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Bet Magazine-Mosaico Rassegna Stampa
23.07.2023 Le donne hanno sempre ragione? Forse sì. Lo dice la Storia (ebraica)
Commento di Michael Soncin, Fiona Diwan

Testata: Bet Magazine-Mosaico
Data: 23 luglio 2023
Pagina: 10
Autore: Michael Soncin, Fiona Diwan
Titolo: «Le donne hanno sempre ragione? Forse sì. Lo dice la Storia (ebraica)»
Riprendiamo da BET Magazine-Mosaico, l'analisi di Michael Soncin, Fiona Diwan dal titolo 'Le donne hanno sempre ragione? Forse sì. Lo dice la Storia (ebraica)'.


Vita e sogni, poesia e regole: l'etica della riconoscenza nel Talmud |  Kolòt-Voci
Fiona Diwan

Le donne hanno sempre ragione? Forse sì. Lo dice la Storia (ebraica). La  cover di Bet Magazine di luglio-agosto - Mosaico

Donne ebree protagoniste del XX e del XXI secolo. Anticonvenzionali, coraggiose, in grado di pensare fuori dagli schemi. Personaggi “avanti” nel loro campo, innovatrici, voci fuori dal coro. Capaci di una magnitudo espressiva dirompente. In politica, in letteratura, nella scienza, nelle arti, nella beneficenza, nell’imprenditoria. Un libro ci racconta l’epopea di figure femminili uniche, caratterizzate da uno “sguardo ebraico” sul mondo, da un pensiero laterale e divergente che non si accontenta di accettare la realtà così com’è ma che cerca (per quanto possibile) di cambiarla Non è una battuta alla Woody Allen. Le donne hanno (quasi) sempre ragione? Forse sì, in particolare alcune (di origini ebraiche). L’ha avuta l’israeliana Ada Yonath quando vinse nel 2009 il premio Nobel per la chimica per i suoi studi sulla struttura e sulla funzione dei ribosomi. Ha avuto ragione Simone Veil quando ha immaginato un’Europa unita e solidale contro lo spettro di tutte le guerre, diventando la prima Presidente del Parlamento europeo. Ha avuto ragione Rita Levi-Montalcini, neurobiologa torinese, quando è andata contro i dogmi dell’intera comunità scientifica mondiale, dimostrando che il cervello è un organo dinamico, tutt’altro che statico, ottenendo poi nel 1986 il Nobel per la medicina. Aveva ragione Melanie Klein, un’altra scienziata della mente di origini austriache, per i suoi lavori pionieristici nei primi anni del ‘900 nel campo della psicanalisi infantile, estendendo il campo delle conoscenze aperto da Freud, quando intuì che il bambino “percepiva” l’oggetto come buono o cattivo. Dalla scienza al cinema. Che dire di Natalie Portman, che nel 2010 ha creduto con forza nel personaggio de Il cigno nero, quando decise di incarnare un modello di schizofrenia femminile come mai ancora era stato restituito dal cinema, guadagnandosi così un Oscar? Anticonvenzionali e coraggiose, capaci di pensare fuori dagli schemi, voci fuori dal coro, a loro modo personaggi “avanti” nel loro campo. Innovatrici e pugnaci, che hanno saputo dimostrare come l’intelligenza femminile, che sia emotiva oppure razionale, possa rivelare una magnitudo espressiva unica, peculiare, sebbene non necessariamente di genere, significativa e dirompente. Donne che non mollano, dalla testa dura, capaci di smarcarsi dalla toxic masculinity, lo sguardo maschile sulle donne ha condizionato il destino femminile per secoli, fino a ora. Che siano secolarizzate, religiose, laiche, tradizionaliste, sono tutte figure caratterizzate da uno “sguardo ebraico” sul mondo, un pensiero laterale, divergent come dicono gli americani, con un’attenzione particolare ai diritti dei deboli e a un aspetto progressivo e mutazionale del destino umano, una fiducia nella possibilità del cambiamento. La lista dei nomi potrebbe essere lunghissima, in tutti gli ambiti del sapere, della creatività, del pensiero, dell’imprenditorialità, della medicina e della ricerca scientifica. Niente name-dropping, per carità, le liste degli ebrei celebri sono noiosissime, si sa, ma onestamente qui è difficile scamparla, visto il poco spazio di queste pagine (ci scuserete!). C’è Bobbi Brown, classe 1957, nativa di Chicago, (e prima di lei che dire di Helena Rubinstein), imperatrice indiscussa della cosmetica contemporanea. E ancora c’è Annie Leibovitz, che ha rivoluzionato l’arte del ritratto e della fotografia di moda, imponendo canoni visivi innovativi, e prima di lei Diane Arbus, con i suoi epocali ritratti di freaks, capace di ribaltare la sensibilità visiva del suo tempo. E poi Francesca Levi-Schaffer, di origini milanesi, oggi brillante scienziata nel campo dell’immunofarmacologia presso le Hebrew University, membro del comitato del Ministero della Salute Israeliana durante la campagna anti-Covid in Israele, la prima “donna-medico” al mondo per velocità di reazione alla pandemia, diventando un modello per tutti. C’è poi la poetessa di origini ungheresi Louise Glück, nata il 1943 a New York, Nobel per la letteratura nel 2020, le cui liriche hanno commosso generazioni di cultori. E poi, da Tel Aviv, Ayelet Gundar-Goshen, oggi quarantenne, con i suoi romanzi, destinata ad essere tra i nuovi guardiani della letteratura israeliana insieme a Zeruya Shalev, altra scrittrice forse tra le più talentuose della scena letteraria internazionale. E che dire di Mila Kunis, nata a Černovcy nel 1983 nell’allora Ucraina Sovietica, attrice e modella emigrata negli Stati Uniti, regina planetaria della beneficienza, che per il suo paese nativo in grande difficoltà a causa della guerra in corso ha raccolto la cifra di ben oltre 36 milioni di dollari? Dal mondo delle istituzioni abbiamo invece Janet Yellen (New York 1946), economista e politica, la prima donna americana a ricoprire il ruolo di Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, dimostrando una competenza e intuito assolutamente fuori dal comune. Da non dimenticare poi la storica dell’ebraismo Deborah Lipstadt (New York 1947), esperta mondiale per i suoi studi sul negazionismo e la Shoàh, celebre per aver vinto il processo contro il negazionista David Irving. Come dicevamo, la lista potrebbe essere infinita. Oggi la chiudiamo qui, ma l’avventura dell’unicità femminile ebraica viene da lontano, inizia secoli fa…

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