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Rassegna Stampa
12.02.2012 Lodi sperticate a Joe Sacco, il disegnatore che confonde verità con menzogna
Ma il giornale 'vicino' al PD non ci bada, anzi, ci va a nozze

Testata:
Autore: Silvia Santirosi
Titolo: «La mia carriera di onesto disegnatore»

"La mia carriera di onesto disegnatore", è il titolo dell'intervista di Silvia Santirosi a Joe Sacco, sull'UNITA' di oggi, 12/02/2012 a pag.30/31. Doveva invece essere " La mia carriera di imbroglione " se nel fare giornalismo militante la Santirosi avesse avuto un minimo di pudore nei confronti della verita. Una qualità estranea al quotidiano 'vicino' al PD. Per conoscere il Sacco, i lettori possono saperne di più scrivendo il suo nome sulla Home Page di IC (finestra in alto a sinistra 'cerca nel sito').
Non ci stupiscono le due pagine di lodi al mistificatore della storia reale, Sacco è specializzato nell'inventare fatti mai accaduti, che gli sono però indispensabili per diffamare... indovinate chi ? Israele, naturalmente. La giornalista dell'UNITA' gli chiede " Quale è la differenza fra un giornalista e un militante ?" Intanto dovrebbe porsela per prima a se stessa, in quanto a Sacco, è persino sincero, in parte, quando risponde "nessuna". Lui, infatti, sostiene di raccontare la storia attraverso le immagini, ma la storia che lui racconta è inventata, manipolata, per venire incontro all'ideologia del militante. Quindi una sporca impresa. Giusto che piaccia al giornale 'vicino' al PD.
Ecco l'articolo:


Joe Sacco, il bugiardo

Quando lavora», scrive Joe Sacco nella prefazione di Reportages (Futuropolis, 2011), una raccolta dei lavori realizzati nel corso degli anni per diverse riviste, «un giornalista BD (fumettista, ndr) ha in mente la verità essenziale non quella letterale». Questo per rispondere alle critiche di chi non considera vero giornalismo il lavoro di un disegnatore che, certo, resta un artista che interpreta la realtà con cui si confronta. E allora? Incontrare proprio Joe Sacco al Festival internazionale del fumetto di Angoulême ci dà la possibilità di approfondire la questione. E da qui cominciamo.

Un genere oggi un po’alla moda è proprio quello del reportage a fumetti.
Cosa pensa degli sviluppi contemporanei?

«Non posso che esserne felice e sono convinto che la rivista francese XXI sia ciò che c’è di meglio al mondo per i giornalisti-disegnatori di mostrare il loro lavoro. Credo che l’oggettività assoluta per un giornalista sia un mito, vista la difficoltà di comprendere delle situazioni che non gli appartengono veramente. Il mio lavoro sulla Palestina è stato molto criticato negli Stati Uniti. Sono stato accusato di non essere stato obiettivo. Ecco, io preferisco essere onesto nel raccontare anche la mia interpretazione dei fatti, piuttosto che ricercare l’oggettività a ogni costo. È sull’onestà della presentazione del mio lavoro, delle ricerche fatte sul campo, delle interviste, che baso la mia professionalità ».

Come sceglie lo stile in cui disegnare?

 «Il disegno che pratico non è naturale per me. E tuttavia sento davvero l’esigenza di mostrare cosa c’è nei paesi che descrivo. Poi, ogni volta che disegno una scena iper-dettagliata, ad esempio quella diuna giornata di mercato, mi riprometto di non farne più. Ma se poi un’esigenza narrativa precisa me lo richiede, ecco che non riesco a tirarmi indietro. Disegno quello è necessario».

Ci sono regole in base alle quali definire un reportage a fumetti?

«Posso enunciare i principi che per me fanno di un fumetto un reportage. Resterebbe comunque il mio modo di concepirlo. Sono fiero e onorato che altri dicano di ispirarsi al mio lavoro,ma sono altrettanto felice di vederli poi sviluppare la loro voce. Piuttosto, temo il giorno in cui qualcuno salirà in cattedra dicendo quello che si potrà o non potrà fare per rispettare un’etichetta».

 Qual è la differenza tra un giornalista e un militante?

 «Potrebbenon essercene alcuna. Entrambi possono simpatizzare per le stesse persone o idee. Solo che il giornalista deve restituire un ritratto il più fedele possibile. Non può nascondere o cancellare i difetti, ad esempio, o i lati oscuri. Non deve cercare di far sembrare, uomini e cose, migliori di quello che sono. In più ogni giornalista sa che ci sono dei limiti. Quando si descrive qualcuno, ci si deve concentrare su una delle sue caratteristiche. Non c’è nessun interesse nel moltiplicare le informazioni e il ritratto che ne verrebbe fuori sarebbe solo più confuso ».

Perché non si riesce a vedere attraverso gli occhiali del personaggio con cui si mette in scena?

 «Gli occhi sono la finestra dell’anima. Era importante perme rispettare al tempo stesso l’esigenza di esserci e quella di non darmi totalmente al lettore. Qualche critico ha detto che io avevo fatto questa scelta precisa per permettere al lettore di imper me fanno di un fumetto un reportage.

Progetti futuri?

«Sto realizzando un libro sull’America e sulle peggiori forme di capitalismo. Lavoro con il giornalista Chris Hedges. E sarà con tutta probabilità il mio ultimo reportage a fumetti».

 Un esempio delle storie raccontate?

«Nella Virginia dell’Ovest per estrarre il carbone tagliano direttamente indue le montagnedistruggendo così l’ambiente e la vita delle persone che abitano quella regione. Tutto è inquinato, le stesse case subiscono delle lesioni. È un vero disastro ecologico. Per non parlare del fatto che non crea alcun tipo di occupazione. Per abbattere una montagna servono macchinari immensi e pochissimo personale per condurli. Nessuno può sopportare a lungo la vita e il ritmo in miniera. E allora parallelamente un mercato illegale di vendita di antidolorifici si è sviluppato: una delle poche distrazioni. Abbiamo deciso di terminare sul Movimento “Occupare Wall Street” che rappresenta per noiunavera speranza. Non come Obama».

Quando uscirà il libro?

 «Fine giugno o luglio. Dipende se riuscirò a rispettare la scadenza che mi sono dato per terminarlo, cioè metà marzo».

E poi? Accennava al fatto che sarà il suo ultimo reportage…

«C’è qualcosa nella natura umana che mi sfugge e ho voglia di immergermi in questa nuova ricerca. Ho iniziato a interessarmi alla filosofia, alle neuroscienze, alla climatologia per ampliare i miei orizzonti. Sto educando e formando me stesso. Ho bisogno di trovare la mia voce, per questo sto incontrando esperti delle varie discipline nel tentativo di andare in profondità alla ricerca delle motivazioni che sono all’origine di atti straordinari che persone comuni arrivano a commettere in momenti precisi della loro vita».

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