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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.12.2022 Il volto della guerra di successione palestinese
Analisi di Caroline Glick

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 dicembre 2022
Pagina: 1
Autore: Caroline Glick
Titolo: «Il volto della guerra di successione palestinese»
Il volto della guerra di successione palestinese
Analisi di Caroline Glick

(Traduzione di Maria Sole Croce)

Caroline Glick Archives - JNS.org
Caroline Glick

anp Archivi - Franco Londei
Abu Mazen

Le esplosioni mortali di mercoledì presso due fermate degli autobus a Gerusalemme sono i primi attentati di questo tipo che gli israeliani subiscono nella loro capitale dopo diversi anni. Ma non dovrebbero aver sorpreso nessuno. Dall’inizio di quest’anno Gerusalemme è stata teatro di un’ondata in costante aumento di aggressioni palestinesi contro gli ebrei, colpiti da coltelli, armi da fuoco o attacchi con veicoli. Nelle ultime settimane i livelli del terrorismo palestinese hanno registrato un’ulteriore impennata, in particolare in Giudea e Samaria e Gerusalemme. La settimana scorsa tre persone sono state uccise da un terrorista palestinese ad Ariel. Sparatorie, bombe incendiarie e lanci di pietre si sono susseguiti per le strade giorno e notte, e in misura crescente nelle comunità israeliane di Giudea e Samaria. Gli attentati dinamitardi alle fermate degli autobus di Gerusalemme sono anche, a quanto pare, un segno che l’Iran ha assunto un ruolo centrale nel dirigere gli attacchi terroristici in Israele. Nel corso degli ultimi mesi il gruppo terroristico più attivo in Giudea e Samaria e Gaza è stata la Jihad islamica, una consociata interamente controllata dall’Iran. La campagna di lanci missilistici palestinesi sferrata a settembre contro Israele da Gaza è stata condotta quasi esclusivamente dalla Jihad islamica, mentre il comandante operativo dirigeva l’attacco da Tehran. Giovedì mattina, un gruppo di hacker iraniani legato al regime ha diffuso i video, ripresi dalle telecamere di sicurezza, dell’attentato di mercoledì mattina a Gerusalemme. Gli hacker hanno annunciato sulla loro pagina Telegram di aver violato e di aver preso il controllo delle telecamere di sicurezza a Gerusalemme — e forse in altre aree di Israele. Questo è il secondo attacco informatico significativo da parte di entità iraniane negli ultimi mesi. Lo stesso gruppo ha dichiarato di aver hackerato le sirene dei raid aerei a Eilat e di aver fatto scattare il sistema diverse volte durante l’estate. Le indagini sull’origine dei video non hanno dato un esito chiaro. Per tutta la giornata di giovedì si sono susseguite a cadenza oraria affermazioni contraddittorie. Ciò che è abbastanza chiaro, però, è che l’Iran è responsabile dell’attacco informatico alle telecamere di videosorveglianza di alcuni organismi di sicurezza israeliani. Le implicazioni dell’attacco hacker iraniano sulle telecamere di sicurezza a Gerusalemme sono serie. Le implicazioni del coinvolgimento diretto dell’Iran negli attentati terroristici contro Israele da parte di palestinesi di Giudea e Samaria e Gaza sono strategiche. Prima di considerare queste implicazioni, è importante notare che l’amministrazione Biden è totalmente impegnata a non rilevare nulla di quanto sta accadendo o a negare che ciò che sta accadendo abbia una qualche rilevanza.

Per quanto riguarda l’amministrazione, l’unica forza importante nella società palestinese è l’Autorità Palestinese (ANP), controllata dall’OLP. E oggi la politica americana verso Israele è essenzialmente una pressione sullo stato ebraico affinché “rafforzi l’ANP”. A tal fine, giovedì il Presidente Joe Biden ha informato il Congresso della sua intenzione di migliorare i legami degli Stati Uniti con l’ANP promuovendo Hady Amr, vice assistente del Segretario di Stato per i rapporti tra Israele e Palestina, a un nuovo incarico come rappresentante speciale per la Palestina. La scorsa settimana, in vista della sua promozione, Amr si è recato in visita in Israele e presso l’ANP. Durante i suoi incontri con i funzionari israeliani, Amr ha chiesto che Israele si porti avanti — se possibile prima che si insedi il governo del primo ministro designato Benjamin Netanyahu — approvando progetti che “rafforzeranno” finanziariamente e diplomaticamente l’ANP. La motivazione data da Amr ai suoi “lame-duck” interlocutori israeliani è che l’ANP si trova “sull’orlo del collasso”; che deve essere salvata dal collasso ad ogni costo; che Israele ha la responsabilità di prevenire il collasso dell’ANP; e che Israele non può aspettarsi la collaborazione dell’ANP nelle operazioni antiterrorismo dell’IDF senza darle qualcosa in cambio. Quindi Amr ha chiesto ai leader “lame-duck” israeliani di approvare i progetti che arricchiscono e legittimano l’ANP Più o meno nel momento in cui Amr dava una strigliata ai suoi interlocutori israeliani a Gerusalemme, il Capo di Stato Maggiore uscente dell’IDF, il tenente generale Aviv Kochavi, si recava a Washington nella speranza di convincere l’amministrazione sull’importanza di agire militarmente e immediatamente contro le installazioni nucleari iraniane, dato che l’Iran sta procedendo nell’arricchimento dell’uranio fino alla gradazione necessaria per produrre armi. Invece di prendere sul serio gli avvertimenti di Kochavi, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan ha dedicato quasi tutto il suo colloquio con Kochavi a ripetere le argomentazioni di Amr. Ha chiesto a Israele di evitare il collasso dell’ANP e ai leader “lame-duck” israeliani di approvare i progetti finalizzati a rafforzare l’ANP sotto il profilo economico e diplomatico. Se l’amministrazione è interessata a stabilizzare la situazione, a combattere il terrorismo palestinese e a coltivare relazioni pacifiche tra i palestinesi e Israele che porterebbero alla definizione di uno stato palestinese in pace con Israele, la sua ossessione per il “rafforzamento dell’ANP” non ha assolutamente senso. Ancora oggi, come durante i suoi 28 anni di storia, le principali attività dell’ANP non hanno nulla a che vedere con il governare i palestinesi, combattere il terrorismo, coltivare la pace con Israele o costruire uno stato-nazione coerente. Al contrario, da quando l’Autorità Palestinese fu fondata in forza degli accordi di pace firmati dall’OLP con Israele negli anni ’90 del secolo scorso, le sue attività principali sono state sponsorizzare il terrorismo, fomentare il terrorismo, finanziare il terrorismo, rubare terreni statali nell’’Area C di Giudea e Samaria, e condurre un’offensiva diplomatica contro Israele presso l’ONU e gli organismi giuridici internazionali il cui scopo è delegittimare l’esistenza stessa d’Israele. L’unico cambiamento significativo nel modus operandi dell’ANP negli ultimi mesi è stato un incremento del coinvolgimento diretto delle sue forze militari negli attacchi terroristici. Da marzo, le forze di sicurezza palestinesi hanno assunto un ruolo sempre più attivo negli attentati terroristici contro Israele, in particolare nella Samaria settentrionale e nel distretto di Benjamin. Figli di dirigenti dell’ANP responsabili della sicurezza sono coinvolti nell’assassinio di israeliani e l’ANP ha incoraggiato e celebrato tale cambiamento. Il mese scorso, per esempio, il primo ministro dell’ANP Muhammad Shtayyeh è andato a trovare a Jenin le famiglie dei terroristi. Con lui c’era anche il Generale dell’ANP Fathi Hazem. Hazem è la nuova celebrità del terrorismo palestinese, ricercato da Israele. Suo figlio Ra’ad ha ucciso tre israeliani e ne ha feriti sei in un attacco terroristico condotto in aprile a Tel Aviv. Suo figlio Ahed ha sparato in diverse occasioni contro soldati dell’IDF prima di essere ucciso. Hazem e i suoi figli, come altri terroristi, sono incensati e riveriti da leader dell’ANP quali Mahmoud Abbas e Shtayyeh, e celebrati ogni giorno nelle scuole, nelle università e nei mezzi d’informazione dell’ANP e dai leader religiosi. Come si spiega la partecipazione sempre più attiva dell’ANP agli attentati terroristici? Come si spiega l’escalation degli attacchi terroristici in generale? E come si colloca l’Iran in tutto questo?

La risposta a tutte queste domande parte dal fatto che il capo dell’OLP e presidente dell’ANP Mahmoud Abbas ha 87 anni, è malato e ci si aspetta che muoia in un futuro molto prossimo. In vista della sua dipartita, i gruppi terroristi palestinesi, e l’ANP, si stanno contendendo posizioni e influenza nella speranza di conquistare il potere quando Abbas scomparirà dalla scena. Secondo gli analisti, negli anni che seguiranno la morte Abbas la società palestinese sprofonderà in una sanguinosa guerra civile. Tuttavia, la recente escalation degli attacchi terroristici indica che la lotta per la successione palestinese, e la guerra civile così com’è, si sta svolgendo in modo molto diverso. Invece di uccidersi a vicenda, i terroristi palestinesi cercano di costruire il loro potere e la loro influenza assassinando gli ebrei. Più alto è i numero di ebrei che le varie fazioni riescono ad ammazzare, più esse diventano potenti. Questo modello concettuale spiega sia il maggior coinvolgimento diretto dell’ANP negli attentati sia l’aumento degli attentati in generale. Spiega anche perché l’Iran abbia deciso d’intervenire direttamente negli attacchi terroristici palestinesi. Il regime vuole che siano i suoi mandatari a sostituire Abbas e, assumendosi un ruolo centrale nella conduzione degli attacchi, l’Iran aumenta le proprie probabilità di subentrare nel controllo. La natura della lotta di potere palestinese è davvero su misura per i mullah. Dato che tutte le fazioni palestinesi condividono il medesimo entusiasmo nell’uccidere gli ebrei israeliani, nessuna di loro ha problemi ideologici ad accettare denaro iraniano o al fatto che sia l’Iran a dirigere le operazioni. Se l’Iran vuole impadronirsi del teatro palestinese, questo è il momento di entrare in scena. Così è. Tale contesto ha moltissime implicazioni strategiche per la pianificazione della guerra da parte israeliana. Ma, specialmente riguardo ai palestinesi, rivela anche quanto siano futili le speranze della sinistra israeliana di separarsi dai palestinesi (fra le altre cose), ritirandosi da Giudea e Samaria secondo le linee definite dagli accordi di pace di Oslo e sostenute dall’amministrazione Biden. Israele non può stare indietro e guardare i palestinesi che si uccidono tra loro, perché non è ciò che adesso stanno facendo, ed è improbabile che lo faranno dopo la morte Abbas. Piuttosto, è probabile che vedremo più di quanto stiano facendo ora, e anche di peggio. Dopo la scomparsa di Abbas, le fazioni palestinesi, inclusa l’ANP, continueranno a contendersi potere e territori uccidendo israeliani, ovunque siano. Di fronte a questa realtà, l’unico modo in cui Israele può difendersi nel breve e lungo termine è finirla con la presunzione che l’ANP sia un organo di governo legittimo e portare avanti un’operazione militare che smantelli le milizie dell’ANP insieme al resto dei gruppi terroristici che operano in Giudea e Samaria. Può darsi che per un breve periodo Israele debba assumere funzioni di governance civile nei centri in cui vive la popolazione palestinese, ma una volta consolidato il pieno controllo della sicurezza in quelle aree, sarà in grado di delegare quei poteri ai leader locali. Alla luce del sostegno ossessivo dell’amministrazione Biden all’ANP, e del suo rifiuto di riconoscere sia il ruolo centrale dell’ANP nel coltivare l’odio per Israele e gli ebrei quale principio cardine della società palestinese, sia la vera natura della lotta di potere già in atto fra i gruppi terroristici palestinesi, è probabile che questa mossa israeliana provochi una risposta furiosa da parte di Washington. Ma gli attentati di mercoledì a Gerusalemme indicano chiaramente che il prossimo governo israeliano non avrà altra scelta che ordinare quanto prima l’avvio di questa operazione. A tal fine, non appena l’imminente governo di Netanyahu si sarà insediato, dovrà intraprendere una duplice strategia: organizzare piani di emergenza per occupare con la forza i centri abitati dai palestinesi e, per quanto possibile, preparare diplomaticamente il terreno per l’inevitabile.

takinut@gmail.com

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