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Corriere della Sera Rassegna Stampa
27.01.2010 Sarkozy contro il burqa. In Italia Carfagna dice sì
Mentre Frattini è contrario

Testata: Corriere della Sera
Data: 27 gennaio 2010
Pagina: 2
Autore: Massimo Nava - Maria Serena Natale
Titolo: «La Francia contro il velo integrale nei luoghi pubblici - Proibizione sbagliata E noi difenderemo i crocifissi»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/01/2010, a pag. 2, la cronaca di Massimo Nava dal titolo " La Francia contro il velo integrale nei luoghi pubblici ", a pag. 3, l'articolo di Maria Serena Natale dal titolo " Proibizione sbagliata E noi difenderemo i crocifissi  ", preceduto dal nostro commento. Interessante l'opinione dell'intelettuale musulmano Khaled Fouad Allam che in un'intervista sul GIORNALE di oggi prende posizione contro il burqa. Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Massimo Nava : " La Francia contro il velo integrale nei luoghi pubblici "


Sarkozy

PARIGI — «Il burqa non è benvenuto sul territorio della Repubblica». Così si era espresso nel giugno scorso il presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, raccogliendo l'inquietudine di diversi amministratori locali (in testa, il sindaco comunista di Venisseaux, periferia di Lione) e avendo probabilmente già in testa il grande dibattito delle ultime settimane sull'identità nazionale e sul «senso» dell'essere francesi. Non sono in pochi a sostenere che ci sarebbero problemi più gravi e più urgenti di cui discutere, ma la questione del burqa (indossato si calcola da meno di duemila donne) irrompe nella vita politica e, da ieri, è all'esame dell'Assemblea nazionale.

Il punto di partenza della discussione è il rapporto di 200 pagine consegnato ieri dalla commissione parlamentare costituita ad hoc sei mesi fa e presieduta dal deputato comunista André Gérin, in cui si indicano le linee generali di un possibile intervento legislativo. Sul fatto che il burqa vada bandito, sia contrario ai principi della République, alla dignità della donna e a uno dei pilastri dello Stato francese — la laicità— c'è un'intesa quasi unanime fra le forze politiche. Ma sulla praticabilità di un divieto e sulla sua traduzione in forma legislativa le divisioni sono emerse anche in seno ai lavori della commissione e presumibilmente si allargheranno nel dibattito parlamentare.

La proibizione totale e assoluta del velo integrale negli spazi pubblici non è stata così formulata dalla commissione, vista la mancanza di unanimità e il fatto che una tale norma cozzerebbe inoltre contro i principi costituzionali e finirebbe per essere bocciata dal Consiglio di Stato. Il rapporto si è così limitato ad esprimere la necessità di proibire il burqa nei servizi e nei trasporti pubblici, nel senso che il divieto colpirebbe l'utilizzatore. La sanzione non sarebbe penale, ma si baserebbe sulla non erogazione del servizio. In questo ambito, si ricordano l'obbligo di uniforme in alcuni servizi, i problemi di sicurezza, il ruolo dei pubblici ufficiali e la necessità di poter identificare le persone.

Per trovare la quadratura del cerchio, il rapporto si muove entro confini piuttosto leggeri e complicati, preoccupandosi di ricordare nel preambolo la dichiarazione dei diritti dell'uomo, la costituzione repubblicana e la carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Inoltre si sottolinea come la proibizione del burqa (definito sempre «velo integrale») non si scontrerebbe con la libertà di coscienza, il rispetto delle convinzioni religiose e la volontà di promuovere «una società aperta e tollerante». In buona sostanza, il burqa viene considerato una grave offesa ai valori repubblicani e alla dignità e alla libertà della donna.

Dalle prime considerazioni, si capisce che l'Ump, il partito di Sarkozy, avrebbe auspicato una posizione più netta. In questo senso, il presidente del gruppo parlamentare, Jean François Cope, ha raccolto oltre 200 firme di deputati per sostenere una legge per il divieto. Nel partito socialista, Martine Aubry ha espresso contrarietà a una «legge di circostanza» di dubbia efficacità e probabilmente contraria ai principi costituzionali. Cecile Duflot, verde, ha detto che il «burqa offende umanamente, come donna» ma si chiede come si possa risolvere il problema. Il partito comunista si preoccupa di non rendere più difficili i rapporti con la numerosa comunità musulmana di Francia, oltre sei milioni fra immigrati e cittadini francesi. Infine il presidente del Fronte Nazionale, Jean Marie Le Pen ha sostenuto che sarebbe sufficiente applicare i regolamenti di ordine pubblico che proibiscono di circolare a volto coperto.

In attesa che il progetto di legge faccia il suo iter, si possono già prefigurare gli effetti sul piano pratico, al di là della «mediatizzazione» della notizia. Come avvenne a suo tempo per la legge sulla laicità negli spazi pubblici (voluta dal presidente Jacques Chirac), la Francia rischia di aprire un grande dibattito sui massimi principi, con conseguenze a tratti laceranti, ma poi di tradurlo in disposizioni di non facile applicazione, o meglio di «divieti» caso per caso, buoni soprattutto per qualche titolo sui giornali.

CORRIERE della SERA - Maria Serena Natale : " Proibizione sbagliata E noi difenderemo i crocifissi "

Frattini si batte per " lasciare il crocifisso appeso alle pareti " e, per farlo, critica Sarkozy per la sua proposta di vietare il burqa in Francia.
Sarkozy si batte per un'Europa laica e la sua iniziativa è da prendere ad esempio, non da attaccare. Il burqa, poi, non è un simbolo religioso, ma l'emblema della discriminazione della donna. La difesa che ne fa Frattini è ridicola, dal momento che persino l'imam dell'Egitto ha deciso di vietarlo nei luoghi pubblici. Permettere il burqa non significa garantire la libertà dell'individuo, ma annientare quella delle donne islamiche costrette a portarlo.
Ecco l'articolo:


Frattini

STRASBURGO— L’Europa, debole. La proposta francese anti-burqa, pure. L’Italia, pronta a dare battaglia per difendere «il sentimento profondo degli italiani» e lasciare il crocifisso alle pareti. Franco Frattini ne ha per tutti. Archiviato l’incidente Bertolaso-Haiti, «ormai un ex caso», il ministro degli Esteri rientra da Washington nella gelida Strasburgo per presentare all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa «il punto di vista del governo italiano sulla costruzione dell’identità europea nel tempo della globalizzazione». A margine dell’intervento risponde ai giornalisti sui fatti francesi e sul ricorso italiano che sarà depositato entro il prossimo 2 febbraio alla Corte dei diritti dell’uomo contro la sentenza che esorta a non esporre i crocifissi nelle scuole. «Ma il cristianesimo— dice il capo della Farnesina— è un pilastro dell’identità italiana e nessuno può negarlo. Altri Paesi europei si sono già impegnati a intervenire formalmente nel giudizio a nostro favore». Quanto al burqa «anche da noi c’è chi vorrebbe il divieto ma la semplice proibizione, fuori da una politica più ampia, non risolve il problema. È l’errore storico del metodo francese, proibire e autorizzare per legge, l’opposto del multiculturalismo olandese senza regole, altro modello sbagliato. Serve una terza via, che non parta dall’imposizione ma dal basso, dall’integrazione sul territorio, dal dialogo interreligioso e interculturale. Se si vieta qualcosa per legge, ci sarà sempre qualcuno pronto a ribellarsi, e a ricadere nell’illegalità». Nell’emiciclo del Consiglio, l’organismo paneuropeo (slegato dall’Ue) che vigila su diritti umani e Stato di diritto, Frattini critica l’Europa «che è giudaica, cristiana, laica, illuminista» ma stralcia dal Trattato di Lisbona i riferimenti alle «radici cristiane»; che «giustamente riconosce agli altri il tratto religioso delle identità coinvolte nel fenomeno migratorio» ma poi svincola da quello stesso tratto la coscienza di se stessa; e che infine offre «lo spettacolo involontario di un razzismo rovesciato». «La logica del gruppo — spiega poi — non deve prevalere sull’individuo e su diritti non relativizzabili». Come il diritto all’asilo «da armonizzare a livello europeo», a un’esistenza dignitosa in un’Europa capace di riscoprire «le due parole chiave all’origine della costruzione comunitaria, il perdono e la promessa», nell’ambito di politiche di gestione dei flussi migratori «più articolate e coordinate». Risposta alle critiche del presidente francese Nicolas Sarkozy che lunedì aveva definito l’Italia «disarmata» sul fronte immigrazione. «Ma quella di Sarkozy è la stessa linea della fermezza che ha permesso a noi di arginare il fenomeno». E Rosarno? Chiedono i parlamentari nel question time dell’Assemblea. «Ci sono tante Rosarno, non solo in Italia, prima di tutto vanno garantite agli immigrati condizioni di vita decorose».

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