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Rassegna Stampa
12.08.2006 Il nostro nemico è un'ideologia totalitaria, analoga al fascismo
perché la diagnosi di George W. Bush è appropriata

Testata:
Autore: Stefano Magni
Titolo: «Totalitarsmo islamico»

In questi giorni avremmo potuto assistere ad un altro eclatante atto di terrorismo: dieci aerei fatti esplodere in volo nei cieli dell'Atlantico da una cellula di Al Qaeda. La rete terroristica islamista, in passato, aveva già pianificato qualcosa del genere: l'Operazione Bojinka del 1994 (con buona pace di Rutelli, che crede che l'attentato di Londra sia una risposta alla guerra in Iraq del 2003). Il precedente piano di attentato era stato concepito da una cellula attiva nelle Filippine, prevedeva l'abbattimento simultaneo di 12 aerei di linea nei cieli del Pacifico. Il rischio di un attentato di questo genere esiste ancora, in Gran Bretagna (da cui gli aerei avrebbero dovuto decollare) c'è ancora un livello di allerta rosso. Tuttavia, l'arresto di 24 membri di una cellula che è costituita in tutto da circa 50 uomini, avvenuto il 10 agosto, rende molto difficile l'esecuzione dell'atto di terrorismo.

La spiegazione più concisa, ma esauriente, l'ha fornita a caldo il presidente George W. Bush: «E' una circostanza che ci ricorda che la nostra nazione è in guerra con gli islamo-fascisti». E' riduttivo e fuorviante parlare di guerra «contro il terrorismo»: il terrorismo è un metodo, un'arma, al massimo una strategia. E' l'arma dei poveri, usata da Stati troppo deboli militarmente per affrontare il nemico in campo aperto, o dai movimenti che non hanno ancora preso il potere e non hanno sufficienti mezzi per formare una milizia in grado di combattere. Ma il nemico vero, colui che usa l'arma del terrorismo, è un'ideologia totalitaria che, in modo appropriato, il presidente statunitense paragona al fascismo. Come il fascismo, gli islamisti fondano la loro ideologia su una storia remota mitizzata, su un'ideale di splendore imperiale del VII e VIII secolo, di una società perfetta passata, decaduta a causa della modernità e del secolarismo, che deve essere restaurata interamente.

L'islamismo, dove ha preso il potere, ha conquistato il controllo totale sulla società. In Iran si è instaurato il primo regime totalitario islamico, che è riuscito a riportare la società iraniana indietro di mezzo millennio. In Afghanistan, il regime dei Talebani è andato oltre e ha cancellato tutte le tracce, non solo di modernità, ma anche di storia non islamica (la distruzione delle statue di Buddha è l'esempio più evidente). In Somalia, nelle aree controllate da Al Qaeda, sono state bandite le religioni non islamiche, le donne sono segregate, radio e televisione proibite. Ovunque prenda il potere, il totalitarismo islamico controlla tutti gli aspetti della vita associata e personale: tutte le istituzioni esecutive e legislative, il comando delle forze armate, i tribunali, le forze dell'ordine, impone il suo controllo sulla stampa, censura tutta la cultura (in qualsiasi forma) che non è compatibile con la propria interpretazione del Corano, entra nella vita personale e impone a ciascun cittadino una vita dettata da precetti religiosi, in ogni minimo particolare, dall'alba al tramonto.

Questa ideologia è universale: non si limita al consolidamento e alla conservazione del potere in un solo Paese, ma mira all'esportazione del proprio modello, anche oltre i confini di quello che fu l'Impero Arabo ai tempi della sua massima espansione. L'Africa subsahariana e l'Europa centrale e settentrionale, ad esempio, non furono mai parte dell'Impero Arabo, né di quello Ottomano, né sono riconducibili in qualche modo alla storia e alla tradizione musulmana, però sono ugualmente nel mirino dei movimenti islamici estremisti, sia come nemici infedeli, sia come terre di conquista. Il totalitarismo islamico non fa capo ad un'unica Nazione, è un nemico multiforme e difficilmente individuabile, ma ciò non vuol dire che non abbia una propria identità. Si tende spesso a considerarlo come un movimento di protesta terzomondista, sulla scia dei movimenti di liberazione nazionale degli anni '50 e '60 del secolo scorso. Tuttavia sarebbe quanto meno riduttivo ricondurre questo movimento a una reazione sociale o politica: il terrorismo islamista agisce indipendentemente dalla politica delle potenze occidentali. Gli islamisti hanno fatto strage dei moderati algerini, anche se l'Algeria non è più una colonia francese da mezzo secolo; hanno combattuto otto anni di guerra contro l'Iraq, un'altra Nazione musulmana; fanno proseliti nelle madrasse e nelle università finanziate dall'Arabia Saudita, un Paese che non è mai stato conquistato da potenze europee; hanno pianificato attentati in Europa ben prima dell'11 settembre e della guerra in Afghanistan; nel Medioriente non combattono per la nascita di uno Stato indipendente palestinese, ma per la distruzione di Israele.

Il multiforme movimento islamista si identifica maggiormente con le sue radici religiose, ma anche in questo caso vi sono incongruenze evidenti con l'Islam tradizionale: in molti casi, radicali sciiti e sunniti (che sono tradizionalmente nemici) sono alleati e movimenti islamisti (sia sciiti che sunniti) si alleano con partiti atei e comunisti senza alcun problema. L'esempio più evidente è l'alleanza tra Hamas (movimento radicale sunnita, facente parte della Fratellanza Musulmana), Hizbollah (radicali sciiti emanazione dell'Iran), Siria (regime autoritario nazionalista) e Iran (regime totalitario islamico). Altro esempio altrettanto evidente era costituito dall'alleanza di Saddam Hussein (nazionalista) con Al Qaeda (sunnita). Anche in Europa, i movimenti radicali islamici hanno cercato e trovato l'appoggio di frange dell'ETA (nazionalisti) in Spagna e delle Brigate Rosse (comunisti) in Italia. Non si tratta solo di una politica spregiudicata delle alleanze, resa ancor più complessa dalla mancanza di un unico centro decisionale, ma dalla nascita di un movimento totalitario di tipo nuovo, che supera le vecchie divisioni tradizionali per combattere un nemico comune: un Occidente secolare e capitalista.

Questo movimento è veramente imbattibile? Spesso viene identificato come un'idra con migliaia di teste. Un attentato pianificato in Inghilterra, come quello sventato in questa settimana, dimostra che, nonostante la caccia ai terroristi, nonostante la guerra in Afghanistan e nonostante quella in Iraq, ci sono ancora potenti organizzazioni terroristiche pronte a colpire nel cuore dell'Occidente. Ma dimostra anche che Al Qaeda è più debole rispetto a cinque anni fa, se non altro perché una sua grande cellula operativa è stata penetrata dalla polizia britannica e dimezzata. Un'operazione di anti-terrorismo del genere sarebbe stata inconcepibile sino all'11 settembre. L'allarme e la guerra, insomma, hanno prodotto i loro effetti positivi nel breve periodo. Nel lungo periodo, al contrario, non si riesce ancora a vedere una soluzione al problema. Come ha sostenuto il presidente Bush sin dal settembre del 2001, quella contro il totalitarismo islamico sarà una guerra lunga decenni. Questo non vuol dire, però, che sia una guerra senza fine. L'ideologia del totalitarismo islamico, il programma rivoluzionario che prevede l'imposizione della legge religiosa e la sua esportazione con la forza, è una rinascita della Jihad relativamente recente. Prima degli anni '70, era da secoli che non se ne sentiva nemmeno parlare all'interno del mondo musulmano. Così come è ricomparsa all'improvviso, così è possibile che venga nuovamente accantonata.

C'è anche da dire che l'ascesa dei movimenti islamisti coincide con la politica di diffusione ideologica e religiosa promossa dall'Arabia Saudita, pagata con i ricavi petroliferi. E poi, soprattutto, l'Islamismo è diventato realmente politico solo dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Con metodi diversi, sia l'Arabia Saudita che l'Iran esportano le idee del totalitarismo islamico in tutto il mondo. Difficile pensare ad un movimento così ricco e organizzato senza decenni di soldi e propaganda religiosa dei Sauditi e senza l'appoggio militare e logistico dell'Iran. E' vero che i movimenti islamisti si sono insediati un po' ovunque, ormai, dal Sud Est asiatico alle comunità musulmane d'Europa, ma i centri da cui si propagano sono ben identificabili. Anche il movimento comunista, negli anni '70, pareva multiforme, diffuso e radicato in tutto il mondo, molto di più rispetto all'attuale movimento rivoluzionario islamista. Ma dopo il collasso dell'Unione Sovietica e il mutamento drastico del sistema comunista cinese, le guerriglie comuniste nel terzo mondo, i regimi comunisti, il terrorismo rosso, i partiti e movimenti comunisti sono stati drasticamente ridimensionati (o sono cambiati) e non costituiscono più una minaccia mortale per la democrazia.

E' possibile che un eventuale collasso del regime iraniano e forti cambiamenti in Arabia Saudita possano provocare lo stesso effetto sul movimento islamista. E non stiamo parlando di Stati solidi, né immutabili. L'Iran è un regime che non gode più del consenso della maggioranza assoluta dei suoi cittadini. Se gli iraniani fossero liberi di votare oggi non eleggerebbero più i mullah. L'Arabia Saudita sta esaurendo le ricchezze prodotte dal petrolio nel corso dei decenni scorsi, non ha una classe media, è governata da un'élite monarchica ristretta e divisa al suo interno, mentre la sua popolazione gode sempre meno del benessere che le era garantito sino agli anni '90. L'atteggiamento ambiguo della sua monarchia (radicale nei principi, pragmatica e filo-occidentale nelle alleanze) ha prodotto un terrorismo che non è pericoloso solo per l'Occidente, ma anche per l'Arabia Saudita stessa. Questa è la speranza che abbiamo per una fine vittoriosa di questa guerra: veder crollare l'ideologia totalitaria islamica nei suoi stessi Paesi d'origine. E sperare che i musulmani si convincano che l'ideologia della Jihad non porta loro gloria e ricchezza, ma solo repressione e miseria.

! Stefano Magni
magni@ragionpolitica.it


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