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Libero Rassegna Stampa
16.11.2024 Chi vuole un autunno caldo
Cronaca di Luca Beatrice

Testata: Libero
Data: 16 novembre 2024
Pagina: 3
Autore: Luca Beatrice
Titolo: «Riappare il gesto brigatista della P38. Non si può fare più finta di niente»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/11/2024, a pag. 3, con il titolo "Riappare il gesto brigatista della P38. Non si può fare più finta di niente" il commento di Luca Beatrice.

Luca Beatrice - Wikipedia
Luca Beatrice

Torino, occupazione della Mole da parte dei collettivi studenteschi, con bandiere rosse e palestinesi. Torino è l'epicentro della protesta di sinistra, sempre più violenta che evoca in modo chiaro un nuovo periodo degli anni di piombo, anche nei gesti e nei simboli. 

Ancora una volta, verrebbe da dire come sempre, è Torino il centro oscuro delle manifestazioni pro Palestina, recitate con messinscene violente e volgari, senza una risposta chiara e netta da parte dell’amministrazione comunale. A Palazzo Civico da tempo immemorabile non c’è una presa di distanza culturale dagli estremismi facinorosi e violenti di quella che rimane comunque una minoranza, seppur rumorosa, prepotente, facinorosa. Torino, e la stampa locale ha le sue responsabilità, strani silenzi, una certa simpatia per i free Gaza magari non manifesta ma non certo negata, è stata scelta come sede ideale per violenze ripetute contro la cosa pubblica, là dove si può mettere a ferro e fuoco il centro cittadino senza particolari rischi e dove l’atteggiamento della politica non va oltre una paternalistica tolleranza: sono compagni, magari sbagliano nei toni, ma restano compagni. Cosa aspettarsi, in fondo, se il sindaco piddino Stefano Lo Russo, persona pur moderata e ragionevole, ha definito mesi fa il centro sociale Askatasuna come un «bene comune»? Per molto, ma molto meno, si è invocato lo scioglimento di centri sociali vicini a CasaPound, anche solo numericamente assai meno pericolosi e alla lunga non così delinquenziali.
In ogni caso, c’è modo e modo di essere di sinistra e se ne sta accorgendo persino la segretaria Elly Schlein anche lei contestata in piazza da militanti della sua stessa area. Forse si starà rendendo conto di aver commesso un grave errore culturale, se non addirittura aver perso un’occasione storica. Una politica più ragionevole nei confronti di Israele avrebbe isolato gli estremisti che invece si sentono protetti, persino giustificati, possono agire impunemente seminando il terrore nelle città. Forse nel suo privato sta bussando l’origine paterna da ebreo aschenazita, forse le radici cominciano ad affiorare. Non si tratta qui di scegliere se ricercare alleanze verso il centro o con i Cinque Stelle, genericamente simpatizzanti dei free Palestine, ma di raccontarla diversamente al suo elettorato, composto da tante persone di sinistra moderata che soprattutto a Torino sono tradizionalmente vicine alla comunità ebraica e che dalla sinistra oggi si sentono abbandonate.
Ieri i manifestanti hanno superato, per l’ennesima volta e stavolta di più, la soglia di tolleranza. Liceali in vacanza, come sempre di venerdì perché le manifestazioni si fanno per attaccarci il fine settimana tra poco sulle piste di sci pagate dai loro genitori, urlano slogan minacciosi contro tutto e tutti, il governo della guerra (quale? Sarebbe il nostro?), i tagli alle università (sempiterno motivo di protesta) che peraltro sarebbero coinvolte nella filiera della guerra e complici del “genocidio” in Palestina perché intrattengono rapporti con Israele. Noi tutti siamo stati studenti, quindi ingenui forse stupidi per definizione ed età, però ci vorrebbe qualcuno che spiegasse loro la differenza tra un governo e un popolo.
Se te la prendi con un governo ci sta, se semini odio contro un popolo sei antisemita, schifosamente antisemita. Proprio come loro.
Seguendo la tradizione delle manifestazioni post-sessantottine, stessi slogan che poi hanno alimentato il terrorismo, giusto non dimenticarseP38 ne, c’è sempre il ministro dell’Istruzione al centro dei violenti improperi e questa volta è toccato a Giuseppe Valditara fare la fine del fantoccio bruciato. Non preoccupano tanto gli insulti al premier quanto alcune inquietanti iconografie a far capolino tra una kefiah e un passamontagna (non faceva freddo, non c’era bisogno, cosa significava dunque?): il segno della P38 di brigatista memoria che rimanda al periodo più oscuro nella storia della Repubblica, da non ripetere, da frenare, condannare e punire almeno quanto un saluto romano.
Gli sfaccendati del venerdì travestiti da studenti- ma attenzione, le infiltrazioni sono evidenti- si sono come sempre dedicati al loro shopping distruttivo. Irruzioni al McDonald e Burger King che saranno imperialisti ma intanto mangiamoci un panino, attacchi alle sedi di Intesa Sanpaolo e Gucci, pugni contro le camionette della polizia (chiamata responsabilmente a non intervenire), e infine l’arrivo in Mole Antonelliana, sede del Museo del Cinema che, in quanto Nazionale, espone la bandiera italiana. Ammainata e sostituita da un vessillo palestinese. Ovviamente queste persone dal loro Paese, insultato, vituperato, violentato, si aspettano un posto di lavoro, gli ammortizzatori sociali e la pensione. Avessero viaggiato, o anche solo letto qualche libro, visto qualche film, capirebbero sfumature che al momento sfuggono. Iattura fatale per la società e per le loro famiglie, non si rendono conto dove va il mondo, in un’altra direzione comunque senza di loro.
E il 29 novembre si replica, altra manifestazione prevedibilmente violenta, anche questa di venerdì. Settimana corta, le tradizioni giuste le rispettano anche gli pseudorivoluzionari.

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