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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.07.2010 Obama insiste per l'ingresso della Turchia in Europa
il Corriere della Sera lo appoggia. Ma la decisione non spetta a loro

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 luglio 2010
Pagina: 19
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «La Turchia conferma: L’obiettivo è l’Europa»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/07/2010, a pag. 19, l'articolo di Antonio Ferrari dal titolo " La Turchia conferma: L’obiettivo è l’Europa ".

Per quanto riguarda la Turchia e le sue reali ambizioni, l'opinione di IC è espressa nell'articolo di R. A. Segre pubblicato dal GIORNALE di ieri (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=253&sez=120&id=35501 ).
A Barack Obama, così entusiasta della Turchia, chiediamo come mai, invece di insistere per il suo ingresso in Europa, non proponga che venga inserita negli Stati Uniti...
Ecco l'articolo:


Barack Obama con Recep Erdogan

Nell’intervista al Corriere della Sera, raccolta dal nostro corrispondente a Washington Paolo Valentino, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, parlando del percorso della Turchia verso l'Unione europea, dice tre cose: una nota, le altre due no. Si sa, lo sanno tutti, che gli Stati Uniti sostengono da sempre le aspirazioni di Ankara, che vuole un posto nella Ue. Preoccupante e «inedito» è invece il timore, manifestato chiaramente da Obama, che si possa «perdere la Turchia » , in quanto (ed è questo il passaggio più importante del pensiero del presidente) la riluttanza dell'Europa a integrarla a pieno titolo nelle sue istituzioni potrebbe spingere il popolo turco a guardare in altre direzioni. In sostanza a imboccare quel percorso che molti ritengono un approccio neo-ottomano. Con una politica estera che guarda soprattutto ai Paesi musulmani del Medio Oriente, e che si coniuga con il raffreddamento, al limite della rottura, delle relazioni con Israele, dopo l'attacco alla flottiglia pacifista in acque internazionali, al largo di Gaza, costato la vita a nove cittadini turchi.

Da una parte Obama, come tutti i suoi predecessori, conferma la straordinaria «importanza strategica» della Turchia, crocevia tra Oriente e Occidente, alleato della Nato, e bastione di una salutare espansione economica. Dall'altra, il tentativo di mediazione per un'intesa sul nucleare con l'Iran non può che destare preoccupazione, anche se in realtà era stato lo stesso presidente degli Usa a incoraggiare, tempo fa, gli sforzi di Ankara. Certo, come dice Obama, un ruolo lo gioca anche il modo con cui il popolo turco percepisce l'Europa. Che vuol dire: se non li volete, è ovvio che cerchino soluzioni e alleanze altrove.

Perdere la Turchia sarebbe un errore fatale. Di questo, pienamente d'accordo con gli Usa, sono consapevoli i più avveduti Paesi europei, a cominciare dal nostro. L'Italia, almeno sul problema Ankara-Ue, è sempre stata propositiva e compatta, sia con i governi di centrodestra che di centrosinistra. Un atteggiamento che Ankara apprezza con molto calore, e spera si diffonda in tutta la Ue perché, come ha detto in un'intervista al Financial Times il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, «il nostro obiettivo strategico è l'Unione europea. Pensare che si cerchino strade che ci allontanino dall'Occidente non ha senso».

Che la precisazione venga da Davutoglu è doppiamente interessante. Perché il capo della diplomazia turca è ritenuto sensibile alle sirene orientali, e appunto a quel neo-ottomanesimo che guarda a Damasco, Beirut, Cairo, Bagdad e Teheran più che a Bruxelles. La posizione di Davutoglu pareva contrapposta a quella del ministro per gli affari europei e caponegoziatore con la Ue Egemen Bagis. Ora, che tra i due vi siano ampie divergenze, espresse spesso in privato, è arcinoto. Ma lo stesso Bagis, intervenendo nei giorni scorsi ad un convegno promosso ad Istanbul dall'Unione di amicizia Italia-Turchia, nel quadro della terza edizione del Media & Economic Forum, ad una nostra domanda ha escluso conflitti con Davutoglu. Limitandosi a precisare che la linea è una sola, «ed è quella indicata dal primo ministro Erdogan». Che significa: ciascuno di noi ha tutta la libertà che crede, ma ci sono paletti che soltanto il premier può fissare. Insomma, un atto di fede nella visione complessiva del capo del governo.

In realtà le precisazioni non sorprendono. Il raffreddamento dei turchi verso la Ue, come sostengono tutti i sondaggi, non è dovuto ad Ankara ma proprio all'atteggiamento di molti Paesi europei e all'operazione, in realtà assai scorretta, di alzare continuamente l'asticella delle condizioni durante il percorso. Rendendolo ancor più accidentato. Quasi proibitivo.

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