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Il Mattino Rassegna Stampa
17.05.2006 Un altro tassello alla criminalizzazione di Israele è stato aggiunto
"complimenti" al quotidiano napoletano

Testata: Il Mattino
Data: 17 maggio 2006
Pagina: 17
Autore: Francesco Romanetti
Titolo: ««La pace in Palestina passa anche dall’Italia»»

Il MATTINO di giovedì 18 maggio 2006 pubblica un'intervista al nuovo rappresentante dell'Anp in Italia. Cambiano i volti, cambiano i nomi ma la propaganda (bassissima) resta sempre la stessa. Il tutto con il benestare e l’incitamento di intervistatore, che non fa una domanda una degna di questo nome all’intervistato e non pronuncia mai la parola “terrorismo” né chiede conto delle stragi di civili israeliani innocenti, e della redazione, che pubblica la solita foto propagandistica di un bambino ai piedi dell’imponente porzione in cemento della barriera anti-terrorismo israeliana. Complimenti a Il Mattino, un altro tassello alla criminalizzazione di Israele è stato aggiunto.
Ecco il testo:


Un nuovo governo in Italia. Presumibilmente una nuova politica estera. Che dovrà fare i conti con una realtà mediorientale in profonda trasformazione, segnata dalla recente nascita di altri due nuovi governi: quello palestinese, per la prima volta guidato dal movimento islamico Hamas e - sull’altro fronte - quello israeliano, formato dagli eredi di Sharon e dai loro alleati. Ce n’è abbastanza per immaginare scenari inediti. Ne abbiamo parlato con Sabri Atieh, rappresentante dell’Autorità Nazionale Palestinese in Italia dal 3 marzo scorso. Medico, 53 anni, già ambasciatore in Spagna, Bolivia, Colombia e Cile, è stato vicino a Yasser Arafat. Oggi Sabri Atieh sarà a Napoli, dove incontrerà il presidente Bassolino e il sindaco Iervolino e farà visita agli otto bambini palestinesi che si trovano in cura presso ospedali napoletani. Ambasciatore Atieh, durante il governo Berlusconi ci sono stati momenti di incomprensione e anche di tensione con la rappresentanza palestinese. Che cosa si aspetta dal governo Prodi? «Il popolo palestinese ha adottato la pace come strategia. E pace significa convivenza, che si raggiunge tramite i buoni rapporti tra gli Stati e i popoli. Puntiamo ad avere ottimi rapporti non solo con Unione Europea e Stati Uniti, ma anche con Israele. Bisognerebbe però mettere questi rapporti al servizio della pace: francamente non si capisce perché certi Paesi dimentichino la differenza tra chi occupa e chi vive sotto occupazione militare. È un fatto che le forze di occupazione israeliane godono di un supporto internazionale illimitato. Oggi guardiamo con interesse al nuovo governo italiano, così come a tutti i paesi dell’Ue». La nascita del governo Hamas ha complicato la possibilità di dialogo. Gli Usa, ma anche l’Ue, hanno deciso di congelare gli aiuti. Lei crede che questa situazione si possa modificare? E come? «Punire l’intero popolo palestinese non può aiutare la pace. Vorrei ricordare che i palestinesi hanno praticato la democrazia tramite libere e trasparenti elezioni. Si è trattato di un’esperienza ”sui generis“: per la prima volta un popolo sotto occupazione e coprifuoco, con i carri armati israeliani schierati, si è recato alle urne. E Hamas ha vinto. Chiediamo quindi alla comunità internazionale di rispettare il responso delle elezioni e di dare un’occasione a questo governo, che è il governo del popolo palestinese. D’altra parte va ricordato che l’isolamento del popolo palestinese da parte di Israele è antecedente al governo di Hamas. Israele rifiuta di applicare gli accordi firmati ed ha congelato unilateralmente l’intero processo di pace. Liquidò Arafat dicendo che non era ”un interlocutore per la pace”. Esattamente come fa ora con Abu Mazen». Come giudica le prime dichiarazioni del premier israeliano Olmert, che si è detto disponibile al dialogo, ma che ha aggiunto di essere pronto a definire unilateralmente i confini? «Questa idea di fissare unilateralmente i confini è il colpo più pericoloso al processo di pace. È una vecchia idea di Sharon, solo che sarà Olmert a implementarla, annettendo ad Israele la metà dei Territori occupati nel 1967 e lasciando il rimanente territorio disgregato senza continuità, creando così una sorta di Bantustan. Sharon aveva assicurato la comunità internazionale, all’inizio della costruzione del Muro di separazione, sostenendo che tale tracciato non avrebbe rappresentato il confine di Israele. Ora Olmert afferma il contrario. Mi chiedo quale sia la differenza tra Olmert e Sharon». Quali possibilità di trattare ha davvero il presidente dell’Anp, Abu Mazen? Come può prendere impegni se non c’è il consenso di Hamas? «L’impegno di Abu Mazen nel processo di pace è conosciuto dal mondo e da Israele. Nell’accordo di tregua raggiunto dalle fazioni palestinesi - e che Israele ha disatteso - si sancisce il ruolo di Abu Mazen. Anche Hamas riconosce questo ruolo: il problema sta allora dall’altra parte. Il governo israeliano vuole veramente avviare una seria trattativa di pace? Riconosce gli accordi firmati?» Lei oggi sarà a Napoli. Pensa che le amministrazioni locali, oltre ai governi, possano avere un ruolo nel promuovere la pace? «Uno dei miei compiti come ambasciatore della Palestina è quello di tessere e sviluppare buoni rapporti con tutte le istituzioni italiane ai vari livelli. Conosco la sensibilità che contraddistingue i napoletani nei confronti della causa palestinese, a partire dal presidente della Regione Campania Bassolino. Vorrei ringraziarli ed invitarli a continuare a sostenere la causa della pace».


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