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L'Espresso Rassegna Stampa
09.01.2003 Perfida Israele !
Di un fatto raccontare solo una versione, quella palestinese

Testata: L'Espresso
Data: 09 gennaio 2003
Pagina: 80
Autore: Mara Vigevani
Titolo: «Professione Spia»
New entry per il settimanale di proprietà dell'Ing.Carlo De Benedetti, leader in Italia dell'informazione a senso unico (palestinese) su Israele e Medio Oriente. Mara Vigevani, passa con questo suo articolo da guida ai colleghi appena arrivati e bisognosi di tutte quelli informazioni che li preparino a raccontare quanto sono cattivi gli israeliani a giornalista ufficiale. Per raccontare che cosa ? La storia di Walid Radi Hamedia, detenuto nelle prigioni di Arafat sotto l'accusa di essere una spia di Israele.
Walid, secondo il racconto della Vigevani che beve tutto come oro colato, si è addirittura presentato spontaneamente alla polizia palestinese, confessando di essere una spia. Volontà di espiazione ? Pentimento ? Desiderio di finire ammazzato e appeso per piedi a un traliccio, così come funziona la "giustizia" sotto Arafat ?
Per Mara Vigevani, che non ha altre curiosità nel suo lessico anti-israeliano, sembra di si. Anzi, il povero Walid è stato obbligato dai servizi israeliani a diventare una spia. Il racconto è esuriente a questo punto. Potrebbe essere la tesi della difesa del povero Walid trasformata in un pezzo per l'Espresso. Lui non ha colpe, sono stati gli israeliani a obbligarlo, Arafat liberami e perdonami.

"Il fenomeno dei collaborazionisti è molto più ampio di quanto vogliano far credere sia i palestinesi che gli israeliani. Dal 1967 al 1994 sono stati arruolati 30 mila collaborazionisti"
Mara Vigevani non ci dice da chi nè di che nazionalità sono i 30 mila. Aggiunge che:
"Secondo l'autorità palestinese ci sono 200 collaborazionisti nelle prigioni di Arafat. L'ultimo ad essere stato condannato a morte è stato il 28 ottobre Haider Ghanem, giornalista e attivista per i diritti umani al fianco della organizzazione israeliana B'etselem"
Vogevani non ci racconta però come il povero Haider è stato "giustiziato". Ci racconta però, in uno slancio inaspettato, come funziona la "giustizia" palestinese, anche se la descrizione non le suggerisce di sentire anche l'altra campana, quella israeliana, per fornire ai lettori dell'Espresso una opinione che non sia solo quella palestinese.
Ecco come funziona la giustizia di Arafat e, se lo racconta Mara Vigevani, c'è da crederci.

"Secondo l'organizzazione palestinese per i diritti dell'uomo, l'Autorità non permette processi regolari e non dà la possibilità agli accusati di difendersi adeguatamente. I tribunali palestinesi hanno già condannato a morte venticinque collaborazionisti: due di loro sono già stati uccisi, gli altri aspettano il giorno dell'esecuzione: Ma molti collaborazionisti sono stati trucidati dalla folla senza alcun processo. I più fortunati, dopo aver perso la loro copertura, sono stati portati dallo Shabck in territorio israeliano. E hanno ottenuto una casa e un lavoro."
Con un finale così uno si aspetterebbe un giudizio severo su Arafat a la sua concezione dello stato palestinese. Macchè, anche se la "giustizia" palestinese viene raccontata per quello che è, Israele non ne esce bene, anzi. E'colpa dello stato ebraico che, ostinatamene, vuole informazioni sui terroristi, e le vuole solo per mettere nei guai altri poveri palestinesi.
Ma che razza di lotta di liberazione sarà mai se produce simili mostruosità legali ? Nel suo prossimo articolo sarebbe bene che Mara Vigevani ci raccontasse qualcosa di più sulla citata "organizzazione palestinese pe i diritti dell'uomo". Come si chiama, dove opera, chi ne fa parte, insomma ci faccia sapere che cos'è la interfaccia palestinese di B'etselem che opera in Israele, aderire alla quale per un palestinese dei territori sembra equivalere a una condanna a morte.

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta a scrivere all'Espresso la propria opinione cliccando sulla e-mail sottostante.

espresso@espressoedit.it

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