Israele si concentra sull’Iran Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 27 novembre 2024 Pagina: 15 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Scatta la tregua fra Israele e Hezbollah»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/11/2024, a pag. 15, con il titolo "Scatta la tregua fra Israele e Hezbollah", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Il cammino verso la pace appare lungo ma anche la prima tappa, quella del cessate il fuoco, non è priva di difficoltà.
Attorno alle 19.30 ora italiana il primo ministro d’Israele Benjamin (Bibi) Netanyahu ha annunciato in tivù che avrebbe raccomandato al gabinetto di sicurezza di accettare il compromesso disegnato dall’inviato speciale degli Usa per il Medio Oriente, Amos Hochstein, per una tregua fra le Israel Defense Forces (Idf) ed Hezbollah.
Sì dunque al ritiro di Hezbollah verso nord e a quello di Israele verso sud: entrambi devono lasciare la fascia di terra fra il fiume Litani a nord e la Linea Blu a sud: nell’area dovrà dispiegarsi l’esercito regolare libanese (Laf). Ma Bibi non si è fatto incantare: «Se Hezbollah riarma, spareremo; se Hezbollah si muove verso sud, spareremo; se Hezbollah spara, spareremo: manterremo piena libertà di azione militare in pieno coordinamento con gli Stati Uniti. Per noi la guerra sarà finita quando gli sfollati potranno tornare alle loro case».
SCADENZA ORE 10
La tregua - hanno informato a tarda sera i media isrealiani rilanciando l’annuncio di Joe Biden - è entrata in vigore dalle 3 di stamattina. Ieri le due parti si sono attaccate con una forza senza precedenti.
Le Idf hanno bombardato il sud del Libano e Beirut: solo nella capitale sono risuonati 20 ordini di evacuazione che precedono le bombe delle Idf a caccia degli operativi e dei depositi di Hezbollah.
In Israele la tregua non piace a molti: non ai sindaci delle città e dei villaggi del nord, una regione dalla quale sono scappati dai 60 agli 80 mila ormai ex residenti per non rimanere uccisi dalla pioggia quotidiana di missili e droni esplosivi. Campi abbandonati, kibbutz svuotati, scuole senza bambini sono il paesaggio del nord dall’8 ottobre del 2023, da quando cioè Hezbollah ha ripreso a bombardare il nemico sionista. Una scelta fatta per la dichiarata “solidarietà” della milizia sciita libanese al soldo dell’Iran con i massacratori di Hamas, sunniti al soldo dell’Iran, che il giorno prima avevano messo a ferro e fuoco il sud d’Israele. Proprio per non fare la fine dei loro connazionali del mezzogiorno israeliano massacrati o rapiti da Hamas, gli abitanti del nord hanno fatto fagotto andando a riempire gli hotel e le altre strutture per l’assorbimento degli sfollati nel centro del Paese. La tregua li soddisfa?
No. Nessun israeliano sano di mente crede davvero che Hezbollah, la cui sola ragione di vita è fare la guerra a Israele, possa essere disarmato o reso inoffensivo senza l’uso della forza. La missione stessa del gruppo sciita è resistere a Israele, paese che però non ha contese territoriali con il Libano. A sintetizzare le riserve di chi, sindaco o semplice lavoratore agricolo di un kibbutz, non crede che la tregua targata Hochstein metta il nord in sicurezza ha provveduto l’ex primo ministro Naftali Bennett. In un video, Bennett ha denunciato la mancanza di una chiara zona cuscinetto pianificata in Libano, spiegando che Hezbollah sarà in grado di ricostruire case lungo il confine. Costruzioni che, come già in passato, il gruppo terroristico potrà utilizzare come punto di sosta per un'invasione del nord e come luogo da cui lanciare missili anticarro.
«Hezbollah», ha spiegato Bennett, «ha ancora la sua scorta di decine di migliaia di razzi e può continuare a produrre armi e riarmare». Senza dimenticare di lodare le Idf per come stanno conducendo la guerra contro il gruppo sciita, Bennett ha aggiunto: «Un impressionante risultato militare da parte dei soldati e dei comandanti delle Idf si sta traducendo in un totale fallimento diplomatico della sicurezza».
Sotto il profilo politico va rilevato che se di fatto oggi Bennett è un cane sciolto nel complicato sistema partitico israeliano, se si votasse in queste ore un partito da lui guidato si imporrebbe con 24 seggi, 4 di più del Likud di Netanyahu, pure in recupero di consensi.
DELUSIONE A BEIRUT
Neanche i libanesi sono compatti: a esclusione di Hezbollah, tutte le forze politiche auspicano la fine di una guerra che sta solo peggiorando la già catastrofica situazione del Libano, un Paese in via di sottosviluppo ormai da anni. Come già ampiamente dimostrato con l’assassinio del primo ministro Rafiq Hariri (2005) o stoccando nel porto di Beirut quasi 3mila tonnellate di nitrato di ammonio che sono esplose nel 2020 sventrando il porto, la città, e l’economia nazionale, Hezbollah ha sempre dimostrato di infischiarsene bellamente degli interessi dei libanesi; d’altronde la sua agenda la detta Teheran.
È stato dunque il contrattacco israeliano che ha decapitato la dirigenza della milizia, eliminato migliaia di operativi e distrutto gran parte del micidiale arsenale missilistico a cambiare le carte in tavola: fino a qualche mese fa Hezbollah prometteva che non avrebbe smesso di attaccare Israele in assenza di una tregua fra questo e Hamas a Gaza. Oggi la milizia sciita è scesa a più miti consigli.
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