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Il Mattino Rassegna Stampa
30.09.2005 La tregua salta solo quando Israele risponde al fuoco dei terroristi
prima, tutto era tranquillo

Testata: Il Mattino
Data: 30 settembre 2005
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Battaglia a Jenin, affossata la fragile tregua»
La tregua è finita, lo dice IL MATTINO. Perché? Perché Israele sta continuando a colpire le organizzazioni terroristiche palestinesi in risposta agli attacchi missilistici sul proprio territorio e alla macabra uccisione di Sasson Nuriel. Se non fosse stato così, nonostante i ripetuti attacchi palestinesi, la tregua sarebbe stata ancora in piedi. Ancora una volta IL MATTINO dimostra di farsi portavoce delle istanze e degli interessi dei gruppi del terrore. Il perciolo numero uno è Israele.

A Giorgio,autore dell'articolo , va ricordato invece che la road map non prevede obblighi solo per Israele ma anche per i palestinesi. Al primo punto pone come condizione la smantellamento delle milizie terroristiche palestinesi. Condizione ben lontana dall’essere stata ottemperata.


Ecco l'articolo, "Battaglia a Jenin, affossata la fragile tregua":

Gerusalemme. L’anno sesto dell’Intifada comincia all’insegna di una nuova impennata di violenza. Il bilancio di ieri è di quattro morti. Tre militanti palestinesi sono stati uccisi durante un’incursione dell’esercito israeliano a Jenin: tra loro un comandante delle Brigate Martiti di Al Aqsa. In seguito a questo episodio le Brigate Al Aqsa hanno proclamato la fine della tregua. «Preparate le vostre bare», ha mandato a dire ad Israele un dirigente di Jenin delle Brigate. Ma ieri è stato anche il giorno in cui - nonostante la prosecuzione delle incursioni israeliane - 130mila palestinesi si sono recati alle urne in una nuova tornata di elezioni municipali. Sul fronte politico israeliano, invece, il premier Ariel Sharon - reduce da un duro confronto (e da una vittoria) con il suo rivale, il super-falco Benyamin Netanyahu - cerca di rafforzare la coalizione governativa tra il Likud (il suo partito) e i laburisti. Sharon ha aperto ai rabbini sefarditi del partito Shas. Il premier ha anche sostenuto di ritenere la Road Map (il tracciato di pace del cosiddetto «Quartetto», formato da Onu, Usa, Unione europea e Russia) resta l'unico programma politico per il suo governo. Si tratta di dichiarazioni importanti in quanto la Road Map prevede lo smantellamento delle colonie illegali non solo da Gaza (dove è già avvenuto), ma anche dalla Cisgiordania. Ma d’altra parte lo stesso Sharon ha poi precisato che le esternazioni dei suoi consiglieri - circa nuove mosse unilaterali in Cisgiordania - non riflettono il suo pensiero. Una giornata di sangue cominciata nella notte. In due incursioni israeliane ci sono stati scontri a fuoco in Cisgiordania in cui sono rimasti uccisi tre miliziani: uno delle Brigate Martiri di Al Aqsa (vicina ad al-Fatah), uno della Jihad islamica, uno del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. La vittima più nota è Samer al-Saadi, di Jenin, considerato uno dei comandanti militari. I suoi compagni delle Brigate al-Aqsa hanno detto di non sentirsi più vincolati dalla tregua invocata dal presidente Abu Mazen. «Il crimine dovrà essere punito», hanno detto, mentre anche i dirigenti dell'Anp condannavano la uccisione dei miliziani. Poco dopo, a Tulkarem, la quarta vittima: si tratta di un palestinese sospettato di essere un informatore di Israele. Miliziani della Jihad islamica lo hanno crivellato di colpi in pieno giorno. È in questo clima che in cento villaggi della Cisgiordania si sono svolte nell'ordine elezioni municipali. I seggi si sono aperti per 127mila palestinesi chiamati a rinnovare i consigli comunali ed eleggere i sindaci in 104 località della Cisgiordania, tra cui Bir Zeit dove ha sede il più importante ateneo palestinese. Al Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, è in testa nello spoglio, seguito dal movimento radicale Hamas. Dei 104 consigli in cui si votava Al Fatah se n'è aggiudicati 61 e Hamas 28, mentre 15 sono stati assegnati ad altre fazioni palestinesi. Tali risultati, ancora preliminari, sono in linea con gli ultimi sondaggi d'opinione, che attribuivano al movimento di resistenza islamico il 30% circa dei consensi, dandolo in ascesa in vista delle elezioni parlamentari del gennaio prossimo. Si tratta della terza fase del voto amministrativo cominciato lo scorso dicembre e proseguito a maggio. La quarta e ultima tappa è fissata per l'8 dicembre in 107 centri e riguarderà città importanti come Nablus, Ramallah, Gaza city e Khan Yunis. La consultazione è seguita con interesse dagli osservatori poiché avviene a due settimane dal completamento del ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e mentre è in corso l’offensiva dell'esercito dello Stato ebraico contro Hamas. Il movimento islamico ha ottenuto nelle fasi elettorali precedenti risultati lusinghieri andando a conquistare centri abitati storicamente controllati da al-Fatah, il partito del presidente Abu Mazen.
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