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Panorama Rassegna Stampa
27.02.2003 I vertici militari israeliani discutono sulla guerra
Per i vertici militari israeliani l'operazione americana sarà più efficace di quella del 1991

Testata: Panorama
Data: 27 febbraio 2003
Pagina: 49
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La nuova Desert storm piace a Gerusalemme»
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su Panorama il 27 febbraio 2003.
Gli strateghi e i generali israeliani guardano alla prossima guerra americana con una passione del tutto particolare, e giudicano che consti di un piano militare ottimo. Il generale Amos Gilad, il portavoce incaricato di spiegare al mondo intero il punto di vista israeliano dice senza mezzi termini: "la rimozione di Saddam Hussein sarà un miracolo che scaccerà dalla zona un pericoloso mostro, che pone un pericolo esistenziale a Israele"; ma soprattutto molti nella comunità dell’intelligence pensano, come ritiene come dice l’analista Amir Oren che "Tutto è misurato con precisione su scopi ben definiti. Stavolta gli americani dispiegano le forze basandosi su principi diversi dal ’91: uno sforzo simultaneo contro i centri chiave del regime iracheno e ai suoi dispositivi militari fondamentali (i missili, le armi di distruzione di massa, i servizi di sicurezza) evitando centri di resistenza e piegando con lo shock il nemico fino a che si sottometta". Gilad sostiene anche che Saddam è debole perché isolato sia nel mondo arabo che in patria, e che ignora quanto lontano il popolo sia da lui perché è circondato da una quantità di yes man che gli dicono solo quello che gli fa piacere sentire; che quindi si può contare su una defezione di massa; e che anche se Saddam Hussein ha in mano molte armi di distruzione di massa, le sue armi sono peggiorate rispetto al 1991, mentre Israele è in possesso di due sistemi di difesa composto dai Patriot e dal nuovo scudo spaziale detto Hetz, Freccia. Non va oltre: "La guerra è degli americani, non nostra, e ne resteremo fuori il più possibile". Ma non è vero fino in fondo: Gilad è stato per vent’anni l’uomo che ha seguito Saddam Hussein, e lo conosce come le sue tasche. Israele è specializzata in Saddam: oltre ad avergli distrutto il reattore nucleare nell’81, conosce il suo terreno e i suoi uomini nei particolari. Così surrealisticamente se da una parte gli israeliani negano di essere parte di questa guerra, dall’altra sono appassionatamente coinvolti, e fonti molto segrete mormorano con insistenza che le truppe americane già operanti sul terreno sono di fatto già miste a specialisti israeliani.
Perché il piano degli americani viene considerato così buono da Israele? Per motivi strutturali che gli esperti, come Barry Rubin, uno dei migliori strateghi israeliani, direttore della rivista di strategia Gloria, vede molto simili ai passaggi di Israele dalla guerra di Suez del 56 a quella dei Sei giorni nel 1967: un esempio delle analogie sono l’utilizzo di diversi corpi dell’esercito secondo gli scopi; il passaggio di ruolo di Moshe Dayan, ministro della difesa nel ‘67 e capo di Stato maggiore nel ‘56 con Colin Powell, e in generale la riutilizzazione riveduta e corretta di tutti gli ufficiali del 56 a comandanti di rango elevato nel 67 (Ariel Sharon, Yisrael Tal, Avraham Yoffe e per gli USA, James Jones, ora capo della NATO allora capo dei Marines, John Abidzaid allora capobattaglione dei paracadutisti, oggi vice comandante delle forze americane in Medio Oriente, Richard Cody capo dell’aviazione e nel 91 capo del battaglione degli elicotteri che creò un corridoio verso Baghdad per gli aerei americani) per scopi diversi.
Nel 1991gli americani impiegarono le forze per porre fine all’occupazione del Kuwait e per cinque settimane seguitarono a bombardare dall’aria. Adesso, la preferenza, secondo quello che si dice nei circoli israeliani, è per la costruzione di forze di terra dentro e intorno alla regione. Il generale Fank che comanda la campagna è delle forze di terra, e deve solo riferire a Bush e a Donald Rumsfeld. L’importanza delle forze di terra sarà determinante secondo gli strateghi per conservare con una potenza di fuoco permanente gli obiettivi sensibili, e per creare isole di isolamento della leadership irachena rispetto ai mezzi di comunicazione di massa o alla catena del comando. Verranno distrutti dall’aria obiettivi strategici basilari ma intorno ad essi si terrà il punto per creare direttamente una nuova situazione sul campo: i soldati a terra prenderanno prigionieri, stazioneranno su obiettivi da controllare, verificheranno l’impatto delle operazioni dall’aria, smantelleranno la presa degli apparati di sicurezza di Hussein sulla popolazione, occuperanno e riabiliteranno le zone prese. Insomma, l’operazione è calibrata per smantellare un regime che opprime la sua propria popolazione. Così valuta Amir Oren: la dimensione morale è stata programmata. La guerra deve essere breve, e molto specifica sui punti sensibili: ci si aspetta di tutto, e quindi si vuole preservare ogni prova di crimini di guerra perpetrati contro minoranze, l’eventuale scoperta di campi di morte e fosse comuni, protezione di particolari personaggi opposti al regime. Sono stati organizzati corpi speciali per esaminare siti e persone sospette. Le soldatesse saranno addette agli interrogatori delle donne. In Israele, data l’esperienza attuale, si prevede l’ uso di suicidi, distruzioni di proprietà, di liquidazioni di cittadini per far intervenire le forze internazionali così da por fine alla guerra. E che farà un pilota kamikaze con un aereo carico di agenti chimici o biologici se riuscirà ad arrivare su Israele? potrebbe defezionare, dicono gli esperti, solo se Saddam non detiene i suoi figli come ostaggi e aspetta notizie da Tel Aviv. I piani sono perfetti, ma la componente terrorista è il rischio maggiore.
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rossella@mondadori.it

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