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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.11.2024 La grande farsa continua
Commento di David Elber

Testata: Informazione Corretta
Data: 22 novembre 2024
Pagina: 1
Autore: David Elber
Titolo: «La grande farsa continua»

La grande farsa continua
Commento di David Elber

Karim Khan, il procuratore genrale della Corte Penale Internazionale che ha chiesto di spiccare i mandati di cattura per Netanyahu e Gallant. Ha alle spalle una storia di conflitti di interessi e uno scandalo sessuale di cui è accusato. E la Corte stessa, ammettendo la Palestina (uno Stato non riconosciuto internazionalmente) dimostra quanto sia ideologicamente orientata contro Israele.

Oggi è andato in scena l’ultimo atto (per ora) della grande farsa dell’Aia. La prima Camera pre-processuale ha, infatti, ufficialmente richiesto un mandato d’arresto nei confronti di Netanyahu e dell’ex ministro della difesa Gallant. Questo mandato d’arresto è la degna conclusione di un processo farsa di tipo staliniano. Perché si può parlare di una farsa? Perché non ha nulla di legale ma solamente connotati politici e ideologici che ricordano l’inquisizione o le purghe staliniane. Il primo grottesco passo di questa farsa è iniziato nel 2015 quando l’inesistente “Stato” di Palestina è stato ammesso come membro di questo tribunale politico dell’ONU, noto come Tribunale Penale Internazionale. Da allora è stato un crescendo fino alla scontata decisione di arrestare Netanyahu e Gallant. A questo tribunale farlocco serviva un capro espiatorio per accontentare la stragrande maggioranza degli Stati autoritari e dittatoriali, che fanno parte di questo circo pseudo legale, che anelavano ad uno “scalpo Occidentale” per dimostrare che esso non colpisce solo i paesi dittatoriali africani. Per questo scopo, chi meglio del piccolo Stato di Israele, democratico e Occidentale nel rispetto dei diritti umani, si prestava ad essere accusato di crimini di guerra e altre nefandezze? Chi meglio del procuratore Karim Khan poteva dare l’inizio dell’inquisizione a danno di Israele?

Ora proviamo a circostanziare il “clima” nel quale si è mosso il tribunale e il procuratore Khan.

Per prima cosa è da ribadire che il Tribunale Penale Internazionale non ha giurisdizione nei confronti dei cittadini israeliani visto che Israele non fa parte del Trattato di Roma e l’inesistente “Stato” di Palestina non ha confini, Capitale, struttura politica e giudiziaria se non nella fantasia degli odiatori di Israele. Quindi non c’è nessuna ragione legale per la quale si sia potuto iniziare un procedimento contro Israele. L’unica ragione è di natura politica e di odio. Questo odio che è odio per l’Occidente tout court, è il collante della maggior parte dei paesi che hanno aderito al Tribunale Penale. Un esempio concreto può far capire la questione.

Da quando il tribunale è diventato operativo nel 2002 e per i 10 anni successivi, gli unici casi dei quali si è occupato sono stati relativi ai dittatori africani. L’ennesimo caso si è aperto nel 2011 e riguardava il presidente del Kenya Kenyatta e del vicepresidente Ruto, accusati di crimini contro l’umanità per le centinaia di morti civili susseguenti alle elezioni keniote del 2007. Quando il Tribunale Penale Internazionale ha deciso di aprire l’istruttoria contro Kenyatta e Ruto, i paesi africani, riuniti nell’organizzazione dell’Unione Africana, hanno approvato la risoluzione che prevedeva di uscire in massa dal Tribunale Penale Internazionale se l’istruttoria nei confronti del presidente keniota e del suo vice non fosse stata chiusa. La motivazione? Semplicemente perché il Tribunale, a loro avviso, era uno “strumento del neo imperialismo occidentale” e non perché Kenyatta e Ruto fossero innocenti. I giudici del tribunale per paura di perdere l’adesione dei numerosi paesi africani, e di essere visti come strumenti dell’imperialismo occidentale, decisero di chiudere le accuse nei confronti di Kenyatta nel 2014 e nei confronti di Ruto nel 2016. Ora, per le stesse motivazioni politiche che hanno portato alla chiusura del caso keniota, hanno aperto il caso contro Israele: serviva un paese Occidentale (Israele) da mettere nel banco degli imputati. Per fare questo chi è meglio del procuratore Karim Khan? Questo procuratore ha un interessante curriculum. Infatti, Khan ha acquisito notorietà per aver difeso il dittatore della Liberia Charles Taylor nel 2006 (poi condannato a 50 di carcere), con una strategia difensiva unicamente incentrata sull’accusa al Tribunale di non garantire sufficienti risorse alla difesa di Taylor e non sul tentativo di dimostrare l’inconsistenza delle accuse di omicidio, stupro e di utilizzare innumerevoli bambini soldati. Questo perché Taylor era africano e non perché era effettivamente un dittatore sanguinario. Dopo questo caso, Khan ha difeso il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, da accuse di crimini di guerra. Poi ha preso le difese del keniota Ruto, che come abbiamo visto, le accuse nei suoi confronti furono ritirate per motivi politici nel 2016. In ogni caso Khan fu, poi, accusato di interferenze politiche durante l’istruttoria e di intimidazione dei testimoni dell’accusa. Dopo aver difeso i dittatori africani, Khan, è diventato a sua volta un procuratore del Tribunale Penale. Nel giugno del 2021, il Procuratone Khan ha raccolto il testimone dalla Procuratrice Fatouh Bensouda, la quale in modo del tutto selettivo e in base a criteri inesistenti nel diritto internazionale ha deciso di procedere contro le autorità civili e militari israeliane per presunti crimini di guerra. Khan è andato molto oltre, infatti nel maggio di quest’anno ha richiesto il mandato di arresto per Netanyahu e Gallant. Il Wall Street Journal però ha scoperto che Khan, poche settimane prima di chiedere il mandato d’arresto per Netanyahu e Gallant, è stato accusato di molestie sessuali da parte di una sua segretaria. Tali accuse sono state poi confermate da altre collaboratrici di Khan nelle settimane scorse il tutto coperto dal Tribunale Penale. In pratica il giornale americano accusa apertamente Khan di aver richiesto i mandati di arresto per crearsi una “copertura” contro le accuse di molestie. Infatti di prove circostanziate contro i leader israeliani non ne ha mai fornite. Inoltre, si è scoperto anche che Khan presta servizio per lo studio legale britannico Bindmans, uno studio legale impegnato “alla difesa dei diritti dei palestinesi”. Strana coincidenza o conflitto di interessi?

Ora la Commissione che ha deciso di chiedere l’arresto di Netanyahu e Gallant nella  sua motivazione parla di “crimini di guerra per affamaménto come metodo di guerra” e “crimini contro l'umanità, inclusi l'omicidio, la persecuzione e altri atti inumani”. Queste accuse sono state formulate senza una commissione d’inchiesta che abbia raccolto informazioni e prove in loco ma grazie a “testimoni” non precisati per tutelare la loro sicurezza.

Come si evince chiaramente dai soggetti coinvolti nell’accusa, l’incriminazione è così grottesca e infondata che ricorda molto da vicino l’operato dell’inquisizione. L’unica speranza che rimane alla verità, alla giustizia e all’onore è che Trump faccia uscire gli USA dall’ONU e questa organizzazione cessi di esistere.


David Elber


takinut3@gmail.com

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