IC7 - Il commento di Giovanni Quer: A un giorno dalle elezioni
Dal 23 al 30 ottobre 2022

Tra due giorni Israele va alle urne per la quinta volta in tre anni. Dai sondaggi più recenti emerge che il blocco di Benjamin Netanyahu avrebbe una risicata maggioranza su quello di Yair Lapid, che negli ultimi giorni ha però migliorato la propria posizione. Il partito di Naftali Bennett e Ayelet Shaked, Yamina, non passerebbe la soglia di sbarramento: il bacino elettorale di Yamina si è sentito tradito dalla decisione di entrare nella coalizione con i partiti di sinistra, e ritorna a preferire il Likud o la lista della destra religiosa, che è una coalizione di tre partiti capeggiati da Itamar Ben-Gvir, Betzalel Smotrich e Avi Maoz. Itamar Ben-Gvir ha giocato la campagna elettorale sulla preservazione della natura ebraica nello Stato di Israele e sulla sicurezza, accusando i partiti arabi di giustificare il terrorismo. I tentativi di entrare nel mainstream della politica israeliana non hanno per ora successo. La campagna elettorale ha fatto emergere che lo stesso Ben-Gvir è stato condannato in passato per appoggio a un’organizzazione terroristica e per incitamento all’odio. L’insistenza sulla questione della sicurezza è anche oggetto di un duello elettorale: Itamar Ben-Gvir non ha fatto l’esercito, mentre Betzalel Smotrich ha fatto un servizio militare abbreviato – non una cosa di cui vantarsi in Israele, dove la sicurezza è una questione centrale. Viste le posizioni estremiste dei leader, Netanyahu è stato ben attento a non apparire in pubblico con nessuno di loro, nemmeno per le foto degli eventi elettorali, in modo da non dare l’idea di una comunanza ideologica. La sinistra rimane con 4-5 seggi ciascuno per il Labor e per Meretz, per cui molti votano affinché rimanga alla Knesset. Benché molti fedeli di Meretz siano lontani dalla direzione che il partito ha preso con la nuova leadership, i cui valori sionisti sono spesso messi in discussione, altri continuano a votare Meretz perché rimanga alla Knesset, rappresentando una colonna storica nella politica israeliana.

Il pubblico arabo è ampiamente deluso dai risultati dell’esperimento politico dell’attuale coalizione, appoggiata dal partito islamista Ra’am. Varie iniziative di organizzazioni giovanili hanno iniziato delle campagne per convincere gli arabi ad andare a votare, in un clima di delusione e percezione di marginalizzazione. Alle scorse elezioni i due principali partiti, la lista di Ra’am e quella di Hadash (il partito arabo-ebraico di ispirazione socialista) si erano battute con una campagna elettorale sentita e piena di dibattiti. Ora gli spiriti si sono calmati e l’entusiasmo si è spento.
Gli ultimi successi dell’attuale coalizione sono stati raggiunti proprio nelle ultime settimane di governo: il colpo inflitto al gruppo terroristico “La tana dei lupi” e l’accordo con il Libano. Da mesi Israele opera nell’area di Nablus, con operazioni militari mirate. In agosto è emerso un nuovo gruppo terroristico, i “Leoni di Nablus”, fondato da attivisti delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa (l’ala armata di Fatah) e orientato all’unione nazionale. Il gruppo non appartiene a nessuna organizzazione politica e comprende attivisti idi diverse ideologie. Anche il logo dei “Leoni” ricorda le simbologie di Fatah e Hamas, con la cupola d’oro contornata da due fucili che sovrastano la scritta “Tana dei Leoni”.
Dopo alcune operazioni terroristiche contro soldati israeliani in agosto, Israele ha iniziato una campagna militare per neutralizzare la nuova organizzazione. Alcuni dei comandanti del gruppo terroristico sono morti in scontri a fuoco con l’esercito israeliano, come Tamar al-Kilani di 33 anni, e Wadia al-Huh di 31, la cui casa serviva anche come fabbrica di esplosivi. Altri sono stati arrestati. I “Leoni” si sono arresi all’Autorità Palestinese anche in seguito alla pressione sociale della popolazione nell’area di Nablus, colpita dalle operazioni militari. Nonostante non abbiano goduto di grande appoggio sociale, il fenomeno dei “Leoni” è di estremo interesse perché dimostra come i giovani palestinesi siano attivi nella lotta contro Israele, cercando anzitutto l’unità nazionale che le fazioni palestinesi non riescono a raggiungere. In secondo luogo, il fenomeno dei “Leoni” dimostra anche come i giovani siano capaci di organizzarsi oltre alle istituzioni e alle milizie esistenti. Il Ministro della Difesa Benny Gantz sostiene che non si tratti di un’Intifada, ma nell’area di Nablus e Jenin sia Jihad Islamico sia Hamas sono sempre più radicati e attivi, fomentando campagne di violenza. Le due organizzazioni sono legate all’Iran e a Hezbollah, che vogliono creare un fronte di conflitto contro Israele in Siria, con più ampia libertà di azione ora che i russi hanno meno presenza nel Paese e che con certezza sognano anche un radicamento nella West Bank. Hezbollah ha subito però un duro colpo: l’accordo tra Israele e il Libano. Un accordo che definisce il confine marittimo e che mantiene la sovranità territoriale sul giacimento di gas e la piattaforma di estrazione chiamata “Karish”. Hezbollah aveva promesso una guerra contro Israele, ma per ora questo non è successo.
L’opposizione capeggiata da Netanyahu ha criticato l’accordo sostenendo che Israele ha ceduto territori confine, anche richiedendo il voto alla Knesset – critiche ben più serie erano state dirette all’accordo che Netanyahu aveva stretto sull’estrazione e la fornitura di gas, ma quando opposizione e governo sono impegnati nella lotta elettorale, il “bene pubblico” passa in secondo piano. In Libano le timide voci che da un anno parlano di una possibile normalizzazione con Israele, si fanno di nuovo sentire, come Claudine Aoun, la figlia del Presidente. Nessuno parla di pace, ma si apre uno spiraglio alla diminuzione delle tensioni tra i due Paesi e a una ripresa economica del Libano. L’Accordo rimane una pietra miliare sulla quale, forse un giorno, quando Beirut non sarà sotto il giogo di Hezbollah e dell’Iran, si potrà costruire un’intesa più ampia.

Giovanni Quer, ricercatore al Moshe Dayan Center for Middle Eastern and African Studies all'Università di Tel Aviv