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Libero Rassegna Stampa
22.09.2024 La sinistra marcia
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 22 settembre 2024
Pagina: 1/3
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «La sinistra marcia»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 22/09/2024, a pag. 1/3, con il titolo "La sinistra marcia", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

La marcia della pace di Assisi, indetta dai partiti di sinistra italiani, andrebbe chiamata, più correttamente, "marcia della resa" ai dittatori che attaccano le democrazie. Perché solo alle democrazie si chiede di cessare il fuoco e di deporre le armi.
 

Ma no, non chiamatela “Marcia della pace”. Chiamatela direttamente “Marcia della resa”: a dittatori, islamisti e nemici della libertà. Oppure, per sintetizzare: “Marcia contro l’Occidente”. Così facciamo prima e mettiamo subito a fuoco gli obiettivi (speriamo involontari e inconsapevoli) di molti tra i convocatori e i partecipanti.
Qualcuno potrebbe obiettare: ma cosa volete che dicano e facciano i pacifisti? Ovviamente si dichiarano perla cessazione delle ostilità in qualsiasi teatro bellico. E l’argomento – apparentemente – non fa una grinza. Ma basta pensarci un attimo, strappare il velo dell’ipocrisia, e si arriva al cuore della questione: tutti siamo astrattamente per la pace, nessuno può augurarsi un orizzonte di guerra, e però il punto – uscendo dagli slogan – è capire volta per volta chi sia l’aggressore e chi l’aggredito, chi stia operando per neutralizzare i terroristi e chi invece per alimentarli e rafforzarli, chi abbia in mente un esito di libertà e democrazia e chi invece punti a consolidare ed estendere l’area delle autocrazie, della negazione delle libertà, o addirittura dell’aggressione contro gli stati democratici vicini.

PAROLE IN LIBERTÀ

Ecco: scorrendo le dichiarazioni dei principali esponenti della sinistra, ieri ad Assisi, queste elementari preoccupazioni appaiono pressoché inesistenti.
Prendi Giuseppe Conte, che – contro Israele – straparla di «un crimine di stato» e di «una delle pagine più ignobili dal dopoguerra ad oggi». Come se Gerusalemme non dovesse misurarsi con il tentativo terroristico di cancellazione della propria entità statuale: obiettivo esplicito di Hamas, Hezbollah e della vera testa del serpente mediorientale, cioè il regime degli ayatollah iraniani.
Quanto alla Russia di Putin, Conte – da sempre – ha solo petali di rose da lanciare: non è l’unico in Italia, purtroppo, ma lo zelo dei grillini non teme concorrenza.
Prendi Nicola Fratoianni: «Bisogna ribellarsi alla rassegnazione e all'indifferenza», dice. Ah sì? E infatti lui – per non confondersi – sta sempre dalla parte sbagliata, sia in Medio Oriente che in Est Europa.
Ma prendi soprattutto Marta Bonafoni, la coordinatrice della segreteria nazionale del Partito Democratico, vicinissima a Elly Schlein, che fa la vaga e sfarfalleggia così: «Siamo incastrati dentro un dibattito “armi sì, armi no” che porta solo ad un vicolo cieco, perché sia chi è contro sia chi è a favore della guerra è diventato comunque esperto di armi».
Le sfugge solo il piccolo “dettaglio” – per limitarci a un solo esempio – che qualcuno abbia usato le armi per fare la strage del 7 ottobre e qualcun altro per impedire che eventi del genere possano ripetersi.
È perfino mortificante questa rassegna di omissioni, di ipocrisie, di piccole furbizie, di escogitazioni lessicali per sfuggire al nocciolo della questione. Le amare conclusioni da trarre sono purtroppo due. La prima: a sinistra queste posizioni sfacciatamente anti-occidentali sono oggi maggioritarie, dominanti, appartengono alla cabina di guida del convoglio progressista. Conte detta la linea (pro Pechino, pro Teheran, pro Mosca), Fratoianni e compagni sono naturalmente in sintonia, e il Pd è totalmente succube di questa deriva. Ormai le posizioni di segno diverso, di minima consapevolezza residua della metà campo geopolitica in cui l’Italia dovrebbe invece essere collocata, sono a sinistra ridotte al rango di opinioni personali, di casi di coscienza. Sono ormai i Tarquinio e le Strada a dare il tono alla musica e a dirigere gli smarriti orchestrali: e c’è perfino da sorridere nel ripensare a chi sosteneva, ai tempi della composizione delle liste per le Europee, che quei due eurodeputati avrebbero rappresentato un’eccezione isolata, un posizionamento laterale ed eccentrico. Tutto il contrario: sono loro al centro della scena, mentre le poche personalità pro-Occidente della sinistra sono costrette a fornire spiegazioni, quasi a giustificarsi. Intendiamoci: anche a destra ci sono purtroppo – qua e là, nei tre partiti – oscillazioni e timidezze. Ma nulla di paragonabile al vero e proprio paradigma affermatosi nel campo largo.

L’INCUBO

E qui si arriva alla seconda conclusione: ve la immaginate questa allegra comitiva di nuovo a Palazzo Chigi? Ve la figurate la gestione delle crisi in Ucraina e in Medio Oriente affidata al “gruppo di lavoro” Conte-Fratoianni-Bonafoni?
L’Italia si ritroverebbe automaticamente collocata tra i “paria” del mondo, in un’area di ambiguità se non addirittura di sostegno esplicito al nuovo asse del male Pechino-Teheran-Mosca. E si tratta di una scelta di fondo che non può essere più celata nemmeno dalle potenti cortine fumogene prodotte dai giornali (quasi tutti, con tre o quattro eccezioni) che fiancheggiano il campo largo.

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