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Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.03.2010 I fan del multiculturalismo sono ostili alla legge anti burqa in Francia
I sostenitori dei valori occidentali, invece, no. Cronaca di Massimo Nava

Testata: Corriere della Sera
Data: 31 marzo 2010
Pagina: 28
Autore: Massimo Nava
Titolo: «Vietare il burqa è incostituzionale»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 31/03/2010, a pag. 28, l'articolo di Massimo Nava dal titolo " 'Vietare il burqa è incostituzionale' ".

Nava scrive che la legge sul burqa " è anche un problema di compatibilità con la cornice costituzionale del Paese, che si vanta di essere la patria dei diritti universali ". Non c'è incompatibilià fra la definizione di Francia patria dei diritti universali e una legge che proibisca il burqa nei luoghi pubblici.
Proibire il burqa significa dare un segnale netto contro il fondamentalismo islamico e contro la discriminazione della donna. Cioè la difesa dei diritti umani e civili.

(nell'immagine in alto a destra, da sinistra a destra: "E se fosse un islamista?", " E allora? Chi siamo noi per giudicare? ", " E' arrogante ritenere che la nostra cultura sia superiore, no? ", " Ed è bigotto criticare la sua religione, vero? ", " Non fissarlo, ragazzo. Potresti offenderlo ". Multiculturalismo, la vera bomba suicida)

Ecco l'articolo:

PARIGI — Lo portano poche migliaia di donne (meno di duemila, secondo il ministero degli Interni), ma il burqa è sempre più affare nazionale in Francia. È una priorità nel dibattito politico, come ha imposto il presidente Nicolas Sarkozy dopo la sconfitta elettorale e la crescita del fronte xenofobo di Jean Marie Le Pen. Ma è anche un problema di compatibilità con la cornice costituzionale del Paese, che si vanta di essere la patria dei diritti universali.

Proprio ieri il Consiglio di Stato si è espresso sulla costituzionalità del progetto di legge che oltre 200 deputati (non solo della maggioranza, ma anche della sinistra) hanno sottoscritto e che si appresta ad avere una corsia preferenziale all’Assemblea. I saggi del Consiglio di Stato suggeriscono la prudenza rispetto a un divieto totale che potrebbe innescare dubbi d’incostituzionalità e quindi la spirale infinita dei ricorsi e delle polemiche ogni volta che il burqa dovesse essere sanzionato. Il Consiglio propone invece misure che introducano un divieto «il più ampio e il più effettivo possibile», senza però contravvenire ai principi generali del diritto individuale e della libertà di coscienza. Si tratterebbe di rafforzare (e adattare) tutte le normative già esistenti sulla sicurezza e organizzazione dei servizi pubblici. Ad esempio, è già vietato accedere a viso coperto nei luoghi pubblici, impedire l’accertamento della propria identità e della propria età, usufruire di servizi (scuole, prestazioni sanitarie, trasporti) senza farsi riconoscere. Il suggerimento ai legislatori sarebbe di estendere il concetto di luogo e servizio pubblico, comprendendo ad esempio supermercati, banche, luoghi privati accessibili al pubblico come gli stadi di calcio (dato l’obbligo di poter essere identificati). La lista si allungherebbe a tribunali, sedi di municipi, ambulatori, immediate vicinanze delle scuole.

Il Consiglio di Stato propone anche di affidare ai prefetti il compito di esercitare un potere dissuasivo nei luoghi pubblici e— in nome dell’ordine pubblico — di estendere la normativa alle gioiellerie, alle conferenze internazionali e alle manifestazioni sportive e culturali, ai cinema e— con involontaria ironia — alle discoteche, come se fosse immaginabile la presenza di ragazze velate, così emancipate da frequentare «boît de nuit». Essendo proibite alle minorenni, le discoteche rientrano nell’elenco per esigenze di controllo della carta d’identità. Equiparato in sostanza al casco integrale del motociclista e secondo le nuove proposte a una variante più rigorosa della legge in vigore sulla laicità dei luoghi pubblici, il provvedimento rischia di perdersi nel ginepraio dei cavilli giuridici e di aprire un dibattito lacerante, tenuto conto che in Francia vivono oltre 4 milioni di musulmani (cittadini francesi, senza contare immigrati regolari e irregolari), la maggioranza dei quali integrati nel modello normativo e nel sistema di valori della Repubblica. Lo stesso Le Pen si era detto favorevole a rafforzare semplicemente le misure di polizia. Ma va ricordato che il primo promotore di una legge per il divieto «integrale» fu André Gerin, deputato e sindaco comunista della periferia di Lione. Sarkozy ha sottolineato che la legge vuole difendere la dignità della donna e il principio di uguaglianza.

Diversi deputati hanno espresso riserve sull’efficacia del provvedimento, ma molti altri, commentando il parere del Consiglio di Stato, hanno dichiarato di voler andare avanti. «Il divieto è totale o è incomprensibile», ha detto il capogruppo Jean François Copé, primo firmatario della legge, chiedendosi che senso avrebbe proibire il velo nell’ufficio postale e sull’autobus e permettere d’indossarlo in strada. Copé ha ricordato che il Consiglio di Stato aveva espresso analoghe riserve a proposito della legge sulla laicità voluta dall’ex presidente Jacques Chirac. A dimostrazione della discordanza di voci, anche nella maggioranza il presidente dell’Assemblea ha detto che questa legge «non è una priorità».

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