sabato 11 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
03.11.2023 La soluzione a due stati (e quella cena che non ho ancora potuto riscuotere)
Analisi di Marco Paganoni, da Israele.net

Testata: Informazione Corretta
Data: 03 novembre 2023
Pagina: 1
Autore: Marco Paganoni
Titolo: «La soluzione a due stati (e quella cena che non ho ancora potuto riscuotere)»
La soluzione a due stati (e quella cena che non ho ancora potuto riscuotere)
Analisi di Marco Paganoni, da Israele.net

Informazione Corretta
Marco Paganoni

La soluzione a due stati (e quella cena che non ho ancora potuto riscuotere)  - Israele.net - Israele.net

In giallo/ocra, lo stato palestinese che esisterebbe già oggi se nel 2008 i palestinesi avessero accettato la proposta di Olmert

Erano i primissimi anni Duemila. La prospettiva “due stati per due popoli”, allora sostenuta da una netta maggioranza di israeliani, era stata affossata dal rifiuto palestinese dello stato palestinese indipendente accanto a Israele proposto a Yasser Arafat dal premier israeliano Ehud Barak e dal presidente americano Bill Clinton nel luglio 2000 e di nuovo nel gennaio 2001. E veniva tragicamente annientata, settimana dopo settimana, dalla orribile sequenza di attentati suicidi contro la popolazione israeliana nella cosiddetta seconda intifada.

In quei giorni ci trovammo con un ristretto gruppo di giornalisti che, allibiti, si domandavano come i palestinesi avessero potuto gettare nella pattumiera un’occasione storica di quella portata (se l’avessero accettata, oggi la soluzione “due stati per due popoli” sarebbe già in atto da più di vent’anni, e anche i coloni estremisti se ne  sarebbero ormai fatti una ragione). A quei giornalisti, un alto funzionario del Ministero degli Esteri israeliano disse: “Certo, i palestinesi moderati parlano sempre della soluzione a due stati. Ma sono pronto a pagarvi una cena se mi trovate anche un solo esponete palestinese che dica: due stati per due popoli“.

Da allora, ci ho fatto caso. Non ne ho mai trovato neanche uno, e non ho ancora potuto riscuotere quella cena.

Chiedemmo all’alto funzionario israeliano: “Come mai non dicono per due popoli”? Risposta: “Semplicemente perché non è ciò che intendono”. Ciò che intendono i palestinesi “moderati” per soluzione “a due stati”, ci spiegò, è uno stato integralmente arabo, ripulito d’ogni presenza ebraica (judenrein), accanto a uno stato destinato a diventare ben presto anch’esso arabo, grazie al cosiddetto diritto al ritorno (che non è un diritto e non sarebbe nemmeno un ritorno).

Oggi va per la maggiore la seguente tesi (che offre la ghiotta opportunità di addossare ancora una volta tutta la responsabilità della situazione alla parte israeliana): Benjamin Netanyahu, e i coloni estremisti su cui si è appoggiato sempre più, hanno assecondato e persino favorito il potere su Gaza degli estremisti di Hamas perché in questo modo hanno messo in difficoltà i moderati dell’Autorità Palestinese di Abu Mazen e hanno reso impossibile la soluzione a due stati, coltivando l’illusione di potersi annettere la Cisgiordania nel silenzio generale.

Non è andata così. La storia del mondo non inizia con Bibi. Nemmeno quella dei tentativi di soluzione del conflitto israelo-palestinese.

Ben prima di Netanyahu, ciò che ha annientato la soluzione “due stati per due popoli“, e che ha messo alle corde la parte politica israeliana che ci credeva e la sosteneva, sono stati i ripetuti rifiuti da parte palestinese dello stato arabo accanto allo stato ebraico: non solo il rifiuto di Arafat a Barak e Clinton nel 2000/2001 (Netanyahu aveva perso le elezioni), ma anche il rifiuto di Abu Mazen al premier israeliano Ehud Olmert nel 2008 (Netanyahu era in minoranza e all’opposizione).

E’ chiaro che, in Israele, i nemici della soluzione a due stati hanno approfittato della lunghissima impasse negoziale seguita a quei rifiuti, e hanno raccolto i dividendi politici ed elettorali del crollo di credibilità di quella ipotesi di soluzione causato dai rifiuti palestinesi e dalle incessanti violenze del terrorismo (che fosse coi razzi, le bombe o le mannaie). In sintesi: i rifiuti palestinesi combinati con il terrorismo hanno gettato una grossa fetta di elettorato israeliano nelle braccia della destra più diffidente/intransigente.

Oggi si sprecano i consigli e le prediche a Israele. E non c’è chi non ripeta che il governo israeliano (o meglio, quello che per forza prima o poi gli succederà) deve rilanciare l’iniziativa politica e diplomatica nella prospettiva della soluzione a due stati (si spera: per due popoli).

Una prospettiva che personalmente auspichiamo, in linea di principio, per i noti motivi: perché sarebbe eticamente giusta, e perché Israele non può annettere territori densamente abitati da arabi palestinesi senza cessare di essere quello che oggi è: l’unico stato al mondo in cui la maggioranza ebraica può autodeterminare democraticamente il proprio destino.

Tuttavia, quello che non si sente mai dire è cosa dovrebbe fare la parte palestinese “moderata”, se si vuole rendere di nuovo minimamente plausibile e praticabile la soluzione a due stati.

Per esempio, i palestinesi moderati potrebbero iniziare con l’ammettere esplicitamente che fu un drammatico errore rifiutare quelle proposte di compromesso (le uniche possibili), e riconoscere che quelle proposte di compromesso sono ciò che oggi intendono accettare e attuare. E dovrebbero affermare a chiare lettere che per soluzione “a due stati” si intende la coesistenza fianco a fianco di uno stato arabo e uno stato ebraico.  E che, come gli ebrei esercitano il “ritorno” nello stato ebraico, così i palestinesi eserciteranno il “ritorno” nello stato palestinese, non in quello ebraico.

Questo dovrebbero affermare, come minimo, per rendere di nuovo proponibile la soluzione “due stati per due popoli“. Ma non lo faranno: perché non è ciò che vogliono, perché va contro tutto ciò su cui si è forgiata e alimentata l’identità nazionale palestinese. E io non riscuoterò mai quella cena.

(Da: israele.net, 1.11.23)

 


takinut3@gmail.com

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT