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Corriere della Sera Rassegna Stampa
12.03.2022 'L'Ucraina è oggi la frontiera della libertà'
Stefano Montefiori, Marco Imarisio intervistano Daniel Cohn Bendit, Andrei Zorin

Testata: Corriere della Sera
Data: 12 marzo 2022
Pagina: 19
Autore: Stefano Montefiori - Marco Imarisio
Titolo: «'Kiev come Aleppo, per questo ci vergogneremo. Il suo futuro nella Ue' - 'Putin prigioniero della mitologia popolare che ha inventato'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/03/2022, a pag.19, con il titolo 'Kiev come Aleppo, per questo ci vergogneremo. Il suo futuro nella Ue' l'intervista di Stefano Montefiori; a pag. 18, con il titolo 'Putin prigioniero della mitologia popolare che ha inventato', l'intervista di Marco Imarisio.

Ecco gli articoli:

Stefano Montefiori: 'Kiev come Aleppo, per questo ci vergogneremo. Il suo futuro nella Ue'

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Stefano Montefiori

Nessuno in Europa vuole morire per i Kiev, certo, ma dobbiamo chiederci che cosa fare per non morire di vergogna», dice Daniel Cohn Bendit. Settantasei anni dei quali quasi venti passati al Parlamento di Strasburgo, doppio passaporto francese e tedesco e anima europea, Cohn-Bendit ha scritto su Le Monde un appello per l'adesione dell'Ucraina alla Ue il primo giorno dell'invasione russa, il 24 febbraio.

Perché è importante sostenere l'ingresso dell'Ucraina proprio mentre la guerra sta diventando ancora più devastante? «E importante ora più che mai perché l'invasione russa è in stallo e per andare avanti Putin sta scegliendo l'opzione Grozny, o Aleppo: bombardamenti indiscriminati sui civili, intere città rase al suolo. Questo è quel che aspetta gli ucraini, e anche la nostra vita ne verrà sconvolta».

In che modo? «Assistiamo a scene spaventose, mentre accadono. Facciamo tranquillamente colazione, o pranziamo al sole di primavera, e intanto l'esercito russo si comporta come la Wehrmacht quando nel 1943 entrò nel ghetto di Varsavia. Solo che adesso vediamo subito le immagini di queste atrocità, più o meno in diretta. È moralmente difficile restare a guardare».

A parte l'intervento militare diretto, i Paesi europei hanno comunque reagito con forza, con sanzioni economiche senza precedenti. «E vero, ma la prospettiva dell'adesione è fondamentale, è quel che chiedono gli ucraini, e noi dobbiamo almeno accelerare».

Quali tempi? «Se acceleriamo i negoziati ci vogliono comunque tre o quattro anni, non meno. Quindi non faremmo entrare subito un Paese in guerra, ma daremmo almeno una prospettiva storica, una garanzia di aiuto. Il riconoscimento della candidatura dell'Ucraina, e anche di Moldavia e Georgia, è importante per loro e anche per noi. Nei Trattati è previsto un dovere di assistenza verso un Paese membro sotto attacco. Questa è la strada da percorrere, perché assistiamo oggi al fallimento della dottrina Merkel Sarkozy».

Che cosa intende per «dottrina Merkel-Sarkozy»? «L'idea di evitare ogni situazione che possa infastidire i russi. Tutta la teoria di Putin sulla aggressività della Nato è una menzogna. L'angoscia di Putin non e provocata dalla Nato, ma dal fatto che i popoli vogliono la libertà. Perché appena un popolo riesce a liberarsi, la mossa successiva è cercare protezione rispetto all'impero russo. Ecco perché sostiene fino alla morte Lukashenko in Bielorussia, o fa sparare sugli insorti in Kazakistan. Chi vuole la libertà cerca protezione da Mosca, e questo è il più grave ostacolo al sogno putiniano di una Grande Russia».

La rivoluzione ucraina del 2014 scoppiò per la domanda di associazione alla Ue. «E i fatti hanno dimostrato che avevano ragione, come avevano ragione i georgiani nel 2008. Se li avessimo accolti nel nostro sistema di protezione tutto questo non sarebbe mai successo. Non credo che Putin attaccherà i Paesi baltici, perché fanno parte della Ue e anche della Nato, e sa che risponderemmo militarmente e sarebbe finita per tutti».

Che cosa si aspetta ora? «Sono d'accordo con quello che ha scritto Jonathan Littell anche sul vostro giornale, il potere di Putin è cominciato con la guerra e finirà con la guerra. Ma noi europei dobbiamo cogliere questa tragica occasione e approfondire l'integrazione».

Pensa che l'Unione Europea ne uscirà più forte? «Sì, se riusciremo a fare stavolta quello che abbiamo fallito in occasione dell'allargamento a Est. Oggi il momentum gioca a favore dell'Europa, ma che sia capace, potente e anche democratica mente in grado di decidere».

Servono riforme democratiche nella Ue? «Adesso passerebbero cose che finora erano impossibili. Un nuovo Trattato costituzionale, per esempio. Credo che i cittadini oggi sarebbero favorevoli. Tutto avanza molto rapidamente».

Marco Imarisio: 'Putin prigioniero della mitologia popolare che ha inventato'

Immagine correlata
Marco Imarisio

“Vladimir Putin è ormai prigioniero della mitologia mitologia popolare che lui stesso ha creato». Non è un giorno qualunque, per Andrei Zorin, docente all'università di Oxford, autore di numerosi libri sulla storia del suo Paese, tra i quali una importante biografia di Tolstoj e un saggio intitolato «La periferia d'Europa», nel quale spiega come la Russia abbia alterato la percezione di quelle terre, come l'ucraina, che la separano dal nostro continente. La chiacchierata su Skype si interrompe quando Zorin riceve la telefonata che tanto attendeva. Sua moglie e suo figlio sono appena arrivati da Mosca con uno degli ultimi voli disponibili. «Questa volta è un viaggio di sola andata. Dispiace lasciare la propria patria. Ma non ci sono più le condizioni per rimanere».

Professore, a quale mitologia si riferisce? «Con grande sorpresa di tutti noi, negli ultimi anni Putin si è trasformato in uno storico amatoriale, cominciando a scrivere saggi sul passato della Russia. Molti l'hanno considerata una bizzarria, invece era un modo per creare consenso e giustificare una guerra immotivata come questa».

Quali sono i punti più importanti della storia russa secondo Putin? «Sono tre. Primo: noi amiamo voi occidentali, ma siete voi che ci odiate. Quindi, abbiamo diritto a difenderci. Un principio diffuso a piene mani attraverso la televisione, e alle giovani generazioni con libri di scuola riveduti e corretti alla luce di questo assunto».

Secondo? «Trasformare le sconfitte in vittoria, o in una promessa di futura vittoria. La nostra narrazione storica è definita dalla miracolosa trasformazione delle umiliazioni in trionfi assoluti. Contro la Polonia nel diciassettesimo secolo, contro Napoleone, contro i nazisti. Lui ha scelto di cristallizzare questa visione, di farla diventare permanente, creando una eterna aspettativa di rivincita».

Quale sconfitta starebbe vendicando con l'invasione dell'Ucraina? «Lo ha detto lui stesso. In questo senso, se non altro è coerente con la sua visione distorta. La vendetta è doppia. Per la dissoluzione dell'Urss che lui giudica una tragedia, non una liberazione ma una umiliazione, e per la mancata conclusione della guerra del 2014, non portata a termine per colpa dell'Occidente».

E in tutto questo l'Ucraina? «È il terzo punto, forse il più importante. Putin considera l'Ucraina come il simbolo dello smembramento della "famiglia" dell'Urss. Quando dice che russi e ucraini sono lo stesso popolo, come ha detto per la prima volta in un saggio pubblicato la scorsa estate, torna indietro nel tempo».

Fino a dove? «A prima della rivoluzione del 1917, quando con il termine russo si intendeva il nostro popolo, gli ucraini e i bielorussi. Eravamo semplicemente Velikorosy, Malorosy e Belorusy, che significa grandi russi, piccoli russi e russi bianchi. Già in questa distinzione appare chiaro il ruolo da "fratello maggiore" assegnato a noi. Putin non può tollerare che gli ucraini si riferiscano ai russi come Moskal. Per lui, questa guerra è una riunione di famiglia».

Sono tesi che hanno qualche fondamento? «Sono teorie bizzarre, che potrebbero essere frutto del suo isolamento anche fisico degli ultimi due anni. La storia non si fa scegliendo dalla ciotola solo le ciliegie che ci piacciono di più. La storia è una successione di eventi continua e inscindibile. Non si può ignorare come un popolo, in questo caso quello ucraino, consideri sé stesso. Non si può ignorare la volontà "occidentale" emersa in piazza Maidan. Altrimenti, è solo propaganda distorta».

In questa visione, quale ruolo si assegna Putin? «Il culto della vittoria finale trasformato in una specie di religione statale prevede la mitologia del leader, che ha senso solo in tempi difficili. La "sua" Storia è propedeutica al mantenimento del potere e di una presa forte sul popolo russo. Se vuoi essere una persona decente, è questo il messaggio imposto a forza, non puoi che stare dalla parte giusta. Quella di Putin».

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