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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.06.2009 Il burqa vietato in Francia ? forse
La cronaca di Massimo Nava

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 giugno 2009
Pagina: 13
Autore: Massimo Nava
Titolo: «Francia, il governo considera il bando al burqa»

Una " mezza " buona notizia dalla Francia, dove il governo "considera, per ora, la possibioità di mettere al bando il burqa. La cronaca è di Massimo Nava, sul CORRIERE della SERA di oggi, 20/06/2009, a pag. 13. Per ora, una commissione d'inchiesta.

 la donna come vuole l'islam

PARIGI — Quante donne — immigrate o francesi con­vertite — portano il burqa? Più delle cifre, risponde alla domanda un fenomeno visi­bile nelle periferie, dove l’islam radicale fa proseliti. Se ne accorto André Gerin, sindaco e deputato comuni­sta di Venissieux, cintura operaia di Lione, che ha lan­ciato la proposta di una com­missione parlamentare sul problema per arrivare a una legge che proibisca l’indu­mento.
La Francia repubblicana e laica si è unita alla proposta, con spirito bipartisan. Una sessantina di deputati (fra cui 40 della maggioranza Ump, 7 socialisti, 3 comuni­sti, 2 del nuovo centro) han­no messo la firma e trovato sostegno di esponenti del go­verno.
Fadela Amara, origini ma­ghrebine, ex leader del movi­mento «Ni putes ni soumi­ses », nato per denunciare la sottomissione delle donne nelle banlieues, oggi mini­stro delle Aree urbane, ha detto: «Dobbiamo mettere fi­ne a questa pratica. Non è questione di libertà. Io sono per proibire il velo integra­le ». Luc Chatel, portavoce del governo, ha detto che «l’inchiesta serve a valutare l’ampiezza del fenomeno e quanto sia subìto dalle don­ne ». Non ha escluso che «si arrivi a una legge».
Thierry Mariani e Patrick Beaudoin, esponenti del­l’Ump, spiegano: «È compito dei deputati porre la questio­ne di una pratica inammissi­bile. Il burqa non è un simbo­lo religioso, ma un’espressio­ne
di estremismo». «Non fa­remo un tribunale, ma cer­cheremo di far capire che si tratta di una regressione nel rapporto di parità uomo -donna».
Il sindaco di Venissieux de­nuncia una pratica che crea problemi in luoghi pubblici (cerimonie, certificati, visite ospedaliere) per il rifiuto del­le donne di mostrare il pro­prio volto, «talvolta su pres­sione
dei rispettivi mariti e parenti maschi».
Il fenomeno non è nuovo ed è già arrivato alle aule dei tribunali. All’Assemblea c’è da tempo una proposta di legge contro il burqa a firma di Jacques Myard (Ump). Se­condo i firmatari, il proble­ma supera la legge sulla laici­tà, in vigore dal 2004, che proibisce l’ostentazione di simboli religiosi in luoghi
pubblici per garantire la neu­tralità dello Stato e l’egua­glianza di tutti i cittadini. Ma il dubbio che nemmeno que­sta legge sia sufficiente apre perplessità sull’effettiva pos­sibilità di regolare il proble­ma. E dopo l’intervento del presidente Obama sulla liber­tà di portare il velo, qualcu­no comincia a interrogarsi sull’efficacia del modello re­pubblicano francese.
Lo stesso presidente Sarkozy si è mostrato pru­dente: si esprimerà in occa­sione del discorso alla nazio­ne, per la prima volta a Came­re riunite. «Se Obama vuol ri­farsi un’immagine presso i musulmani faccia pure, ma non sulle spalle della Fran­cia. Noi arriveremo alla proi­bizione del burqa», insiste il deputato Myard.
Il ministero dell’Interno, competente in materia di cul­to, condivide le perplessità. «La legge sulla laicità era le­gittima e giustificata. In que­sto caso si tratta invece di re­golare comportamenti in pubblico. Se si dovesse impe­dire tutto ciò che disturba si metterebbero in discussione le libertà personali». «Tocca­re questo equilibrio è un ri­schio », dice il ministro del­l’Immigrazione, Eric Besson. Perplessità anche negli am­bienti religiosi. Mohammed Moussaoui, presidente del del culto musulmano, dice che si tratta di un fenomeno marginale, strumentalizzato per stigmatizzare in generale l’islam. Il rettore della gran­de moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, ricorda che il burqa non è prescritta dal Co­rano.

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