Testata: Informazione Corretta Data: 15 maggio 2023 Pagina: 1 Autore: Giovanni Quer Titolo: «E’ cessate il fuoco?»
E’ cessate il fuoco?
Commento di Giovanni Quer
Si è conclusa l’operazione militare “Scudo e freccia”, che Israele considera una vittoria per due motivi: anzitutto è stata Israele ad attaccare mettendosi in una posizione non solo di risposta; in secondo luogo, Jihad Islamico ha subito varie perdite sia in termini di leadership, sia in termini di capacità operative. Altro elemento di successo è l’opinione internazionale: l’operazione militare si è condotta in un’atmosfera internazionale di minore condanna rispetto ad altri scontri in passato, anche per il contenuto numero di vittime collaterali dei vari attacchi. In numeri: 1.234 missili lanciati su Israele fino a sabato sera, 371 attacchi di Israele su obiettivi militari, 33 vittime palestinesi, di cui circa 10 civili, e 1 vittima in Israele e 43 feriti (tra cui anche operai di Gaza che si trovavano in Israele). Israele ha potuto testare la batteria antimissile “fionda di David” che ha intercettato il missile lanciato su Tel Aviv mercoledì scorso. Un’operazione “chirurgica” come viene definita. Cinque giorni di scontro dal cui inizio Egitto, Qatar e le Nazioni Unite hanno lavorato per raggiungere un accordo di cessate il fuoco, entrato in vigore sabato sera e violato da Jihad Islamico già domenica. Il lancio di un missile su Israele è stato definito un “errore tecnico”, ma molto più probabilmente si tratta di qualche mano innervosita di Jihad Islamico che vuole testare la pazienza Israele. In molti considerano che i successi degli attacchi israeliani abbiano riportato la “deterrenza” che dovrà riportare la calma nel Sud di Israele. Una deterrenza però sempre temporale e a scadenza, poiché le operazioni militari sono ormai a cadenza quasi annuale. Chi è in favore di una risposta militare sostiene che l’unica soluzione per una deterrenza a lungo termine sia una campagna militare via terra, che possa distruggere in maniera più ampia l’infrastruttura di Jihad Islamico. Una simile opzione comporterebbe un alto numero di vittime tra i soldati ed è di certo la strada meno percorribile. Durante i cinque giorni di scontro Israele ha attaccato obiettivi di Jihad Islamico tenendo Hamas all’infuori della lotta, che ha preferito non lasciarsi coinvolgere. Qui altri analisti vedono uno spiraglio per una più ampia intesa con Hamas, considerando Gaza come un quasi-stato. Un possibile accordo potrebbe essere raggiunto con intermediazione egiziana e prevederebbe investimenti economici per migliorare la situazione della popolazione. Hamas ha però due teste che spesso ragionano in maniera diversa: una testa è quella di Gaza, che gode dei benefici economici quando dimostra di voler abbassare le armi, e l'altra è all’estero che è più belligerante - tanto non deve vivere a Gaza. Jihad Islamico ha una sola testa, che non accetta condizioni né compromessi, ed è devota all’indefessa e continua lotta contro il “nemico sionista” - tanto prende i soldi dall’Iran e non deve preoccuparsi di gestire un quasi-Stato come Gaza e provvedere ai bisogni della popolazione. Hamas trae anche beneficio dagli attacchi a Jihad Islamico, che è un crescente rivale di Hamas soprattutto nella West Bank (Giudea e Samaria). L’indebolimento di Jihad Islamico comporta il rafforzamento di Hamas che ben presto potrebbe dominare anche Ramallah. In uno scenario simile Israele si troverebbe circondata dagli alleati iraniani con Hezbollah a Nord e Hamas a Sud e a Est. Ad opporsi alla divisione tra Jihad Islamico e Hamas è anche Hassan Nasrallah di Hezbollah, che in un discorso di venerdì ha accusato Israele di tentare di dividere la “resistenza”, assicurando che i vari gruppi dell’asse anti-Israele sono uniti e coordinati indicando quindi che la deterrenza può forse valere per una piccola organizzazione terroristica, come Jihad Islamico e per breve tempo. La sfida più complicata rimane comunque la famosa guerra multi-fronte cui Israele si prepara da tempo.