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Il Mattino Rassegna Stampa
31.10.2005 Finalmente un editoriale condanna le parole di Ahmadinejad
ma per giorni il quotidiano napoletano si è preoccupato solo di minimizzare e distorcere

Testata: Il Mattino
Data: 31 ottobre 2005
Pagina: 1
Autore: Stefano Mannoni
Titolo: «Le armi dell’odio»
IL MATTINO di lunedì 31 ottobre 2005 pubblica in prima pagina e a pagina 6 un editoriale contro il regime iraniano e indifesa del diritto all'essitenza di Israele. Di Stefano Mannoni .

Ecco il testo:

Teheran alza il tiro contro Israele. Lo fa con una spavalderia e un’incoscienza che fanno tremare. Nientemeno che «cancellare Israele dalla carta geografica». Sono forse pazzi? Nessun paese arabo da tempo utilizzava più questi toni. Oggi anzi, tutti o quasi, quando anche concedono qualcosa alla demagogia antiebraica, lavorano concretamente per annodare legami pacifici e relazioni normali con Tel Aviv. Persino la Libia di Gheddafi, un tempo irriducibile bastione della lotta al «sionismo», si è rassegnata a più miti consigli. Perché, allora, questa sfida al senso comune che riporta l’orologio agli anni di Khomeini? La prima risposta è quella più antica del mondo. Un regime impopolare in patria come quello degli ayatollah ricorre all’odio contro il supposto nemico esterno per riconquistare facili consensi.
Badate bene: il grido di guerra contro Israele non deve essere frainteso. È un segno di debolezza e non di forza della repubblica islamica. Popolato da milioni di giovani istruiti e insofferenti delle restrizioni imposte dall’oscurantismo governativo, l’Iran è un’autentica polveriera, pronta a esplodere alla minima scintilla. E ai confini dell’Iran di scintille ve ne sono parecchie. L’Iraq innanzitutto, la cui conversione al costituzionalismo minaccia seriamente la legittimità di un regime fondato su un’interpretazione bigotta e autoritaria del Corano come quella di Teheran. Non sappiamo ancora se l’esperimento liberal-democratico funzionerà a Baghdad, ma già il fatto che a tentarlo sono gli stessi sciiti che dominano a Teheran basta a seminare il panico in chi afferma l’incompatibilità tra libertà politica e fede religiosa. A impensierire la nomenclatura iraniana è anche la Turchia, paese musulmano confinante che si appresta a stringere legami più forti con l’Unione europea. In sintesi è proprio il successo dell’Islam moderato a inquietare quello radicale sul quale una oligarchia di chierici e militari ha costruito il suo potere in Persia. Ecco allora la reazione e la provocazione di un’autorità vacillante. La tattica è quella di minacciare la comunità internazionale per riconquistare un po’ di quel potere negoziale necessario a perpetuare la propria egemonia in patria. La prima mossa è stata quella dell’azzardo nucleare, volutamente agitato per allarmare gli europei e convincerli a farsi da mediatori con i più fermi Stati Uniti. La seconda è la gesticolazione bellicosa verso Israele. Lo scopo è quello di accreditare l’Iran come il paese-guida nella lotta al sionismo visto come propaggine velenosa della colonizzazione occidentale dell’ortodossia musulmana. La ricetta è stantia ma nelle mani degli ayatollah acquista una valenza precisa poiché l’unica seria ipoteca sul processo di pace in corso in Palestina viene proprio dagli Hezbollah e dai loro epigoni. Questa fazione armata, da sempre finanziata e armata dall’Iran, è la sola a costituire una spina nel fianco della possente forza militare israeliana. Fino a quando gli estremisti arabi potranno sperare in un simile appoggio esterno ben difficilmente attentati e insicurezza avranno fine. Esaurita la sponda irachena di Saddam, ridimensionata quella siriana, rimane solo quella iraniana per i fautori del «tanto peggio, tanto meglio». Un motivo in più perché la comunità internazionale reagisca oggi con fermezza al punto, se necessario, di porre un embargo contro l’Iran qualora perseveri nelle azioni e nella retorica della destabilizzazione. Un’iniziativa decisa della comunità internazionale, conforme alla Carta dell’Onu, sarebbe una manna anche per tutti quegli iraniani che non vedono l’ora di scrollarsi di dosso un regime arcaico e autoritario. Sanzioni quindi, non parole dal Palazzo di vetro e da Bruxelles. Ma non basta. Occorre anche uno sforzo comunicativo più ampio. Il Santo Padre, nel fustigare senza mezzi termini la follia di Teheran, ha ricordato che l’equazione musulmano-nemico è un’aberrazione di principio e un errore politico. Ha ragione e dobbiamo ascoltarlo. Basta in Italia e in Europa con la fobia dello straniero; basta con le semplificazioni rozze che alimentano pregiudizi etnici o religiosi. Ricordo la premessa da cui sono partito. È il successo che arride all’Islam moderato a innescare l’aggressività dei radicali. Sarebbe allora imperdonabile che proprio da noi si facesse di tutto per alienare all’Occidente e a Israele le simpatie di coloro che, nella fede musulmana, confidano in una civile convivenza fondata sulla tolleranza. Quanto a Israele, per l’ennesima volta bersaglio di un attacco forsennato, Teheran ha fornito a noi una ragione supplementare per assecondare Sharon e Abu Mazen nel difficile processo di pace che hanno intrapreso ancora tra tante asperità. Un modo per farlo è anche quello di immunizzare il discorso e i gesti dalla tracce di antisemitismo che riaffiorano periodicamente sotto forma di una contestazione acritica e disinformata dello Stato di Israele. La cui ragion d’essere è patrimonio comune dell’umanità.
Va notato che IL MATTINO ha impiegato un certo tempo per decidere di esprimersi in modo inequivoco sulle minacce iraniane a Israele.
Non solo. Si è anche prestato a minimizzare e a fare da grancassa Teheran.
Per esempio il 29-10-05 pubblicava apagina 7 l'articolo "L’Iran in piazza: «Israele deve scomparire» 2 con il ridicolo occhiello "Teheran cerca di rettificare «Uno Stato, due popoli non siamo degli antisemiti lottiamo il sionismo»", nel quale si dimenticavano la propaganda antisemita diffusa in tutto il mondo dagli ayatollah eil fatto che la formula del regime "uno stato due popoli" prevede anche l'instaurazione di una repubblica islamica e la cacciata di tutti gli ebrei giunti in Israele dopo il 48.


L’Iran ha parlato, Il Mattino fa da grancassa. Gli amici (sic) d’Israele ancora non hanno fatto sapere ai loro lettori che pensano delle minacce di annientamento allo Stato ebraico.

Il 30/10/2005, invece, così il quotidiano napoletano faceva da grancassa all'Iran: titolo: L’Iran: «È Israele che minaccia di colpirci», sottotitolo:
"Teheran respinge la condanna Onu dopo le dichiarazioni di Ahmadinejad.

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