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Libero Rassegna Stampa
21.04.2024 Iniziati i lavori per la gran chiassata del 25 Aprile
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 21 aprile 2024
Pagina: 13
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «Riecco il pericolo fascista. Il governo non abbocchi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 21/04/2024, a pag. 13, con il titolo "Riecco il pericolo fascista. Il governo non abbocchi", il commento di Daniele Capezzone.

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Giorgia Meloni, quanti test di democrazia deve passare prima che si smetta di considerarla fascista? La sinistra, a corto di idee e priva di successi elettorali, come era ampiamente prevedibile sta tornando a parlare di "pericolo fascista". Eppure il Msi si è sciolto con la svolta di Fiuggi 29 anni fa e la Meloni stessa ha condannato tutte le politiche fasciste.

Con la sinistra italiana, azzeccare il pronostico è fin troppo facile: basta prevedere il peggio. La settimana scorsa – con largo anticipo, ed era una scommessa già vinta in partenza – Libero vi aveva anticipato quale sarebbe stato il consueto refugium peccatorum: organizzare una gran chiassata antifascista in nome del 25 aprile. Non c’era e non c’è altro da mettere sul piatto per i nostri progressisti: l’Abruzzo è stato perso, la Basilicata non promette bene, la spallata al governo chi l’ha vista, il campo largo è defunto, Conte bullizza la povera Schlein (sempre più “assolta per non aver compreso il fatto”). E allora che si fa? Tre, due, uno: si grida al fascismo. E tutti gli sforzi sono volti a quella che potremmo chiamare la creazione del clima: hanno iniziato con il (non imperdibile) libro di Valentina Mira candidato allo Strega e trasformato in “caso”, e hanno proseguito, come Libero vi racconta oggi, con la sceneggiata del duo Bortone-Scurati. Sarà il caso, e ci auguriamo di scriverlo qui per l’ultima volta, che la destra non cada in queste trappolette, in queste mistificazioni ormai prevedibili, anche perché – ecco il punto – gli esami di antifascismo non finiscono mai. Per la sinistra, tutto può essere descritto come “fascista”, dal premierato a una politica minimamente rigorosa in materia di immigrazione. Morale: la mobilitazione antifascista dei progressisti deve essere perenne. Ora, in particolare nei confronti di Giorgia Meloni e della tradizione politica da cui proviene, certe accuse appaiono davvero incongrue e fuori tempo massimo. Non voglio nemmeno risalire al fatto che il Movimento sociale italiano abbia regolarmente espresso i suoi rappresentanti in Parlamento dal 1948 al 1994: e quindi non si capisce perché oggi – con curioso effetto retroattivo – si debba negare legittimazione democratica a coloro a cui la Repubblica italiana l’ha comunque garantita per quasi cinquant’anni. Ma – e questo dovrebbe chiudere ogni dibattito – i conti con il fascismo sono stati regolati una volta per tutte dai discendenti di quella famiglia politica all’inizio del 1995, ormai quasi trent’anni fa, attraverso quella che fu chiamata “svolta di Fiuggi”. Fu sciolto il vecchio partito, nacque Alleanza nazionale con la guida di Gianfranco Fini, e nelle tesi approvate in quella circostanza furono inserite parole definitive: «È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato». Avete letto bene: l’antifascismo definito “essenziale” per il ritorno dei valori democratici che erano stati “conculcati”. Non solo: seguì nel 2003 il viaggio di Fini in Israele, con altre parole fortissime sul fascismo, sulle leggi razziali, su Salò.

PAROLE INEQUIVOCABILI

Ecco: la giovanissima Meloni fu prima militante, poi dirigente, poi parlamentare e vicepresidente della Camera e quindi ministro, espressa da quel movimento politico, di cui condivise il percorso e la crescita. Successivamente, assunta la guida di Fratelli d’Italia, fino all’arrivo a Palazzo Chigi, non si contano le circostanze in cui la Meloni stessa ha pronunciato parole inequivocabili, anche visitando la comunità ebraica, commuovendosi nel ricordo delle pagine piu buie degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. A mero titolo di esempio, ecco un passaggio eloquente del discorso della Meloni alla Camera in occasione della prima fiducia ottenuta in Parlamento dal suo governo: «Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». E poi: «Ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del Novecento hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli stati europei». Conclusione: «L’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta, e non si compensano con altri orrori e altri crimini. Nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta». E non finisce qui. Stavolta facciamo un salto in avanti di sei mesi. Al termine di un periodo di polemiche roventi, la mattina del 25 aprile 2023, l’anno scorso, la Meloni ha preso carta e penna indirizzando una lettera cristallina al Corriere della Sera: «Da molti anni, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo». E poco dopo: «Il 25 aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni antiebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale». Conclusione del ragionamento: «Il frutto fondamentale del 25 aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva conculcato [ndr: qui Meloni usa, e non può essere un caso, esattamente la stessa espressione che abbiamo citato prima dalle tesi di Fiuggi] e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana». In tutta franchezza, un testo ineccepibile. E invece anche in quel caso, anziché concludersi, la polemica è stata perfino rinfocolata, con obiezioni surreali e pretestuose: la lettera – è stato detto da sinistra – constatava la sconfitta del fascismo ma non conteneva una professione di antifascismo. La verità è che ogni volta – per i soliti media e gli avversari politici – non basta mai e l’asticella continua a salire. Non c’è condanna che basti, non c’è parola che sia sufficiente, non c’è atto politico che chiuda una pagina, un capitolo, un libro. E così, la “commissione d’esame” è sempre pronta a nuovi scrutini. Peccato che a fianco di quella “commissione di sinistra” (e in qualche caso perfino tra i suoi membri più implacabili e scatenati) ci siano pure coloro che, quasi ad ogni 25 aprile, tacciono quando la Brigata ebraica viene regolarmente contestata. E quest’anno, come si sa, sarà anche peggio, tra le minacce esplicite dei “pro Palestina” e gli zelanti inchini di troppi nei confronti della dittatura iraniana, quella che vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della terra: sarà un autentico festival di antisemitismo. È il trionfo – a sinistra – dell’ipocrisia e del doppio standard, della cattiva coscienza che pretende di esaminare la coscienza degli altri. A destra, dunque, si passi oltre e si faccia ciò che gli italiani attendono dal governo.

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