Trump: strategia per il Medio Oriente Analisi di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 05 febbraio 2025 Pagina: 11 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Trump vuole dare a Israele uno spicchio di Cisgiordania»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/02/2025, a pag. 11, con il titolo "Trump vuole dare a Israele uno spicchio di Cisgiordania", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Pieno appoggio a Israele da parte della nuova amministrazione Trump. Netanyahu, primo capo di governo ad essere invitato alla Casa Bianca dal nuovo presidente, si aspetta un sostegno maggiore per la guerra al terrorismo e per la pace con l'Arabia Saudita.
Benjamin Netanyahu a destra, Elon Musk a sinistra e Donald Trump al centro.
Tutti sorridenti e rilassati e solo uno di loro, il presidente degli Stati Uniti, con la cravatta al collo. È la foto informale circolata su Internet nelle ore subito precedenti alla visita ufficiale del capo del governo israeliano alla Casa Bianca, primo leader straniero ricevuto dal commander in chief dal suo insediamento lo scorso 20 gennaio.
Un onore non comune concesso al leader di uno Stato piccolo ma importante, l’alleato per eccellenza degli Stati Uniti in una regione sulla quale l’amministrazione Trump torna a scommettere. Il tycoon lo aveva promesso in campagna elettorale: il suo obiettivo è fermare le guerre, di conseguenza il Medio Oriente e l’Ucraina sono oggi in cima alla sua agenda.
AMICO PRIVILEGIATO
Netanyahu da parte sua è arrivato a Washington con molte aspettative: la prima è quella di ricevere carta bianca nel conflitto tra Israele e Hamas. Oggi i due nemici stanno beneficiando di un periodo di tregua (“la fase uno”) che prevede lo scambio di ostaggi, ma di liberazione in liberazione Hamas fa di tutto per mostrarsi agli occhi del mondo come un’organizzazione salda, ancora al timone della Striscia di Gaza.
Uno spettacolo odioso per gli israeliani e del tutto insopportabile per la maggioranza che sostiene il sesto governo Netanyahu: nel momento in cui il cessate il fuoco è entrato in vigore i due partiti più a destra della coalizione hanno minacciato di uscire dalla maggioranza se dalla fase uno si passerà a una tregua di durata anziché riprendere le ostilità fino alla sconfitta della minaccia jihadista. Non è detto però che Donald “il pacifista” benedica una nuova fase di guerra contro Hamas.
Dal presidente degli Stati Uniti Bibi aspetta poi un altro regalo: la pace con l’Arabia Saudita. Anche Riad è un fedele alleato degli Usa che pure non avranno gradito il nuovo orbitare dei sauditi e degli emiratini (ma anche degli egiziani) attorno ai Brics, l’organizzazione delle economie emergenti dominata da Russia, Cina e Brasile.
Durante il suo primo mandato, Trump ha dimostrato di saper mettere pace fra Israele e i paesi del Golfo attraverso gli “Accordi di Abramo”: la pace con Riad è dunque a portata di mano e solo il conflitto con Gaza impedisce a sauditi di siglarla. Benché nemica di Hamas e dell’Iran che arma e finanzia il gruppo terrorista gazawi, alla casata degli al-Saud piace intrepretare il ruolo del nume tutelare dei palestinesi. Per cui permette, per esempio, agli aerei di linea israeliani di sorvolare il suo territorio ma preferisce non dare veste ufficiale alla normalizzazione se prima non nascerà uno stato palestinese.
La sfida per Trump – che all’alleato Bibi ha offerto un incontro informale con Musk, un incontro ufficiale, una conferenza stampa congiunta e una cena di gala – è molteplice: salvare la tregua a Gaza senza far cadere il governo israeliano, avvicinare Riad a Gerusalemme senza però veder nascere uno stato palestinese, oggi un passo inaccettabile per Israele.
Secondo al-Arabiya per quadrare i due cerchi il presidente degli Stati Uniti avrebbe pronto un uovo di Colombo: permettere a Israele di annettere parte della Cisgiordania. Delle conquiste del 1967 (Gaza, Golan, Sinai, Cisgiordania), Israele ha restituito il Sinai all’Egitto (che si è ben guardato dal reclamare Gaza) e annesso parte del Golan mentre ha mantenuto la riva occidentale del Giordano sotto occupazione. Annetterne una parte potrebbe acquietare i due partiti di destra che spingono per una ripresa delle ostilità contro Hamas. D’altro canto, un’annessione anche parziale non controbilanciata dalla nascita di uno stato palestinese potrebbe alienare per sempre la disponibilità dei sauditi.
OSTAGGI A CASA
Nello scacchiere mediorientale nessuna opzione è esclusa, nemmeno la tenuta della tregua è garantita, ha ammesso lo staff di Trump, sottolineando che per il presidente è prioritario «far tornare gli ostaggi a casa».
L’inquilino della Casa Bianca insiste poi con il trasferimento di almeno un milione di palestinesi da Gaza che per lui oggi «non è altro che un sito di demolizione». Qua il problema per Trump è trovare un Paese disposto ad accoglierli. Fra Donald e Bibi, infine, non ci dovrebbe essere nessuna differenza sull’Iran: il regime degli ayatollah è un nemico al quale deve essere impedito di avere la bomba atomica.