domenica 28 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Mattino Rassegna Stampa
05.07.2006 Come sono buoni i terroristi
e come continuano ad essere cattvi gli israeliani nella propaganda del quotidiano

Testata: Il Mattino
Data: 05 luglio 2006
Pagina: 17
Autore: un giornalista - la redazione - Aldo Baquis
Titolo: «I rapitori: «Non uccideremo l’ostaggio» -«Le incursioni nella Striscia sono punizioni collettive» - I capi della lotta armata ospiti in tv»

Per giorni l’attenzione è stata tutta per gli israeliani, titoli, sottotitoli  e tutto il resto per far comprendere al lettore la loro cattiveria. Oggi, invece, è il turno dei palestinesi, ma per trasmettere tutta la loro bontà, e far capire che anche i terroristi hanno un cuore. Titolo principale: “I rapitori: ‘Non uccideremo l’ostaggio’” E’ così anche l’ennesimo bombardamento di una scuola israeliana passa in secondo piano: solo un riferimento nell’occhiello, dopo aver detto che Israele ha bombardato l’”università islamica”.
Ecco il testo:

Gerusalemme. «Non uccidiamo gli ostaggi». L’ultimatum è scaduto alle 6 di ieri mattina, ma il caporale israeliano Ghilad Shalit, sequestrato il 25 giugno scorso da un commando armato palestinese, è ancora vivo. È stato Abu Muthana, un portavoce dell’Esercito dell'Islam, a far conoscere ieri mattina la posizione dei sequestratori: «Alcuni di noi pensano di uccidere il soldato, ma l'Islam ci impone di trattare i prigionieri in modo decente e di non ucciderli». Il portavoce ha aggiunto che nel prossimo futuro ci saranno altri sequestri. Ed ha specificato che d'ora in poi non sarà fornita alcuna informazione sulla sorte di Shalit. In ogni caso, è chiaro che si sono manifestati spiragli per una trattativa e che - contrariamente a quanto era stato annunciato con l’ultimatum dell’altro ieri - «il caso» non «è chiuso». E ieri è stato anche il premier palestinese Ismail Haniyeh, leader di Hamas, a lanciare un messaggio ai rapitori del soldato israeliano affinché «non lo passino per le armi e proseguano i contatti finalizzati ad uno scambio di prigionieri con Israele». L'appello è giunto alcune ore dopo lo scadere dell’ultimatum e poco prima del lancio di un razzo Qassam su una scuola di Ashqelon, nel sud di Israele, che non ha causato feriti. Ufficialmente la posizione di Israele resta immutata. Il premier Ehud Olmert ha ribadito anche ieri che il suo governo non accetta ricatti. «Sappiamo che Shalit è nelle mani di una banda di terroristi brutali e crudeli», ha detto. Israele - ha aggiunto - si prefigge di colpirli, assieme con i loro mandanti e con quanti offrono loro protezione. «Non faremo eccezioni per alcuno», ha minacciato Olmert. Ma al di là delle minacce, anche sul versante israeliano la «linea della fermezza» non è unanimemente condivisa. Le voci discordanti si moltiplicano. A cominciare, ovviamente, da quella dei familiari del giovane caporale Shalit. «Non sacrificate mio figlio alla ragion di Stato», è l’appello rivolto al governo Olmert dal padre del soldato nelle mani dei rapitori. L’opinione pubblica appare divisa. Una donna, Anat Ophir, ha lanciato alla radio un aperto invito a sottoscrivere una petizione a Olmert perché accetti di trattare con i rapitori. Secondo la radio l'invito ha provocato una marea di reazioni, anche se non statisticamente rappresentativa, degli ascoltatori, divisi a metà circa tra i fautori del dialogo, in genere donne, e quelli della linea dura, in gran parte uomini. Sul terreno la situazione resta difficile. Nel nord della striscia di Gaza i militari israeliani agiscono in una profondità media di un chilometro nella zona del valico di Erez e alla periferia di Beit Hanun. Il loro obiettivo è di colpire i lanciatori di razzi, scoprire ordigni e tunnel. Ieri sera un razzo ha raggiunto la cittadina israeliana di Ashqelon. Secondo le prime informazioni il razzo ha provocato danni ad una scuola, ma non vittime. Finora i soldati hanno ordine di non entrare nelle zone abitate. Ma anche l’altra notte l’aviazione israeliana è tornata a colpire. Uno dei raid aerei ha avuto per obiettivo l’università islamica: un episodio che è stato subito denunciato con fermezza dal Pchr-Gaza, una organizzazione locale per i diritti civili. Oltre a colpire l’università, i jet israeliani con la rottura del muro del suono sopra le case di Gaza hanno provocato danni materiali in una istituzione di assistenza ai bambini non-udenti. Nei giorni passati un razzo israeliano aveva centrato anche l'ufficio del premier Haniyeh. Ieri il braccio armato di Hamas - le Brigate Ezzedin Al Qassam - ha avvertito Israele che una eventuale uccisione del premier «incendierebbe la regione». Haniyeh da parte sua ha ribadito che il governo palestinese vede con favore la prosecuzione di contatti diplomatici. «Sarebbe un errore chiudere la porta», ha affermato. Le incursioni israeliani proseguono anche in Cisgiordania, dove l’esercito ha arrestato l’altra notte tre miliziani di Al-Fatah ritenuti responsabili della uccisione (la settimana scorsa) del giovane israeliano Eliahu Asheri. Ieri i Comitati di Resistenza Popolare hanno accusato il capo della polizia dell'Anp di averli di fatto consegnati ad Israele ed hanno chiesto il suo licenziamento in tronco. Incidenti si sono verificati anche a Jenin, dove una autobomba è esplosa al passaggio di una unità israeliana. In quell'episodio non si sono avute vittime. In precedenza a Jenin era stato ucciso un miliziano delle Brigate al-Aqsa


Non manca poi il solito trafiletto di condanna, per bocca di terzi, di Israele.
Ecco il testo:

«Diverse azioni dell'esercito israeliano nel corso dell'offensiva contro la Striscia di Gaza violano il principio della proporzionalità e costituiscono una punizione collettiva della popolazione, vietata dal diritto internazionale». Lo afferma il ministero degli Esteri svizzero, depositario delle Convenzioni di Ginevra, che ha ricordato ad Israele, «forza occupante», il dovere di rispettare il diritto internazionale umanitario

A noi sembra che il fatto che il ministro degli Esteri svizzero rappresenti il paese nel quale le convenzioni di Ginevra furono stipulate non renda la sua interpretazione a priori autorevole.
E ci chiediamo: cosa dice la convenzione di Ginevra sul rapimento di soldati nel terri torio del loro paese? 

 Infine un articolo sui “fabbricanti di razzi”. Ma il pezzo di Baquis, come nella tradizione del quotidiano napoletano, non è un articolo in cui si denunciano i crimini delle organizzazioni terroristiche e le sofferenze inflitte alla popolazione civile israeliana (per queste cose “banali” non c’è mai spazio), bensì è un resoconto di un servizio celebrativo dei terroristi realizzato dalla tv al-jazira(l'articolo ha  dunque il merito di permettere di farsi un un idea di che cosa sia al jazeera...). Nel titolo del pezzo si ha la conferma che per la redazione del quotidiano i terroristi sono solo “capi della lotta armata”.
Ecco il testo:

Tel Aviv. «Da lei non prendo ordini. Posso comunque vagliare la sua richiesta». Questa, secondo la stampa araba, la risposta data due settimane fa da Ahmed Jaabari Abu Ahmed, uno dei dirigenti delle Brigate Ezzedin al-Qassam (braccio armato di Hamas) al premier palestinese Ismail Haniyeh, figura di punta dello stesso movimento. Haniyeh lo aveva convocato nel proprio ufficio per fargli presente che i lanci di razzi Qassam verso Israele erano inopportuni e dovevano cessare. Dopo l'incontro i lanci non sono cessati. Non solo: assieme con i Comitati di resistenza popolare e con l'Esercito dell'Islam le Brigate Ezzedin al-Qassam hanno condotto un blitz che ha bruscamente trascinato Israele ed Anp in rotta di collisione. Il rapimento del soldato israeliano Ghilad Shalit ha acceso a Gaza le speranze di quanti credono di poter costringere Israele ad uno scambio di prigionieri. Il prestigio del braccio armato di Hamas è più alto che mai: per una circostanza fortuita, alcuni dirigenti sono emersi da anni di clandestinità per comparire negli schermi di Al Jazira. Il programma «Ospitando il fucile» era stato registrato da tempo. Ma andando in onda adesso, ha contribuito ad accrescere il mito. Il capo del braccio armato di Hamas, Mohammed Deif, sopravvissuto per miracolo a due tentativi israeliani di eliminarlo, è apparso col volto coperto, ma in buone condizioni fisiche. Un suo compagno, pure ricercato da Israele, si è fatto riprendere senza kefia con due figlioletti, in una strada di Gaza. Nella trasmissione, senza precedenti nel suo genere, i dirigenti delle Brigate Ezzedin al-Qassam hanno spiegato che ormai si sono trasformati in una formazione militare disciplinata e ben organizzata, suddivisa in unità gerarchiche capaci di coordinamento tattico. Le telecamere sono state ammesse nei laboratori dove si confezionano i razzi Qassam e le bombe a mano, nei tunnel scavati nelle zone di confine, e anche nelle aule di una «Accademia» militare. La selezione dei nuovi membri, è stato spiegato, avviene non solo sulla base di una idoneità fisica, ma anche ideologica e morale. La biografia dei candidati viene attentamente studiata, per impedire infiltrazioni. Al Jazira ha ripreso anche la moderna sala stampa delle Brigate al-Qassam, incaricata di inoltrare alla popolazione le informazioni che giungono dalle zone di combattimento.
Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Mattino


posta@ilmattino.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT