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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Libero Rassegna Stampa
12.01.2024 La risposta di Bibi: in un sito l’orrore del raid di Hamas
Commento di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 12 gennaio 2024
Pagina: 13
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «La risposta di Bibi: in un sito l’orrore del raid di Hamas»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 12/01/2024, a pag.13 con il titolo "La risposta di Bibi: in un sito l’orrore del raid di Hamas", il commento di Andrea Morigi.
 
Princìpi non negoziabili» e Destra -
Andrea Morigi

Il sito che racconta gli orrori del 7 ottobre è ora visibile a tutti. Da consigliare ai negazionisti di oggi.

A tre mesi dallo sterminio degli ebrei, Israele mette online le immagini e i filmati più cruenti con l’obiettivo di «ricordare al mondo che siamo la vittima in questo evento di terrore senza precedenti», spiega Moshik Aviv, capo della direzione Diplomazia Pubblica del governo di Gerusalemme. Una scelta differita e anche sofferta, che in un primo tempo era stata sospesa per rispetto dei parenti delle vittime e degli ostaggi. A nessuno piace assistere a scene di tortura. Perciò, «si consiglia la massima cautela da parte dello spettatore. Questi video non dovrebbero essere visti dai bambini o da chiunque non sia psicologicamente preparato ad assistere alla cruda realtà delle atrocità commesse da Ha mas». Eppure, un impatto anche emotivamente duro con la realtà può rivelarsi necessario per non confondere gli aggrediti con gli aggressori. Ecco perché è stato reso pubblico in lingua inglese sul sito https://saturday-october-seven.com/ un passaggio cruciale della storia, a testimonianza perenne dell’odio islamico contro il popolo eletto da Dio: «7 ottobre - Il massacro di Hamas - documentazione dei crimini contro l’umanità». I corpi decapitati e mutilati di agenti della sicurezza israeliani, presi a calci e calpestati in un bagno di sangue, le teste mozzate dalle quali sono stati cavati anche gli occhi, non sono la banale quotidianità della guerra. Chi ne ha raccolto le fotografie, come anche chi ha assistito ai macabri video delle decapitazioni dell’Isis negli anni scorsi, non potrà mai più dimenticarlo.

KIBBUTZ INSANGUINATI

E si può anche legittimamente discutere sull’opportunità di diffondere in rete quelle immagini che peraltro già circolavano ampiamente in tutto il mondo. C’è chi teme si faccia propaganda al terrorismo, che ha come scopo precipuo quello di terrorizzare. Ci si può anche astenere dallo spettacolo grand-guignol, purché non sia per viltà, e nel frattempo si maturi la consapevolezza che, quando si sente risuonare il grido di Allah Akbar! nei kibbutz ridotti a un macello, con i cadaveri, sventrati dalle pallottole, che coprono per intero il pavimento dei rifugi sotterranei, si tratta di quella stessa invocazione religiosa urlata dagli assassini che hanno sgozzato preti in Francia, pugnalato passanti in Germania e in Belgio, che si sono fatti esplodere in America e in Spagna, hanno sparato a giornalisti, staccato il capo a insegnanti, schiacciato bambini sotto le ruote di camion e furgoni. Non solo in Occidente, ma anche in Pakistan, nelle Filippine, in Cecenia, sulla sponda meridionale del Mediterraneo e soprattutto in Nigeria, Somalia, Sudan. È il conflitto mondiale scatenato per eliminare i cosiddetti “infedeli” che non si decidono mai a convertirsi alla salmodia del Corano.
Senza trascurare l’epilogo: chi si lamenta e denuncia l’intolleranza e la volontà omicida dei tagliagole finisce per essere accusato di islamofobia e quindi subisce a sua volta una fatwa che per la sharia equivale a una condanna a morte.
Mostrare i resti carbonizzati di persone anziane e di ragazzi, arsi vivi dai loro carnefici mentre tentavano di fuggire, mostrare seni e genitali recisi, forse scandalizzerà coloro che credono di risolvere i conflitti soltanto mediante candeline e pupazzetti da piazzare nei luoghi della memoria e del lutto. E forse non sarà nemmeno efficace per riportare alla ragione quanti intendono accusare Israele di genocidio, poiché compiono un percorso con una tappa obbligata: ignorare o negare gli avvenimenti di cronaca.
Che invece «sono un dato di fatto. Sono supportati dalle prove recuperate e raccolte qui. Non cadete nella disinformazione e nella distorsione mediatica di Hamas», si legge nel comunicato che ricorda gli oltre mille civili innocenti massacrati e più di 200 rapiti il 7 ottobre quando Hamas ha invaso Israele da Gaza, «con un massiccio attacco terroristico a sorpresa contro i civili via aria, terra e mare».

FIRMA JIHADISTA

All’analogia, spesso richiamata, della guerra santa islamica con la tragedia della shoah, manca un elemento. La differenza fra i nazionalsocialisti, che tentarono di cancellare la genesi e l’evidenza dell’Olocausto, e gli attuali jihadisti è che questi ultimi hanno firmato (e filmato) i loro abominii, per evitare che altri musulmani se ne attribuissero l’orrendo merito. Fra gli sciiti iraniani e libanesi e i sunniti palestinesi è in atto una contesa per attribuirsi la paternità delle recenti stragi e, perciò, anche la leadership del mondo islamico. Così, «i terroristi di Hamas hanno filmato le loro barbare atrocità con body camera e telefoni cellulari, per mostrare con orgoglio i loro crimini e vantarsene. Molte di queste telecamere sono state recuperate dai corpi dei terroristi neutralizzati». Del resto fu proprio Maometto nel 627 a ordinare l’eccidio per decapitazione degli odiati giudei della tribù dei Banu Qurayza. I suoi seguaci più zelanti, per imitarlo, hanno deciso di seguirne le orme anche a 1.400 anni di distanza, come se la civiltà non avesse visto progressi di sorta. Se gli ebrei si sono attrezzati per difendersi, non sembra proprio il caso di biasimarli. Perché stanno indicando una strada a tutti i popoli del mondo.
 
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