mesi, nascondendosi dai bombardamenti, e sono miracolosamente fuggiti dall’occupazione. Tuttavia, hanno perso tutto ciò che avevano. Casa, lavoro, tutto. Trovare casa è difficile per ogni sfollato, ma è ancora più difficile per chi ha 8 figli adottivi. Zhanna e Oleksandr sono la seconda famiglia a cui abbiamo regalato una casa del genere. Avreste dovuto vedere la felicità nei loro occhi, negli occhi dei loro figli. In Ucraina ci sono più di 80 famiglie affidatarie di questo tipo che hanno perso la loro abitazione. E così costruiamo per loro appartamenti grandi, già arredati. E anche con un rifugio antiaereo. Vogliamo sostenere le famiglie affinché, qualunque cosa accada, tutti i bambini abbiano una famiglia e un luogo dove siano amati e in sicurezza. Vogliamo promuovere forme di educazione familiare e incoraggiare ancora più persone a diventare genitori adottivi. Questo è uno dei progetti principali della fondazione in questo momento. Se riassumiamo le nostre attività, possiamo dire che ci impegniamo ad aiutare gli ucraini non solo a sopravvivere, ma a vivere una vita dignitosa. Con speranza. Con opportunità. Con prospettive. Solo quando le persone si sentono supportate oggi credono nel domani. Questa è resilienza. Ecco perché abbiamo scelto di dare priorità al sostegno dell’istruzione e della sanità per la Fondazione. Dopotutto, si tratta di bisogni fondamentali e vitali che nessun aggressore ha il diritto di portargli via. Oggi, solo un terzo dei nostri bambini può studiare a tempo pieno a causa dei bombardamenti russi, quindi stiamo allestendo rifugi nelle scuole in modo che più bambini abbiano diritto a un’istruzione completa e di qualità – come tutti i bambini nel mondo. Certo, è assolutamente atroce che migliaia di bambini nel centro dell’Europa si siedano negli scantinati per continuare gli studi, ma noi ci sforziamo di dare loro almeno questa opportunità. Quindi ora stiamo attrezzando rifugi antiaerei per scuole e asili. Questa è un’opportunità per tornare all’istruzione a tutti gli effetti. I nostri figli vogliono studiare e hanno diritto all’istruzione, proprio come tutti i bambini del mondo. Vogliamo che abbiano una prospettiva e un futuro e ci impegniamo a darglielo. Laddove ora è possibile solo l’istruzione online, c’è bisogno di supporti tecnologici. Ecco perché, dall’inizio dell’invasione, abbiamo distribuito più di 50mila device– laptop e tablet – a insegnanti e alunni. E stiamo supervisionando il restauro di diversi ospedali nei territori liberati. I russi riportarono le città all’età della pietra. Laddove c’erano ospedali moderni con apparecchiature all’avanguardia e sale operatorie, ora ci sono muri bruciati. Stiamo ricostruendo. Vorrei sottolineare che tutto ciò che fa la Fondazione è a spese dei mecenati stranieri. Siamo diventati un ponte tra loro e gli ucraini per aprire la strada a un’assistenza quanto più rapida possibile. E questo «club di aiuto» comprende già persone provenienti da 25 Paesi che si prendono cura di loro. Non mi stanco mai di ripetere quanto sia loro grata. Perché dietro ogni donazione c’è un destino umano. L’opportunità di qualcuno di essere curato. Andare a scuola. Sognare. Grazie e sono sempre disponibile alla collaborazione. Ancora una volta, non si tratta solo di ricostruire l’Ucraina, ma di preservare l’umanità nel mondo così com’è». desc img Con il marito prima della guerra Quale messaggio manda alle donne che aspettano i loro mariti dal fronte e alcune delle quali stanno perdendo la speranza? «Mi permetto una correzione: ci sono anche uomini che aspettano che le loro mogli tornino a casa dal fronte. Ci sono più di 60.000 donne nell’esercito e il loro numero è quasi triplicato negli ultimi anni. Tutte volontarie. Penso che la speranza non ci manchi. È ciò che ci fa andare avanti ogni giorni in cui ci alziamo e speriamo di essere vivi alla sera. È il nostro carburante, la base della nostra resilienza. Senza speranza non esisteremmo più. Facciamo molto affidamento sull’aiuto e sulla comprensione dei nostri partner in tutto il mondo. La nostra speranza dipende anche da voi. E a voi chiediamo di non distruggerla».

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