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Libero Rassegna Stampa
28.11.2024 Israele non si ritira
Cronaca di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 28 novembre 2024
Pagina: 15
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «La tregua tiene e Israele non si ritira»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 28/11/2024, a pag. 15, con il titolo "La tregua tiene e Israele non si ritira", la cronaca di Amedeo Ardenza.

L'Idf resta nel Libano meridionale, per ora, per controllare che la tregua venga rispettata. Intanto si sbloccano i primi voli passeggeri per Israele, scommettendo che il cessate il fuoco regga. E riprendono anche gli aiuti militari americani che Biden aveva congelato, per fare pressing su Netanyahu (su Israele, più che sul Libano o su Hezbollah)

La WizzAir è fra le prime ad annunciarlo ma se la tregua durerà sarà presto seguita da altre. Ieri la compagnia low-cost ungherese ha reso noto che riprenderà a volare verso l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv a metà dicembre, dopo aver sospeso i collegamenti con Israele nelle scorse settimane, quando le Israel Defense Forces (Idf) avevano dichiarato guerra aperta a Hezbollah.
Lo scorso 6 novembre un missile esploso dalla milizia sciita libanese era caduto nei pressi dello scalo internazionale, interrompendo i voli per una ventina di minuti. WizzAir scommette dunque sulla tenuta dell’accordo per un cessate il fuoco e la graduale pacificazione del sud del Libano e della regione. Saranno gli americani nei prossimi due mesi ad assicurarsi che il sentiero indicato dall’intesa sia seguito: il ritiro degli israeliani dal territorio libanese e il ritorno di Hezbollah a nord del fiume Litani, come stabilito dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1701 del 2006, mai applicata integralmente. Israele non ha fretta di lasciare il territorio e il governo di Gerusalemme ha avvisato la popolazione libanese che, accordo di cessate il fuoco alla mano, non è ancora tempo di tornare villaggi evacuati a ottobre. Ieri le Idf hanno anche sparato colpi di avvertimento contro libanesi che cercavano di avvicinarsi a zone ancora off-limits.
Accanto agli americani anche i francesi avranno un ruolo attivo nell’implementazione della tregua: la Francia rivendica legami antichi con il paese dei Cedri e cerca di non essere espulsa da un territorio che orbita ora attorno all’Iran ora attorno all’Arabia Saudita. Israele dal canto suo non ha particolari simpatie per la diplomazia francese tantomeno per una presenza francese ai suoi confini: nella breve storia dello Stato ebraico le tensione con Parigi sono state numerose, e in più occasioni Parigi ha rifiutato di fornire armi allo Stato ebraico in guerra con i vicini.
Emmanuel Macron ha però ottenuto luce verde da Benjamin Netanyahu offrendo un cambio di linea della Francia sulla richiesta d’arresto spiccata contro di lui e contro il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant da parte della Corte penale internazionale (Cpi). Così, qualche ora dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco, Parigi ha annunciato di non poter arrestare Netanyahu: «La Francia», si legge in una nota del Quai d’Orsay, «rispetterà i suoi obblighi internazionali, fermo restando che lo Statuto di Roma richiede la piena cooperazione con la Cpi e prevede inoltre che uno Stato non possa essere obbligato ad agire in modo incompatibile con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale per quanto riguarda le immunità degli Stati non parti». Un’inversione a U rispetto alle prime prese di posizione di Matignon.
Mercoledì il governo israeliano ha anche annunciato che ricorrerà in appello alla Cpi contro la duplice richiesta di arresto: una decisione dell’ultimo minuto se si considera che la finestra temporale per fare appello si è chiusa alla mezzanotte di ieri. Sul tema è tornato ieri il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani durante il question time alla Camera: «L’Italia ribadisce il proprio sostegno alla Corte Penale Internazionale, che deve esercitare un ruolo giuridico e non politico». In Italia è anche atteso nei prossimi giorni il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, che sarà ricevuto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, e dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Sul piano internazionale la fine delle ostilità è stata salutata con favore da Cina e Russia mentre gli americani puntano adesso a un altro fronte: «Gli Usa eserciteranno un'ulteriore pressione con la Turchia, l'Egitto, il Qatar, Israele e altri per ottenere un cessate il fuoco a Gaza con il rilascio degli ostaggi e la fine della guerra senza Hamas al potere», ha scritto su X il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Ieri il Times of Israel riferiva che l'amministrazione Biden starebbe accelerando la consegna a Israele di un pacchetto di armi da 680 milioni di dollari a Israele, insistendo però sul fatto che la vendita non sarebbe legata all’entrata in vigore del cessate il fuoco tra lo Stato ebraico e la milizia sciita.

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