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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Mattino Rassegna Stampa
03.05.2004 Come si racconta una strage
in modo che il lettore non se la prenda troppo con chi l'ha commessa

Testata: Il Mattino
Data: 03 maggio 2004
Pagina: 3
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «L’addio a Tali e alle sue figlie»
La cronaca di Michele Giorgio sul quotidiano napoletano risponde come sempre all'imperativo " come dare le notizie in modo da danneggiare comunque Israele".
A parte l'errore, che però è stato commesso da quasi tutti i corrispondenti, e cioè "le quattro figlie" quando il nome di uno dei figli uccisi è Roni, un nome chiaramente maschile (e questo Giorgio dovrebbe saperlo visto che è in Israele da parecchi anni.
Ma veniamo alla sua cronaca. Il lettore noterà come Giorgio inserisca negli accadimenti pezzi di valutazione ideologica che nulla hanno a che fare con l'accaduto. Alla fine l'immagine della giovane madre risulterà danneggiata dai giudizi che Giorgio avrà enumerato:
1)i terroristi vengono presentati come un "commando", definizione certamente non ostile
2) dà spazio al referemdum anche se su questo argomento c'è già sul Mattino un altro articolo.
3) era una "fervente nazionalista", come se questo giustificasse qualcosa.
4) credeva nel "patto con Dio", per cui la proprietà della terra riveste un carattere divino.
5) Israele nel 67 ha solo conquistato territori. Nessun accenno agli stati arabi che ne volevano la distruzione. La responsabilità della guerra, e della presente situazione, è perciò solo di Israele
6) il massacro viene descritto con quattro parole, "raffiche di mitra". Giorgio si guarda bene dal raccontare come è avvenuto, della ferocia con la quale i terroristi hanno compiuto la strage. E' meglio che il lettore, già manipolato con una disinformazione ben distribuita, non sappia troppo di come i civili israeliani vengono assassinati.

Ecco il suo artcolo:

Tali Hatuel, all’ottavo mese di gravidanza, e le sue quattro bambine, sono le vittime dell’ennesima strage. Una strage che si è consumata ieri mattina al valico di Kissufim e che ha destato forte impressione, non solo in Israele. L’attentato compiuto da un commando palestinese è avvenuto nel giorno del referendum nel partito Likud sul piano del premier Ariel Sharon che prevede, tra i suoi punti, l’evacuazione delle colonie ebraiche di Gaza, inclusa quella di Gush Katif dove viveva Tali Hatuel. Il piano di Sharon è stato respinto: il 62% degli iscritti al partito si è espresso per il no.
Tali Hatuel viveva a Gush Katif con il marito Moshe (preside di una scuola), e le quattro bimbe uccise: Hila, di 11 anni; Hadar, di 9; Roni, di 7 e Merav, di appena 2.
Un massacro orribile, che ha come sfondo le divisioni e gli odi che attraversano la «terra contesa». Come il marito Moshe, Tali Hatuel era una fervente nazionalista. A Gush Katif, la giovane coppia si era trasferita una decina di anni fa, con la convinzione che anche la Striscia di Gaza, come la Cisgiordania, facciano parte di «Eretz Israel», la biblica terra data secondo la narrazione da Dio al popolo ebraico. Un «patto» che, secondo i coloni israeliani più militanti e religiosi, gli ebrei non possono dunque spezzare restituendo ai palestinesi i loro territori conquistati da Israele durante la guerra dei «Sei giorni» combattuta nel 1967.
La giovane donna, una assistente sociale, ieri aveva caricato a bordo della sua automobile le quattro figlie e intendeva recarsi nella sede del Likud di Ashqelon per protestare contro il progetto del primo ministro. All'uscita dall'insediamento colonico aveva anche incontrato e scambiato qualche parola con alcuni vicini di casa, poi si era avviata verso Kissufim dove, pochi minuti dopo, è stata uccisa, assieme alle figlie, dalle raffiche di mitra sparate dai guerriglieri palestinesi.
Nei mesi scorsi gli Hatuel avevano deciso di allargare la loro abitazione. Il completamento dei lavori di restauro era coinciso con le dichiarazioni del premier Ariel Sharon sulla necessità di ordinare un ritiro unilaterale da Gaza (e lo sgombero dei circa ottomila coloni che vi risiedono) nel contesto di una più vasta politica che include anche la costruzione di una vasta barriera di separazione con la Cisgiordania.
A Gaza e in varie località cisgiordane citate dal racconto biblico si sono perciò insediati, con le loro famiglie, migliaia di coloni israeliani che credono nel ritorno degli ebrei in tutta la «terra promessa».
Per molti coloni Cisgiordania e Gaza sono diventate la loro casa e quindi sono decisamente contrarie al piano di evacuazione voluto dal premier Ariel Sharon e appoggiato dal presidente americano Bush.
I palestinesi, da parte loro, accusano i coloni di essere degli «occupanti». Sono decine gli israeliani rimasti uccisi negli ultimi anni in agguati di gruppi armati dell'Intifada, avvenuti sulle strade polverose di Cisgiordania e Gaza. Non pochi sono anche i civili palestinesi morti durante le ritorsioni attuate da coloni israeliani armati nel corso degli ultimi anni.
Gli Hatuel non avevano alcuna intenzione di andare via dall’avamposto di Gaza. Tali e il marito avevano anzi deciso di ampliare la loro abitazione per fare spazio al figlio che stava per nascere. I due coniugi si erano impegnati nelle iniziative di protesta contro il piano di sgombero proposto dal premier Sharon e volte ad influenzare l'opinione pubblica israeliana, in buona parte schierata a favore del ritiro da Gaza e poco sensibile alle ragioni dei coloni. Ma la casa degli Hatuel rimarrà vuota, senza più Tali e le sue bambine.



Invitiamo i nostri lettori a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata ed inviata.

posta@ilmattino.it

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