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Libero Rassegna Stampa
26.04.2009 I nazisti di oggi stanno in Iran
L'analisi di Magdi Allam

Testata: Libero
Data: 26 aprile 2009
Pagina: 9
Autore: Magdi Allam
Titolo: «I nazisti di oggi stanno in Iran»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 26/04/2009, a pag. 9, l'articolo di Magdi Allam dal titolo " I nazisti di oggi stanno in Iran ".

Da quando arrivai in Italia nel dicembre del 1972, per la prima volta ho partecipato alla manifestazione per la Festa della Liberazione. Ho deciso di sfilare insieme alla Brigata Ebraica a Milano per lanciare un monito chiaro e forte: attenzione che c’è poco da festeggiare perché la minaccia del nazi-fascismo da cui l’Europa si è affrancata grazie alle Forze Alleate capeggiate dagli Stati Uniti d’America, è nuovamente alle nostre porte sotto i panni del regime islamico iraniano che, da un lato, è prossimo a possedere la bomba atomica e, dall’altro, predica la distruzione di Israele e sogna un nuovo Olocausto del popolo ebraico.
Solo chi non ha occhi per vedere ed orecchie per sentire potrebbe non rendersene conto dal momento che si tratta di una realtà oggettiva che tocchiamo con mano, eppure sembriamo apparentemente incapaci di intendere e inesorabilmente destinati a subire le più tragiche delle conseguenze. Il mio sconforto si è accresciuto ieri quando ho preso atto che queste manifestazioni commemorative sono deleterie, non solo e non tanto perché come correttamente denunciano in molti si sono trasformate nel monumento dell’ideologismo di una sinistra condannata dalla Storia e nello sfogatoio delle frustrazioni delle sue frange radicali e violente, quanto perché restano il terreno di coltura della disinformazione di massa che perpetua la mistificazione della realtà e l’ottenebramento delle menti. Una prova per tutte: non si vede mai una bandiera americana né la si potrebbe vedere perché chi la sventolasse rischierebbe il linciaggio, anche se la verità storica è che a liberarci sono state principalmente le forze anglo-americane. Con il risultato che tutti dobbiamo credere alla leggenda di un’Italia ed un’Europa liberati esclusivamente dai partigiani, che certamente hanno fatto la resistenza e contribuito alla vittoria, ma il frutto del loro eroismo è potuto maturare solo nella cornice della guerra promossa dall’America.
Ugualmente in queste manifestazioni è altamente rischioso sventolare la bandiera israeliana che nasce, nel senso che ebbe il suo primo riconoscimento internazionale, a Brisighella in Romagna dove la Brigata Ebraica fu autorizzata ad esporla il 3 aprile 1945. È vero che anch’io ieri mi sono avvolto nella bandiera israeliana insieme a pochi amici ebrei formando uno scarno corteo, confortati dalla presenza di Guido Podestà, candidato PdL alla presidenza della Provincia, da Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio comunale di Milano, con un’apparizione fugace dal segretario del Pd Franceschini e dal presidente della Provincia di Milano Penati a beneficio delle telecamere.
Ebbene l’odio nei confronti di Israele penetra fin dentro le ossa quando abbiamo sentito urlare “Assassini! Assassini!”, così come si constata il prevalere del pregiudizio quando scandiscono “Palestina libera!”, come se fossero gli israeliani, e non i terroristi palestinesi, ad impedire una soluzione pacifica basata sulla formula “due stati per due popoli” perché, dal loro punto di vista, Israele non avrebbe il diritto ad esistere.
La verità è che a tutt’oggi Israele è l’unico stato al mondo che si vede negato il proprio diritto alla vita sancito dalle Nazioni Unite con la risoluzione 181 del 29 novembre 1947. Così come è l’unico stato al mondo che si trova costretto a difendere la propria esistenza in solitudine, come se si trattasse di una minuzia a cui la comunità internazionale non può prestare attenzione più di tanto. Ecco perché ho ritenuto doveroso essere presente alla manifestazione ieri a Milano. È fondamentale conoscere che così come nel 1945 la Brigata Ebraica diede un significativo contributo per liberare l’Italia e l’Europa dal nazi-fascismo, oggi gli italiani e gli europei devono stringersi attorno ad Israele per liberare il mondo dal nuovo nazi-fascismo islamico che mira alla distruzione di Israele e all’annientamento del popolo ebraico. Ed è proprio perché in Europa si è consumata la tragedia immane dell’Olocausto, che oggi l’Europa deve schierarsi in prima fila nella guerra contro il nazi-fascismo islamico espresso principalmente dal regime degli ayatollah iraniano, che predica pubblicamente l’eliminazione dello Stato ebraico e mira al possesso della bomba atomica violando le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Purtroppo l’Unione Europea dimostra sempre più di essere un colosso di materialità senz’anima, interessata alla crescita dei consumi ma incapace di definire delle scelte strategiche perché non ha dei valori condivisi e un’identità comunitaria. Lo si è visto anche nel recente vertice sul razzismo svoltosi a Ginevra, con gli stati europei che si sono presentati divisi, mettendo in scena un deplorevole reality show dove nel rispetto di un copione prevedibile, ispirato da un atteggiamento di indifferenza, ignavia e tacita collusione ideologica, hanno sostanzialmente legittimato il regime nazi-islamico di Ahmadinejad svendendo il valore fondante della nostra umanità e civiltà, la sacralità della vita che oggi più che mai s’incarna nel diritto all’esistenza dello Stato di Israele, in cambio del denaro, del petrolio e del gas iraniano.Il mio impegno nel Parlamento Europeo, se vincerò alle elezioni del 6 e 7 giugno a cui concorro come capolista dell’Udc per il Nord Ovest, è di essere l’ambasciatore della causa del diritto all’esistenza dello Stato di Israele e del popolo ebraico, favorendo l’affrancamento delle nostre menti e dei nostri cuori da un comportamento suicida che ci porta a consegnarci nelle mani del nostro aspirante carnefice, immaginando che la sorte di Israele non ci riguardi. Qui si respira l’aria della resa di Monaco e la nostra Europa rassomiglia sempre più alla definizione che Churchill diede della persona conciliante: «Uno che nutre il coccodrillo nella speranza che questo lo mangi per ultimo».

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