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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.03.2022 Putin a processo: è una possibilità realistica?
Commento di Michele Farina, Giuseppe Sarcina intervista Charles Kupchan

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 marzo 2022
Pagina: 13
Autore: Michele Farina - Giuseppe Sarcina
Titolo: «Putin può essere processato? - 'Ma lo scopo di Mosca resta un governo fantoccio a Kiev'»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/03/2022, a pag. 13, il commento di Michele Farina dal titolo 'Putin può essere processato?'; a pag. 9, con il titolo 'Ma lo scopo di Mosca resta un governo fantoccio a Kiev', l'intervista di Giuseppe Sarcina.

Ecco gli articoli:

Michele Farina: "Putin può essere processato?"


Volodymyr Zelensky

Putin come Milosevic? Generali russi un giorno sul banco degli imputati, alla stregua di Charles Taylor o dei signori della guerra congolesi? L'ex presidente serbo, ricercato dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia creato dall'Onu, fu arrestato dalla polizia del suo Paese e spedito all'Ala nel 2001, sei anni dopo il massacro di Srebrenica. L'ex leader della Liberia fu condannato dalla Corte speciale per la Sierra Leone nel 2012, a un decennio dalla sua caduta. La giustizia non si muove al passo della cronaca e (ammesso che arrivi a destinazione) è molto più lenta dei massacri che è chiamata a giudicare. O dei proclami dei politici: ieri la vice presidente Usa Kamala Harris ha detto che «dovrebbe assolutamente esserci un'indagine sui crimini di guerra» attribuiti ai russi in Ucraina. Nelle stesse ore il governo britannico ha messo in guardia anche i militari dell'esercito invasore: «Tutti saranno chiamati a rispondere dei crimini di guerra commessi, a ogni grado della catena di comando». Parole forti, orizzonte incerto. Le mamme e gli infermieri dell'ospedale di Mariupol saranno mai chiamate a testimoniare in un'aula di tribunale? E per quali reati, davanti a quali giudici? Reati I crimini di guerra sono quelli messi nero su bianco dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, e più recentemente dallo Statuto di Roma, che fu approvato presso la sede della Fao (nella capitale italiana) nel 1998, e che nel 2002 portò all'inaugurazione della Corte Penale Internazionale, dopo la ratifica di 6o Stati firmatari. Sono considerati war crimes gli attacchi deliberati sui civili, gli attacchi che causano un numero di vittime civili sproporzionato rispetto all'obbiettivo militare, gli attacchi a ospedali, scuole, monumenti storici. Il diritto internazionale proibisce anche l'uso di armi chimiche, mentre l'uso delle devastanti bombe termobariche (che Mosca ha ammesso di impiegare in Ucraina) potrebbe costituire reato soltanto se fosse provato che non si sono adottate misure per evitare vittime civili. Per le atrocità commesse in Bosnia negli anni Novanta, Milosevic fu messo sotto accusa per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Questi ultimi comprendono un ombrello vasto di «atti» criminali (dallo sterminio alla tortura, dagli stupri alle deportazioni). Ma tali atti, prevede lo Statuto di Roma, devono essere «estesi» e «sistematici», condizioni che non sono sempre facile da provare. Il procuratore generale della Corte penale internazionale, Karim Khan, già il 28 febbraio aveva annunciato l'apertura di un'indagine ritenendo fondati i sospetti su crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Ucraina. Diversamente dal 2014 (quando nessun Paese aveva chiesto un'iniziativa simile per fatti legati all'annessione russa della Crimea), questa volta una quarantina di nazioni (Italia compresa) ha sollecitato l'intervento della Cpi. Anche l'Unione Europea ha deciso di collaborare alla raccolta di prove, attraverso l'Unità di cooperazione giudiziaria nota come Eurojust. «Ciò che Putin e Lukashenko stanno facendo in Ucraina è un crimine di guerra», conferma la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, sollecitando un processo «quando sarà il momento». Certo la Cpi non brilla per dinamicità: 900 persone da 200 Paesi nello staff, sede all'Aia (Olanda), bilancio di 150 milioni di euro, sei lingue ufficiali (tra cui il russo), 30 casi trattati, 35 mandati d'arresto, lo condanne (la prima nel 2012, ai danni di un capo milizia congolese) e 4 assoluzioni. Paesi a sostenere la Cpi sono 124 (sui 193 rappresentati all'Onu). Non si tratta di un tribunale delle Nazioni Unite, anche se il Consiglio di Sicurezza può chiedere di attivarsi su casi specifici. Ma tre dei cinque membri permanenti (con diritto di veto) non hanno ratificato lo Statuto di Roma. Oltre a Cina e Russia, anche gli Usa. Addirittura nel 2020 Trump firmò un decreto per imporre sanzioni economiche ai funzionari della Cpi, dopo l'annuncio di un'inchiesta dell'Aia su possibili crimini contro l'umanità commessi in Afghanistan a partire dal 2003. Quando Kamala Harris chiede un'indagine sui crimini di guerra dopo l'attacco russo all'ospedale di Mariupol, evidentemente non può pensare a una Corte in cui Washington non si riconosce. Nel recente passato, l'Onu ha creato tribunali ad hoc (da quello per l'ex Jugoslavia a quello per il Ruanda). Un tribunale speciale anche per l'Ucraina? Impensabile per Putin e i suoi generali, fino a che lo zar dormirà sonni tranquilli al Cremlino. Ma il tempo non gioca per forza a loro favore. Nel 1995 Milosevic mai avrebbe pensato che da lì a sei anni, dopo una sconfitta elettorale, il premier serbo Zoran Dindic lo avrebbe spedito all'Aia.

Giuseppe Sarcina: 'Ma lo scopo di Mosca resta un governo fantoccio a Kiev'

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Giuseppe Sarcina

Cina-Usa, l'Italia è nel mezzo di una Guerra Fredda. Parla Charles Kupchan  - Formiche.net
Charles Kupchan

Il negoziato, «non sembra avere prospettive». I russi «non stanno trattando in buona fede». Vladimir Putin «proverà ancora a raggiungere il suo obiettivo: un governo fantoccio a Kiev». Charles Kupchan, 63 anni, già consigliere di Barack Obama e docente di relazioni internazionali alla Georgetown University di Washington, non è sorpreso dal sostanziale fallimento del summit russoucraino in Turchia.

Quali sono allora gli scenari? «Ne vedo due. Parto da quello che mi sembra il meno plausibile. Putin prende atto che le operazioni militari non sono andate come immaginava. Concentra lo sforzo nella zona est dell'Ucraina, in una fascia lungo il confine con la Russia, fino al Donbass. Da lì si spinge fino alle città sul Mar Nero, Mykolaiv e poi Odessa. A quel punto il leader russo si ferma: annuncia di aver raggiunto i suoi obiettivi; si annette o dichiara indipendente il territorio conquistato; si rende disponibile per un cessate il fuoco e un negoziato finale».

Perché è una prospettiva poco probabile? «Perché il vero scopo di Putin è un altro: entrare a Kiev, cacciare o catturare Zelensky, installare un governo fantoccio al servizio di Mosca. E penso che, nonostante le difficolta incontrate sul terreno, non vi abbia ancora rinunciato. La sua armata è ín stallo nel Nord nel Paese. Ma nel Sud può avanzare fino Dnipro, tagliando fuori l'esercito ucraino che combatte nella zona est, a Kharkiv. Da Dnipro i russi possono arrivare alla capitale. In ogni caso sono solo delle ipotesi: è ancora troppo presto».

Però lei scarta la possibilità dl un vero negoziato.. «Sì, perché anche prima del conflitto Putin non ha colto neanche una delle diverse proposte di mediazione arrivate da più parti. E anche adesso ho l'impressione che i russi non vogliano trattare in buona fede. Le intese minime raggiunte finora, come l'apertura di corridoi umanitari, non hanno retto alla prova dei fatti. Per come si sono messe le cose, mi sembra improbabile che la diplomazia possa mettere fine alla guerra».

Gli americani possono fare di più In questa fase? «La strategia di Biden mi sembra solida. Ha trovato un buon equilibrio tra la necessità di rispondere duramente all'aggressione di Putin, senza, però, alimentare l'escalation. Gli Usa fanno bene a respingere la proposta polacca di inviare i Mig29 all'Ucraina, così come è saggio evitare di istituire una "no-fly zone"».

D'accordo, ma la guerra non si ferma... «La palla è nel campo di Putin. Tocca a lui la prossima mossa. A meno che non arrivi qualche sorpresa dalla Cina, che appare sempre più a disagio. Oppure dallo stesso Zelensky. Vediamo se il presidente ucraino ha in serbo qualche nuova proposta».

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