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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Libero Rassegna Stampa
11.01.2024 Egitto e Paesi del Golfo non sostengono Hamas
Commento di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 11 gennaio 2024
Pagina: 15
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Anche gli arabi ora tifano per Israele»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 11/01/2024, a pag. 15, con il titolo "Anche gli arabi ora tifano per Israele", il commento di Amedeo Ardenza.

Raphael Gershon MD MBA on LinkedIn: The only democracy in the Middle East
Dopo il 7 ottobre gli arabi israeliani si sentono più vicini a Israele. Ennesimo schiaffo alla speranza di Hamas di scatenare una rivolta del mondo arabo contro Israele

C’è chi lo chiama il pogrom del 7 ottobre, chi la mattanza. Gli israeliani non hanno ancora trovato un nome per la strage di 1.200 civili compiuta nel sud del paese dai terroristi di Hamas. Di recente il professor Sergio Della Pergola, demografo emerito dell’Università di Gerusalemme, nato a Trieste, laureatosi a Pavia ed emigrato nello stato ebraico nel lontano 1966, l’ha chiamata «la seconda Guerra d’Indipendenza».
Come nel 1948 Israele è minacciato da quasi tutto il mondo arabo più vicino: Hamas a sud, Hezbollah a nord, il Jihad islamico a est; ma missili sono piovuti anche dalla Siria, dall’Iraq e financo dal lontanissimo Yemen.
Il quadro bellico ha oscurato la reazione degli arabi israeliani che costituiscono il 20 per cento dello Stato ebraico fondato nel 1948. Sono passati così in sordina alcuni sondaggi condotti dall’Israel Democracy Institute di Gerusalemme. Rilevazioni sorprendenti, secondo cui mentre metà della regione prende di mira Israele, la grande maggioranza della sua minoranza araba sposa le battaglie dello stato. Così se per il 94% degli israeliani ebrei la priorità la liberazione dei 136 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, lo stesso obiettivo è definito prioritario dal 66% dei cittadini arabi. E, curiosamente, si legge ancora nei dati diffusi lo scorso dicembre, mentre solo l’8% degli ebrei ritiene prioritario ripristinare la deterrenza d’Israele nella regione, la percentuale balza al 21% per il campione della popolazione araba.

APPARTENENZA

Notevole anche il precedente sondaggio dell’Israel Democracy Institute: in una rilevazione di novembre la percentuale di arabi israeliani che dichiarava di «sentirsi parte d’Israele» era arrivata al 70%, un vero e proprio balzo in avanti rispetto al 48% misurato il giugno precedente.
La sorpresa è però facile da spiegare: tutti i nemici di Israele sopra elencati – a inclusione di almeno cinque sigle in Iraq, due in Siria, due in Bahrein e gli Houthi in Yemen – sono pedine mosse dall’Iran contro l’entità sionista” nel linguaggio del clero sciita al potere a Teheran dal 1979. Non è dunque un caso che, mentre a parole condannano i bombardamenti su Gaza, i sauditi, rivali di Teheran nella regione, abbiano abbattuto un missile a lungo raggio lanciato dallo Yemen contro Israele. E se pure la pace fra Israele ed Egitto rimane fredda, il governo del Cairo, anch’esso ostile a Teheran, si guarda bene dallo spargere benzina sul fuoco del conflitto.
Lo stesso fanno gli arabi israeliani: liberi di usare la loro testa si oppongono ai veri terroristi nella regione. Lo stesso desiderio anima i libanesi la cui speranza è che Hezbollah, impegnata da settimane in una guerra a bassa intensità sul confine meridionale, non trascini il paese in un conflitto distruttivo con Israele.
Fra i due blocchi – pro e contro l’Iran – si inserisce infine il Qatar: l’emirato guidato dalla famiglia al-Thani continua nella politica dei due forni: dà ospitalità alla dirigenza di Hamas, che finanzia, ma si propone anche come mediatore perla risoluzione del conflitto in corso.
Secondo l’emittente israeliana Channel 13, il governo di Doha starebbe lavorando a un piano per ottenere la liberazione degli ostaggi in cambio, fra l’altro, di un salvacondotto per la dirigenza di Hamas che dalla Striscia sarebbe trasferita in qualche esilio dorato come quello, per esempio, del capo del gruppo terrorista, Ismael Haniyeh.

TRASFERIMENTO

Considerato uno degli uomini più ricchi al mondo, Haniyeh ordisce la guerra che si gioca sulla pelle di israeliani e palestinesi dagli alberghi extralusso di Doha dove vive dal 2019. A indicargli la strada del Qatar è stato il suo predecessore alla guida di Hamas, Khaled Meshaal: cacciato dalla Giordania da re Abdallah II nel 1999, Meshaal ha vagato fra le capitali arabe fino al 2012 per poi stabilirsi in Qatar. I movimenti dei capi di Hamas e la costante pianificazione di attacchi contro Israele non sono sfuggiti alla popolazione araba dello stato ebraico. E mentre il mondo accusa Israele di apartheid, il paese si fa sempre più compatto contro il terrore e i suoi campioni da hotel a sei stelle.

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