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L'Espresso Rassegna Stampa
13.01.2006 Interviste: scelte parziali che non aiutano a comprendere
soltanto l'estrema sinistra israeliana ha diritto di parola

Testata: L'Espresso
Data: 13 gennaio 2006
Pagina: 1
Autore: Gigi Riva
Titolo: «Si credeva il Pifferaio magico»

L'Espresso del 13 gennaio 2006 pubblica un servizio di Gigi Riva, in sostanza corretto, sullo scenario politico israeliano dopo la fine dell'"era" Sharon. meno corretta la costante scelta di Riva e dell'Espresso di intervistare solo intellettuali israeliani di sinistra, criticissimi coi loro governi e convinti che il conflitto mediorientale trovi la sua origine esclusivamente nelle azioni di Israele. Tra i più frequentemente interpellati troviamo il sociologo Baruch Kimmerling, per il quale Sharon, colpendo l'Anp di Arafat, che altro non era che la retrovia del terrorismo, poi drasticamente diminuito, si è comportato come   il "Pifferaio magico di Hamelin" e ha  "condotto il popolo d'Israele all'inferno ". Il danno di dichiarazioni come queste non sta tanto  nella durezza dell'attacco a un leader politico, che comunque esprime la volontà democratica dell'elettorato israeliano, libero, fino a prova contraria, di non pensarla come Kimmerling. Piuttosto sta nel loro prestarsi perfettamente ad essere usate per confermare, forti della citazione di "un israeliano" la colpevolizzazione di Israele per l'aggressione terroristica che subisce. Sottoposta costantemente a un violento attacco che minaccia la sua stessa esistenza Israele, che è una democrazia, sviluppa ovviamente un acceso dibattito politico incentrato sulla sicurezza. Un dibattito che ovviamente si concentra sull'azione dei governi israeliani, visto che è su questa, non sulle decisioni di Hamas e dell'Iran, che i cittadini possono influire. Ma questo dibattito, per essere ben compreso, dovrebbe essere presentao nella sua interezza. Presentare invece solo le posizioni di estrema "sinistra", vale a dire quelle che enfatizzano la necessità di concessioni per arrivare alla pace e dimenticano la necessità di garantire la sicurezza, non può servire a comprendere, ma solo a danneggiare l'immagine di Israele.

Ecco il testo:
  

    "Ariel Sharon come il Pifferaio magico di Hamelin: ha condotto il popolo d'Israele all'inferno". Non fa sconti Baruch Kimmerling, docente di Sociologia a Gerusalemme e Toronto, intellettuale controverso e spesso controcorrente, nemmeno adesso che il premier è fuori dalla scena politica. Gli aveva del resto dedicato un libro corrosivo, 'Politicidio, Sharon e i palestinesi', pubblicato nel 2003 anche in Italia da Fazi. Riprende il professore: "Si è dedicato a questo lavoro di Pifferaio fin dal 6 febbraio 2001, giorno della sua elezione a primo ministro. Usando l'ansia prodotta dalla sporca guerra ai palestinesi, ha non solo distrutto l'Autorità palestinese, ma anche la democrazia israeliana, soffocando ogni opposizione, sia alla sua destra sia alla sua sinistra". Né ci sarebbe, secondo questa analisi, uno Sharon nuovo davvero, votato alla pace. È cambiata solo la sua tattica non le sue convinzioni profonde circa il conflitto. Professor Kimmerling, e il ritiro da Gaza? E l'annunciato ritiro da altre colonie della Cisgiordania? E Kadima, il suo partito personale strumento per completare l'opera? "Proprio a causa di tutti questi elementi in molti, sia in Israele che altrove, l'hanno voluto percepire come una sorprendente reincarnazione di un De Klerk o di un De Gaulle. Questo nuovo Sharon, avrebbe voluto, così si voleva sperare, liberare Israele dalle sue colonie ed evacuare i 'pied noirs' israeliani. Ma è lo stesso uomo che nel passato, non dimentichiamolo, smantellò gli insediamenti ebrei nel Sinai dopo l'accordo di pace con l'Egitto. L'aveva dunque già fatto". I tempi sono diversi. Non riconosce davvero nessun cambiamento in lui? "In qualche misura, se si vuole, lo Sharon del 2005-2006 non è lo Sharon che nel 1982 invase il Libano, qualcuno lo considerò responsabile almeno morale dei massacri di Sabra e Chatila, e coinvolse Israele in una guerra in stile Vietnam con 675 soldati israeliani e circa 17.800 arabi uccisi. Chi la pensò così si rifiuta di dimenticare e di seppellire quella memoria, e si rifiuta di credere che Sharon ha avuto una metamorfosi genuina. Tuttavia, da primo ministro, ha imparato la lezione del Libano e ha capito che doveva crearsi un consenso interno e internazionale per continuare la sua politica". Le concessioni poi le ha fatte... "Recentemente la sua retorica è diventata relativamente moderata e ambigua, in contrasto tuttavia con quanto ha fatto sul terreno. Ha dichiarato diverse volte, quando i palestinesi hanno ridotto le loro aspettative, che un qualche Stato palestinese sarebbe sorto entro cinque anni, che Israele avrebbe dovuto fare delle dolorose concessioni. Nello stesso tempo non ha fatto nulla per smantellare molte colonie, non ha mai spiegato nei dettagli il suo piano. Ha usato solo una sofisticata tattica. Non ci sono segnali concreti sul fatto che abbia cambiato le sue convinzioni profonde sul conflitto e il suo scopo è sempre stato quello di mantenere il massimo possibile di territorio col minor numero possibile di arabi. Alla fine la realtà del piano di Sharon è questa, dopo aver distrutto le infrastrutture dello Stato palestinese voleva imporre loro la sua volontà con delle misure estreme militari ed economiche". Voleva fissare, una volta per tutte i confini dello Stato. "Inglobando, col consenso americano, il 15-20 per cento della Cisgiordania e lasciando ai palestinesi per il loro Stato quello che rimaneva". Kadima sopravvivrà alla sua fine politica? "Troppo presto per dire qualcosa di definitivo. Secondo me diventerà un partito di media grandezza, con 20-25 deputati. Come il Likud o il Labour". Chi ha il carisma per guidarlo alle prossime elezioni? Olmert? Livni? Peres? Mofaz? "Nessuno. Olmert ha ora il 'carisma della carica' e pretende di rappresentare il pensiero di Sharon". Un ridimensionamento di Kadima favorirà il Likud o il Labour? "Tutti i partiti non religiosi". Amir Peretz ha qualche chance di riportare la sinistra al governo? È ipotizzabile un'alleanza Kadima-Labour? "Le chances di Peretz oggi sono molto basse. Se sopravvivrà politicamente a questa fase potrà giocare le sue carte con maggior successo al turno successivo. Mi auguro che i suoi compagni di partito gli permettano di costruire una vera opposizione". Con Sharon scompare l'ultimo leader che ha combattuto la guerra d'Indipendenza (Peres non l'ha fatta). Che significa per Israele l'arrivo di una nuova generazione al potere? "Un periodo di incertezza. A lungo termine potrebbe rivelarsi anche positivo. Anche in questo caso è troppo presto per fare previsioni ragionevoli". Esiste una maggioranza in Israele che sostiene il ritiro, seppur parziale, dalla Cisgiordania? "Sì, ma non è sufficiente per risolvere i nodi del conflitto". Che ne sarà del processo di pace? "Nel breve periodo non prevedo nulla di buono. Anzi, per i problemi interni a entrambe le società temo un'escalation".

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