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Libero Rassegna Stampa
04.12.2023 Ora Israele ha fretta di vincere
Commento di Amedeo Ardenza

Testata: Libero
Data: 04 dicembre 2023
Pagina: 4
Autore: Amedeo Ardenza
Titolo: «Ora Israele ha fretta di vincere»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/03/2016, a pag. 17, con il titolo "Ora Israele ha fretta di vincere", il commento di Amedeo Ardenza.

Israele, la sfida di Benny Gantz: il generale anti Netanyahu

Benny Gantz

Diecimila incursioni aeree da quando gli israeliani sono entrati a Gaza, 400 delle quali compiute nella sola giornata di ieri. È stata Hamas a rompere la tregua venerdì scorso – una tregua utile allo scambio fra ostaggi israeliani e detenuti palestinesi condannati per terrorismo – ma le Israeli Defense Forces (Idf) non si sono fatte trovare impreparate. Anzi, alla ripresa delle ostilità hanno cominciato a colpire anche Khan Yunis, città e campo profughi nel sud della Striscia. Pochi giorni di tregua, insomma non hanno fatto cambiare idea al governo di Benjamin Netanyahu. L’esecutivo di destra allargatosi dopo il pogrom del 7 ottobre al centrosinistra dell’ex generale Benny Gantz appare sempre più determinato a portare avanti la guerra al Movimento islamico di resistenza (Hamas) fino alla sconfitta dello stesso. Un’operazione da concludere il più rapidamente possibile per una serie di motivi. Il primo: le Idf sono forze armate popolari; gli ufficiali di carriera, in altre parole impartiscono ordini a centinaia di migliaia di giovani uomini e donne della riserva nazionale (360mila i richiamati negli ultimi due mesi). I governi lo sanno bene e cercano di contenere al massimo il numero dei caduti. Fare presto è vitale – e la guerra contro Hamas non appare né semplice né rapida. INCOGNITA AMERICANA In secondo luogo, Israele è spalleggiato da parte dell’Europa ma soprattutto dagli Stati Uniti. Negli Usa però si vota fra un anno, e i democratici non vogliono arrivare alle urne con due fronti aperti: uno in Ucraina e uno in Medio Oriente. E la Casa Bianca chiede già a Israele di limitare le perdite palestinesi, un obiettivo più facile da enunciare che da mettere in pratica in un angolo della terra in cui i terroristi si usano i civili come scudi umani. In terzo luogo, chiudere i conti con Hamas, ossia rendere il movimento islamico non più in grado di nuocere, permetterebbe al Paese di riprendere possesso dei distretti meridionali abbandonati dopo il 7 ottobre. Dopo la fuga degli abitanti dal sud del Paese, l’agricoltura d’Israele è da settimane nelle mani dei volontari. Ecco perché le Idf hanno fretta di smantellare la rete dei tunnel come anche quella dei leader di Hamas. Leader che, sia quelli locali sia il numero uno di Hamas, Ismail Haniyeh, rimangono ben nascosti i primi a Gaza, il secondo in Qatar, consapevoli di essere sulla lista delle persone da eliminare stilata dal governo di Gerusalemme. Eliminazioni mirate affidate alle Idf a Gaza e ai servizi di intelligence quando l’obiettivo è sul suolo di un altro paese. C’è poi la questione degli sfollati: non ci sono sole alcune centinaia di migliaia di palestinesi che dal nord della Striscia si sono trasferiti nel sud della stessa su aperta sollecitazione israeliana – «andatavene perché bombarderemo le zone dove abitate»; in Israele circa 200 mila persone sono ospiti di alberghi e altre strutture: si tratta in gran parte di cittadini del sud fuggiti davanti alla barbarie di Hamas ma anche di migliaia di abitanti del nord, a ridosso del Libano, scappati per non fare la stessa fine dei loro concittadini del sud. Ieri dodici israeliani sono stati ricoverati all’ospedale di Safed, a nord, dopo essere stati feriti da un missile antitank esploso da Hezbollah, il potente alleato dell’Iran nel sud del Libano. GLI ALTRI SEQUESTRATI Sul piano internazionale, infine, mettere fine al conflitto con Hamas permetterebbe a Israele di riprendere il suo cammino di avvicinamento all’Arabia Saudita e al resto del mondo arabo moderato oggi sostenitore a parole dei palestinesi ma molto contrariato per l’alleanza fra gli estremisti sunniti di Gaza e il fondamentalismo sciita dell’Iran. Resta poi aperta la questione degli ostaggi. Sono almeno 130 quelli ancora nelle mani di Hamas: aumentare la pressione sui terroristi è una strada che Israele tenta per ottenere la liberazione dei rapiti. Non senza una dose di realismo: nelle ultime 72 ore le autorità israeliane hanno dichiarato che sette persone sono decedute durante la prigionia nella Striscia: sei civili e un colonnello dell’esercito

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