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Libero Rassegna Stampa
27.01.2024 Gli anti Israele sfidano il blocco del 27 gennaio

Commento di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 27 gennaio 2024
Pagina: 5
Autore: Fausto Carioti
Titolo: «Gli anti-Israele sfidano il blocco»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/01/2024, a pag. 5, con il titolo "Gli anti-Israele sfidano il blocco", il commento di Fausto Carioti.


Fausto Carioti


L'immondo manifesto delle organizzazioni palestinesi che paragona la Shoah alla guerra a Gaza. Da notare che nelle mappe riportate nei loro simboli Israele è cancellato: un evidente annuncio genocida, il loro.

Auguri non retorici ai nostri uomini in divisa. Oggi rischiano di avere davanti chi inneggia all’odio antisemita e cerca l’incidente. La provocazione è già nella data: il 27 gennaio, in tutto il mondo, è la giornata della Memoria, in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei da parte dai nazisti. Una missione che adesso appartiene ai volenterosi carnefici di Hamas. Dunque, se c’è un giorno dell’anno in cui non si deve scendere in piazza contro Israele e per fiancheggiare Hamas, è proprio questo. Per rispetto di quei milioni di morti, e se il rispetto manca per questioni di ordine pubblico. Sono previste commemorazioni della Shoah in quasi tutte le città italiane. Concerti, letture, musei dell’ebraismo aperti: la contemporaneità di questi eventi e della stessa ricorrenza con i cortei di chi difende gli assassini, i rapitori e gli stupratori del 7 ottobre è pericolosissima, ma è proprio questo pericolo che stanno cercando di creare alcuni gruppi palestinesi in Italia, i centri sociali ed i collettivi di sinistra che si accoderanno a loro. La stessa Giorgia Meloni ammette l’apprensione: «È una questione che ci preoccupa abbastanza in questo momento, al di là del merito della manifestazione, perché in Italia rispettiamo il diritto di manifestare». Il ministro Matteo Piantedosi, i questori ed i prefetti hanno fatto il possibile per evitare che gli anti-israeliani scendessero nelle piazze oggi. Non hanno chiesto di cancellare le proteste, ma di spostarle, anche di sole ventiquattr’ore. Ci sono stati contatti con i capi e i capetti dei gruppi dei palestinesi, sino all’ultimo. E solo quando si è capito che la persuasione non funzionava, al Viminale hanno dovuto cambiare metodo. Così, ieri mattina, i questori di Roma, Milano, Napoli e altre dieci città hanno consegnato ai promotori delle manifestazioni previste nei loro territori il provvedimento con cui si decreta che l’iniziativa potrà svolgersi in un’altra data, «già a partire dal 28 gennaio». Una prescrizione, non un divieto: i cortei sono autorizzati, si potrà inveire in pubblico contro Israele, ma non oggi. La promotrice della manifestazione di Roma è Maya Issa, presidente del movimento studenti palestinesi di Roma: la ragazza finita alle cronache per aver giustificato i massacri di Hamas con la frase «è umano vendicarsi». Ricevuta la prescrizione, ha replicato che quella del Viminale «è una decisione che aumenta la rabbia», senza promettere nulla di preciso: «Ci riserveremo di decidere se manifestare domenica 28, ma non possiamo garantire che non ci siano persone che domani (ossia oggi, ndr) scendano comunque in piazza». A Napoli Omar Suleiman, rappresentante della comunità palestinese locale ed ex referente dell’Olp, risponde al governo che «vietare le manifestazioni è un gesto antidemocratico che limita la libertà». Dal capoluogo campano, la Rete per Palestina ha già annunciato che sfiderà «i divieti di Piantedosi». A Milano c’è il presidente dell’associazione palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun: ha legami riconosciuti con Hamas ed è stato filmato in compagnia di terroristi. Dice che i suoi rispetteranno l’ordinanza, il corteo milanese sfilerà domenica, ma avverte che i Giovani palestinesi sono un gruppo diverso e «pretendono di manifestare nelle date previste». «GOVERNO FASCISTA» I giovani palestinesi sono le teste più calde. Ripetono che il giorno giusto è oggi e si sono dati appuntamento a Milano, Roma, Napoli e Cagliari. «È la memoria», scrivono nei loro appelli sui social network, «che ci impone di scendere in piazza il 27 contro un governo alleato dei criminali sionisti». Accusano l’esecutivo di essere «fascista», proprio come fanno i collettivi comunisti italiani, anche loro della partita. «Sfideremo i divieti di Piantedosi», promette Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo. Nessuna reazione dal Pd, ma non è una novità. Gli ebrei italiani hanno dimostrato il loro senso di responsabilità rinunciando alle tradizionali “maratone della Memoria” che erano previste in molte città. Non erano tenuti a cancellarle, né il governo lo aveva chiesto. Lo hanno fatto perché non si sentivano sicuri. Comprensibile: di fanatici convinti che Israele sia il primo dei mali del mondo e incapaci di distinguere gli ebrei da Israele sono piene le strade, le scuole e le università italiane (cattedre incluse). E garantire la sicurezza lungo i percorsi di quelle maratone avrebbe richiesto allo Stato un uso massiccio di uomini e mezzi. Mentre chi scende in piazza oggi per manifestare contro Israele e gli ebrei è animato dal sentimento opposto: l’impunità. «Se qualcuno va in piazza violando le regole se ne assume la responsabilità», avvisano al ministero dell’Interno. I presidi di sicurezza nelle città sono stati rafforzati e ieri sera Piantedosi ha lanciato un ultimo appello dai microfoni del Tg1: «In molti casi gli organizzatori hanno manifestato buon senso, ritirando volontariamente l’organizzazione delle manifestazioni. Non vedo perché questo buon senso non debba estendersi a tutti».

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