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Il Mattino Rassegna Stampa
31.03.2004 Si può essere ebrei e nemici di Israele ?
per fortuna è raro, ma succede

Testata: Il Mattino
Data: 31 marzo 2004
Pagina: 7
Autore: Titti Marrone
Titolo: «Morin sotto accusa»
«Il 17 marzo Edgar Morin è comparso davanti al tribunale di Nanterre per rispondere all’accusa di diffamazione razziale. Sul Monde ha definito Israele "un popolo dominatore e, tranne un’ammirevole minoranza, sprezzante e che prova soddisfazione a umiliare"».
Così Giulio Meotti apriva un suo articolo pubblicato da Il Foglio in data 26-03-2004 e ripreso da Informazione Corretta.

Certamente, la frase di Morin non può essere catalogata sotto la voce "critica al governo Sharon". Questa di seguito è l'analisi de Il Mattino sul caso Morin.

La polemica - L'associazione Francia-Israele porta in giudizio il sociologo francese per le critiche su "Le Monde" rivolte alla politica di Sharon e le aperture ai palestinesi

Da vecchio combattente che non teme il cimento delle idee, il sociologo francese Edgar Morin ha esposto con onestà intellettuale la propria coscienza lacerata di ebreo di fronte alla guerra israelo-palestinese. Ne ha scritto su giornali francesi e italiani, ne ha evidenziato il paradosso che nell’Israele di Sharon a tratti sembra riproporre il monito del Deuteronomio - «Quel che è stato può ancora ripetersi» - a ruoli cambiati. Cioé con i soldati dello Stato nato dalla memoria dell’oppressione suprema del XX secolo a vestire panni di oppressori. Ora per uno di quegli articoli, scritto su «Le Monde» con Samir Nair e Danièle Sallenave, Morin è stato portato in giudizio dall’associazione Francia-Israele, accusato di razzismo e apologia del terrorismo. E dall’Italia un gruppo d’intellettuali ha fatto partire un appello in sua difesa, di cui riportiamo uno stralcio qui accanto con le prime firme raccolte.
Nell’appello si evidenzia innanzi tutto l’assurdità dell’accusa di antisemitismo rivolta all’ebreo Morin. «In famiglia non si pronunciava mai la parola "ebrei" ma si diceva los nuestros, termine che comprendeva soltanto gli ebrei spagnoli», annota lui nell’autobiografia I miei demoni (ed. Meltemi), raccontando della propria discendenza da una famiglia di «marrani» cacciati dalla Spagna nel 1492 e trasferiti in Grecia, a Salonicco. E l’ebraismo, in Morin, si è sempre coniugato con l’assoluta libertà di pensiero, rivelata dalle scelte trotzkiste della giovinezza e dall’avversione allo stalinismo che lo portò alla rottura con il Pcf del 1956, anno dell’invasione sovietica dell’Ungheria.
Nell’articolo incriminato, pubblicato con il titolo «Israele-Palestina: il cancro», l’intellettuale francese confuta la tesi israeliana secondo cui le critiche alla politica di Sharon sarebbero un prodotto del vecchio antigiudaismo. «In Francia fin dalla sua nascita si è manifestato un pregiudizio favorevole verso Israele come nazione rifugio delle vittime di un’orribile persecuzione e qundi meritevole di un’attenzione particolare».
Ma, Morin aggiunge, «a poco a poco Israele è stata percepita come uno Stato oppressore e si è determinato un atteggiamento negativo nel confronti della politica dello Stato israeliano: è la politica di Israele che ha causato quest’atteggiamento, non una recrudescenza dell’antico antigiudaismo». E forse più ancora di questo esplicito atto di accusa nei confronti del governo Sharon, a spiacere all’associazione Francia—Israele è stata la parte in cui l’intellettuale si sforza di analizzare le ragioni che conducono un giovane palestinese a diventare kamikaze. Non è, del resto, la prima volta - né sarà l’ultima - che un intellettuale ebreo viene accusato di antisemitismo per aver sostenuto una posizione giudicata tanto aperta alle ragioni dell’avversario di Israele da lambirle: avvenne, negli anni Ottanta, a Noam Chomsky, quando in Francia si formò un movimento di opinione per espellere dall’università Robert Faurisson, il capofila dei negazionisti dell’Olocausto. In verità il grande linguista statunitense non si schierò a favore delle tesi farneticanti di Faurisson, ma del suo diritto alla libera manifestazione del pensiero, qualunque esso fosse, e per questo si vide piovere addosso quell’accusa.
Ora Morin si trova su posizioni non dissimili da quelle di altri quattro celebri intellettuali ebrei che, con Chomsky, sono anche tra i più fieri oppositori della politica di Sharon e del bushismo, cioé Jeremy Rifkin, Susan Sontag, Naomi Klein e Gore Vidal. Il che dovrebbe pur indurre la coscienza già fin troppo lacerata dell’ebraismo mondiale a un confronto capace di allontanarsi dal percorso degli odii contrapposti e dagli effetti della politica partorita dal «mostro bifronte» che Amos Oz ha chiamato «Sharafat».
Segue, come già anticipato nel suddetto articolo, lo stralcio di solidarietà nei confronti di questo sociologo, anzi "maestro":
Appello d’intellettuali in difesa di un maestro

Un appello in difesa di Edgar Morin: lo firmano, per primi, Mauro Ceruti, Alessandro Pizzorno, Gianni Vattimo, Gianluca Bocchi, Emanuela Zonca, Oscar Nicolaus. «Accusare Morin di antisemitismo e di razzismo - dicono - è scandaloso. Innanzitutto perché Morin ha confermato più volte la propria identità ebraica. Il processo a Morin mostra che delle pesanti minacce gravano sulla libertà d’espressione in Francia. Dopo gli attacchi ad Alfred Grosser, Daniel Mermet, Rony Brauman e altri intellettuali, il tentativo di mettere a tacere Morin cerca di porre fine alle critiche a Sharon e alla sua politica. Gli accusatori di Morin sono probabilmente convinti di difendere lo stato israeliano. In effetti, se identificano le azioni del governo israeliano con la comunità ebraica, rischiano di rilanciare l’antisemitismo».
Invitiamo i nostri lettori a dare il proprio giudizio su quanto scritto dal quotidiano napoletano. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail pronta per essere compilata ed inviata.


posta@ilmattino.it

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