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Libero Rassegna Stampa
04.05.2010 Novara vieta il burqa. E il resto dell'Italia?
Cronaca di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 04 maggio 2010
Pagina: 1
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «Cinquecento euro di multa perché ha il burqa»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 04/05/2010, a pag. 1-17, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Cinquecento euro di multa perché ha il burqa ".

La notizia della donna multata a Novara perchè indossava un burqa è stata trattata da tutti i quotidiani italiani. Il CORRIERE della SERA ha puntato la cronaca sulla condizione della donna - vittima, ma, incredibilmente, non del marito, del sindaco leghista di Novara. Mentre il commento di Isabella Bossi Fedrigotti mette in rilievo come in Italia, a differenza di ciò che sta succedendo in Belgio e Francia, manchi una legge che stabilisca quali provvedimenti prendere contro il burqa. Tutto è lasciato all'iniziativa dei sindaci, perciò in alcune città (come Bergamo, Como, Novara) il burqa è vietato, in altre no. Questo fattore contribuisce a diffondere un'immagine di Italia debole e disunita persino per quanto riguarda il riconoscimento dei valori e dei diritti da garantire ad ogni cittadino.
Contro il burqa si sono schierati tutti i quotidiani, tranne l'UNITA' che superando a sinistra persino il MANIFESTO, nella cronaca di Oreste Pivetta arriva a sostenere che per la donna sia un segnale di libertà il fatto di indossare il burqa. Da notare come persino Izzedin Elzir, presidente dell'UCOII, intervistato dalla STAMPA, si sia detto contrario al burqa.
Sulle pagine del GIORNALE viene riportata anche la posizione dell'imam francese Hassen Chalghoumi, il quale è contrario al burqa in quanto "impedisce alla donna di partecipare in modo normale alla vita pubblica".
Ecco la cronaca di Andrea Morigi:

Se in tutt’Italia si facesse come a Novara, dove una donna araba si è vista affibbiare cinquecento euro di multa perché indossava il burqa, forse tutti quei fantasmi neri che circolano per le strade si dileguerebbero in men che non si dica. Infischiandosene dell’ordinanza del sindaco Massimo Giordano (ora assessore regionale allo Sviluppo Economico in Piemonte), venerdì scorso un’immigrata musulmana si è presentata all’ufficio postale tutta bardata con il niqab. Poteva esservi chiunque, dietro. Ma lei pretendeva di essere identificata così com’era, e servita allo sportello. Così gli impiegatihanno chiamato i carabinieri, che hanno elevato la contravvenzione e segnalato l’accaduto alla polizia municipale. «A questo punto sarà compito nostro stilare il verbale di sanzione » anticipa il comandante dei vigili urbani, Paolo Cortese. L’idea dell’ordinanza, operativa dall’inizio del 2010, era sorta allo stesso sindaco dopo essersi imbattuto inuna donna conil niqab. All’epoca, non aveva potuto far altro che richiedere l’inter - vento dei carabinieri perché la identificassero. Poi aveva mandato una bozza del testo al ministero degli Interni, che aveva consigliato di limitarne l’applicazio - ne alle scuole, agli ospedali e agli edifici pubblici in genere. Stavolta, tutto filerà liscio «proprio perché la donna si trovava all’ufficio postale, cioè in un edificio pubblico ». È la prima volta, che si applica ma non si scatenano polemiche. Del resto, l’ordinanza novarese si rifà alla Carta dei Valori della cittadinanza e dell’integrazione dell’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato del 2006 che, a proposito degli indumenti di vestiario che mascherano il volto, li indica come inaccettabili «perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell’entrare in rapporto con gli altri». Recentemente anche il parlamento belga ha approvato il divieto di rendersi irriconoscibili e il Senato si appresta a trasformare definitivamente in legge la proposta che prevede, oltre alla multa, una pena fino a un anno di carcere per chi violi il divieto. E da un po’anche il presidente francese Nicolas Sarkozy ha in animo di mettere al bando il velo integrale. In Italia, se ne discute ancora nelle commissioni parlamentari. Paradossalmente, la sinistra ne fa una questione di libertà religiosa. Ma se anche tutti i Comuni imitassero Novara, Souad Sbai, la parlamentare del PdL di origine marocchina, non rinuncerebbe alla propria proposta, che metterebbe definitivamente fuori legge il burqa: «Voglio una legge dello Stato, un segnale chiaro. Altrimenti potrebbe arrivare una qualsiasi amministrazione multiculturalista e ribaltare il regolamento. Invece, se la legge esiste, va rispettata. In più, ora le forze dell’ordine si trovano in imbarazzo di fronte alla contestazione che si tratta di un capo d’abbiglia - mento e non di un casco». È una questione di diritti delle donne, insiste la Sbai, «e siccome in Iran muoiono per non essere costrette a portarlo, non vedo perché la nostra coscienza dovrebbe permetterlo. Saremmo ipocriti. È una battaglia di civiltà mondiale per la difesa delle donne». E, a chi ancora ritiene si tratti di una libera scelta, ribatte: «Vadano a parlare con queste donne, se ne accorgeranno ». A meno che non si tratti di donne saudite o dei Paesi del Golfo. Per loro 500 euro sono briciole. E subito, da indumento cult di poco valore, il velo integrale diventerebbe un accessorio di lusso, quasi un must.

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