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Informazione Corretta Rassegna Stampa
11.04.2010 Gerusalemme, 3000 anni di storia
di Eli E.Hertz

Testata: Informazione Corretta
Data: 11 aprile 2010
Pagina: 1
Autore: Eli E.Hertz
Titolo: «Gerusalemme, 3000 anni di storia»

" Gerusalemme, 3000 anni di storia "
di Eli E.Hertz
(traduzione di Emanuel Segre Amar)


Eli E. Hertz, Gerusalemme

La capitale di una  nazione attraverso la  storia.

Gerusalemme ed il popolo ebraico sono così intimamente legati che, raccontando la storia della prima si racconta anche la storia dell'altro. Da oltre 3000 anni  Gerusalemme ha avuto un ruolo centrale nella storia degli ebrei dal punto di vista culturale, politico e spirituale; un ruolo documentato già nelle Sacre Scritture. Per tutti i 2000 anni della diaspora gli ebrei hanno chiamato Gerusalemme la loro patria avita. Questo è in stridente contrasto col rapporto fra Gerusalemme e i nuovi islamici che incrementano in modo artificioso il legame dell’Islam con essa.
I dirigenti arabi che hanno esercitato il controllo su Gerusalemme negli anni 50 e 60 non hanno mostrato alcuna tolleranza religiosa nella città che ha dato i natali alle due maggiori religioni occidentali. Le cose  sono cambiate dopo la guerra dei Sei giorni, nel 1967, quando  Israele ha ripreso il controllo dell'intera città. Simbolicamente uno dei primi provvedimenti decisi da Israele è stato di riconoscere ufficialmente e rispettare tutti gli interessi religiosi nella città. Ma la guerra per il controllo di Gerusalemme e dei suoi luoghi di culto non è ancora terminata.
Il terrorismo palestinese ha scelto come obiettivo Gerusalemme nel tentativo di sottrarre a Israele il controllo della città. Il risultato di ciò è che hanno trasformato Gerusalemme in un sanguinoso campo di battaglia e hanno di conseguenza perso il diritto alla condivisione nel destino della città.
 

Il legame  ebraico con Gerusalemme:  Storico, Religioso e  Politico.

Lo storico Martin Gilbert  ha scritto: Gerusalemme non è semplicemente una città; “è il centro  spirituale e fisico della storia del popolo ebraico”.

Per oltre 3000 anni il popolo ebraico ha guardato a Gerusalemme come alla sua capitale  spirituale, politica e storica, anche quando non aveva fisicamente il controllo della città. Per tutta la sua lunga storia Gerusalemme è stata e tuttora è la capitale politica di un’unica nazione: quella che appartiene agli ebrei.
La sua importanza nella storia ebraica risale al 1004 prima dell’era cristiana, quando il re Davide ha dichiarato la città capitale del primo regno ebraico. Secondo la Bibbia il successore e figlio di Davide, re Salomone, ha costruito il primo Tempio, luogo santo per venerare l'Onnipotente. Purtroppo la storia non sarà caritatevole con il popolo ebraico. Quattrocentodieci anni dopo che Salomone aveva completato la costruzione di Gerusalemme, i babilonesi, (i primi antenati degli attuali iracheni), conquistarono e distrussero la città, e costrinsero gli ebrei  all’esilio.
Passati cinquanta anni, quando Babilonia venne conquistata dai persiani, gli attuali iraniani, gli ebrei, o israeliti come venivano chiamati, vennero lasciati liberi di ritornare. E la prima preoccupazione degli ebrei fu di riproclamare Gerusalemme come propria capitale e di ricostruirvi il Sacro Tempio, ricordato nella storia come il Secondo Tempio. 
Gerusalemme era molto più che la capitale politica del regno  ebraico; era il faro spirituale degli ebrei. Durante il periodo del Primo e del Secondo Tempio gli ebrei che abitavano in tutto il regno vi si recavano tre volte all’anno in occasione dei pellegrinaggi delle festività ebraiche di Succoth, Pesach e Shavuoth, fino a quando l'impero romano distrusse, nel 70, il Secondo Tempio, mettendo fine anche alla sovranità ebraica su Gerusalemme per i successivi 2000 anni. Ma nonostante questo destino gli ebrei non hanno mai rinunciato al loro legame con Gerusalemme, né a quello con Eretz Israel, la Terra di Israele.
In qualunque parte del mondo gli ebrei siano vissuti per questi duemila anni, il loro pensiero e le loro preghiere erano rivolte a Gerusalemme. E ancora oggi, che si sia in Israele, negli Stati Uniti o in qualunque altro posto, la pratica rituale ebraica, la celebrazione delle feste, include il riconoscimento di Gerusalemme come  elemento centrale della vita ebraica.

Bisogna osservare che:
 

Gli ebrei, durante la recitazione delle loro preghiere, si voltano sempre verso Gerusalemme.     
I Tabernacoli (i sacri Armadi) dentro i quali sono custoditi i rotoli della Torah nelle sinagoghe, sono sempre orientati verso Gerusalemme, in tutti i luoghi della terra.    
Gli ebrei terminano il seder pasquale, ogni anno, pronunciando le parole:  “l'anno prossimo a  Gerusalemme”; e le stesse parole vengono pronunciate pure alla fine del giorno del Kippur, il giorno più solenne del calendario ebraico.     
Una sospensione di tre settimane della celebrazione dei matrimoni durante l'estate ricorda l'abbattimento delle mura di Gerusalemme da parte dell’esercito babilonese nel 586 prima dell’era volgare. Questo periodo termina con uno speciale giorno di lutto, Tisha B'Av  (il nono giorno del mese ebraico di Av), in ricordo della distruzione sia del Primo che del Secondo Tempio.    
I matrimoni ebraici - occasioni gioiose - sono segnati dal dolore per la perdita di Gerusalemme. Lo sposo recita un versetto biblico dell'esilio in Babilonia:  “Se io ti dimentico, o  Gerusalemme, anche la mia mano destra si paralizzi” e intanto spezza un bicchiere in commemorazione della distruzione dei templi. 


Anche il linguaggio del corpo, di cui si dice spesso che rivela un'infinità di cose su una persona, riflette l'importanza di Gerusalemme per il popolo ebraico e, evidentemente, la minore importanza che la città riveste per i musulmani:


Quando gli ebrei recitano le loro preghiere, si voltano verso Gerusalemme. E a Gerusalemme pregano rivolti verso il Monte del Tempio.    
Quando i musulmani pregano, lo fanno rivolti verso la Mecca; a Gerusalemme i musulmani pregano voltando le spalle alla città.   
Ed anche nei funerali i musulmani sono sepolti rivolti verso la Mecca.


Consideriamo infine quante volte Gerusalemme è menzionata nei libri sacri delle due religioni:
 

Il Vecchio Testamento menziona Gerusalemme 349 volte, e Sion, altro nome della città di Gerusalemme, è menzionata 108 volte.    
Il Corano non fa menzione di Gerusalemme mai, nemmeno una volta.


Anche  sotto la dominazione di altri popoli gli ebrei hanno sempre mantenuto una presenza fisica nella città benché fossero perseguitati e impoveriti. Prima della  nascita del sionismo moderno intorno al 1880 gli ebrei trovavano la motivazione a vivere in Terra Santa in una forma di sionismo religioso, andando a vivere  soprattutto nelle quattro città sante di Safed,  Tiberiade, Hebron e, la più importante di tutte, Gerusalemme. Di conseguenza gli ebrei hanno costituito la maggioranza della popolazione della città per molte generazioni. Nel 1898 “in questa città degli ebrei, dove la popolazione ebraica sopravanzava tutte le altre di tre a uno, ...” gli  ebrei  rappresentavano il 75% della popolazione della città vecchia, in quella che il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan ha chiamato  “Gerusalemme Est”. Nel  1914, quando i Turchi Ottomani governavano la  città, 45000 ebrei erano la maggioranza dei 65000 residenti. E al momento della nascita dello Stato di Israele, nel 1948, 100.000 ebrei risiedevano nella città a fronte di appena 65.000 arabi. Prima di venire unificata, quando era sotto il controllo  giordano, la superficie di Gerusalemme Est era di soli 6 chilometri quadrati, mentre la parte ebraica era di 38 chilometri quadrati.

I tenui legami con l'Islam.

Nonostante i 1300 anni di dominazione arabo musulmana, Gerusalemme non è mai stata la capitale di un’entità araba, e non è mai stata menzionata nei documenti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina fino al momento in cui Israele ha ripreso il controllo di Gerusalemme Est in seguito alla guerra dei Sei Giorni del 1967.
Nella realtà dei fatti il ruolo di Gerusalemme nell’Islam è piuttosto da intendere come il risultato di esigenze di ordine politico che influenzano il credo religioso.
Maometto, che fondò l’Islam nel 622, nacque e crebbe nell’attuale Arabia Saudita. Non mise mai piede a Gerusalemme, ed il suo  legame con la città sorse quando vennero costruiti il santuario del Duomo della Roccia e la moschea di al-Aqsa nel 688 e nel 691 rispettivamente; la costruzione di questi due luoghi fu incoraggiata da rivalità politiche e religiose. Nel 638 il Califfo (o successore di Maometto) Omar, con il suo esercito, invase Gerusalemme e la sottrasse all'Impero Bizantino. Una delle ragioni che portarono alla costruzione di una struttura santa a Gerusalemme era la volontà di proclamare la supremazia dell’Islam sul Cristianesimo e sul suo più importante luogo di culto, la Chiesa del Santo Sepolcro.
Più importante fu la lotta per il potere all’interno dello stesso Islam: i califfi della famiglia Omayyade, residente a Damasco, che controllava Gerusalemme, volevano disporre di un luogo santo che servisse da alternativa nel caso i loro rivali avessero bloccato l’accesso alla Mecca. Questo era di particolare importanza per il fatto che il pellegrinaggio alla Mecca, lo Hadj, era, e tuttora è, uno dei cinque pilastri dell’Islam. Il risultato di ciò fu la costruzione di quello che venne chiamato il Duomo della Roccia e la adiacente Moschea.
Per aumentare il prestigio della "Mecca di riserva", la  moschea di Gerusalemme fu chiamata al-Aqsa. Il nome significa, in arabo, “la moschea più lontana”, ma ha  implicazioni molto più ampie, dal momento che è la stessa espressione utilizzata in un passaggio nodale del Corano denominato “Il viaggio notturno”. In questo passaggio Maometto arriva ad “al-Aqsa” su un cavallo alato, accompagnato dall'arcangelo Gabriele; da questo luogo essi salgono in cielo per avere un incontro divino con Allah, dopo di che Maometto ritorna alla Mecca. Chiamare la moschea di Gerusalemme al-Aqsa è stato il tentativo di affermare che il Duomo della Roccia era il punto esatto dal quale Maometto è salito in cielo, unendo in tal modo Gerusalemme alla rivelazione divina secondo le credenze islamiche. Rimane  tuttavia il problema che Maometto morì nel 632, circa 50 anni prima che la costruzione della moschea di al-Aqsa venisse completata.
Gerusalemme non ha mai preso il posto della Mecca, per importanza, all’interno del mondo islamico. Quando la dinastia degli Omayyadi cadde nel 750, anche Gerusalemme cadde nell’oblio per 350 anni, fino al momento delle crociate. In questi secoli molti siti islamici di Gerusalemme caddero in rovina, e lo stesso Duomo  della Roccia, nel 1016, crollò.
Infine, per 1300, anni diverse dinastie islamiche (i Siriani, gli Egiziani e i Turchi) mantennero il loro potere su Gerusalemme come parte del controllo totale sulla Terra di Israele, con la sola interruzione dovuta ai crociati. E' stupefacente il fatto che in tutto questo tempo nessuna dinastia islamica abbia mai fatto di  Gerusalemme la propria capitale. Intorno al XIX secolo Gerusalemme era a tal punto trascurata dai governanti islamici, che numerosi eminenti scrittori occidentali che la visitarono furono indotti a scriverne; ad esempio lo scrittore francese Gustav Flaubert trovò  “rovine  dappertutto” nel corso del suo viaggi nel 1850, quando faceva parte dell’Impero turco (1516 – 1917). Diciassette anni dopo Mark Twain scrisse che Gerusalemme era “diventata un villaggio povero”.
In effetti l'importanza di Gerusalemme per il mondo islamico si manifesta in tutta la sua evidenza solo quando i non musulmani (compresi i Crociati, gli Inglesi e gli Ebrei) hanno il controllo sulla città o la conquistano. E’ soltanto in questi momenti storici che i leaders islamici reclamano Gerusalemme come la loro terza città santa dopo la Mecca e Medina.  E questo è nuovamente avvenuto quando Israele ha conquistato Gerusalemme Est  (con la Città Vecchia), in quel momento controllata dai giordani, durante la Guerra dei Sei Giorni. Stranamente la Convenzione nazionale dell'OLP, scritta già nel 1964, non nomina mai Gerusalemme. Solo  dopo che Israele ha riconquistato il controllo sull'intera città, l'OLP ha aggiornato la sua Convenzione per includervi Gerusalemme.

La vergognosa dominazione della Giordania.

Intorno alla metà del XX secolo, quando gli arabi hanno avuto per l’ultima volta il controllo su una parte di Gerusalemme, non hanno mostrato alcun  rispetto nei confronti della Città Santa.
Nel 1948, quando la  Giordania prese il controllo della parte orientale di Gerusalemme, compresa la Città Vecchia, per la prima volta in 3000 anni di storia la città venne divisa. In base agli accordi armistiziali del 1949 con Israele, la Giordania si era impegnata a concedere libero accesso a tutti i luoghi santi, ma non onorò i suoi impegni. Dal 1948 fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967 il settore di Gerusalemme controllato dai Giordani divenne ancora una volta una città di provincia isolata e sottosviluppata, coi suoi luoghi religiosi divenuti oggetto di intolleranza.
La Città Vecchia è stata vuotata dei suoi abitanti ebrei; i luoghi ebraici come il Monte degli Ulivi vennero  dissacrati. La Giordania distrusse oltre 50 sinagoghe, e fu cancellata ogni traccia di presenza ebraica. Oltre a ciò tutti gli ebrei vennero espulsi dal quartiere ebraico della Città Vecchia, contiguo al Muro Occidentale,  zona nella quale avevano vissuto per generazioni.
Per 19 anni ad ebrei e cristiani residenti in Israele (ed anche ai musulmani israeliani) fu negata ogni possibilità di accesso ai rispettivi luoghi santi nonostante l'impegno assunto dalla Giordania di concedere libero accesso. Gli ebrei, ad esempio, non potevano pregare al Muro Occidentale; gli arabi cristiani che vivevano in Israele non potevano accedere alle chiese ed agli altri luoghi religiosi nella Città Vecchia e nella vicina Betlemme, essa pure controllata dalla Giordania. Nel periodo del  dominio della Giordania su Gerusalemme Est le leggi restrittive sulle istituzioni cristiane portarono ad un'enorme riduzione della popolazione cristiana nella Città Santa, di oltre la metà – da 25.000 a 11.000 – similmente a quanto accaduto agli arabi cristiani anche in altre nazioni arabe del Medio Oriente dove la libertà religiosa non viene  rispettata.
E'’ solo dopo la Guerra dei Sei Giorni che il Quartiere  Ebraico venne ricostruito ed il libero accesso ai luoghi santi ristabilito.  E bisogna osservare anche che, quando la Giordania annesse la West Bank negli anni 50, gli Arabi non si sono preoccupati di fare di Gerusalemme, la città che ora reclamano come la “terza Città più Santa per l'Islam”, la loro  capitale.

Gerusalemme riunificata.

Israele riunificò Gerusalemme in un’unica città nel 1967 dopo che la Giordania si unì ad  Egitto e Siria nella guerra scatenata contro Israele bombardando la parte  ebraica di Gerusalemme. Uno dei primi atti compiuti dallo Stato di Israele fu quello di garantire la libertà di culto a tutte le religioni presenti nella città, cosa che non aveva precedenti. I leaders israeliani proclamarono che Gerusalemme non sarebbe mai più stata divisa.
Nonostante il trattamento vergognoso inflitto al quartiere ebraico ed al Monte degli Ulivi dai Giordani, e nonostante la violazione da parte degli arabi dei loro  impegni di rendere tutti i luoghi santi accessibili ad Ebrei e Cristiani, uno dei primi atti decisi da Israele dopo la riunificazione fu di garantire e salvaguardare i diritti di tutti i cittadini di Gerusalemme. Questo non comprendeva solo il  libero accesso ai luoghi santi per tutte le religioni, ma rappresentava anche un atto di tolleranza religiosa che non aveva precedenti. Israele garantì alle autorità religiose musulmane e cristiane la responsabilità nella gestione dei rispettivi luoghi santi – compresa l'amministrazione islamica del luogo più sacro per l'ebraismo, il Monte del Tempio. Tuttavia il Waqf, cui spetta la responsabilità amministrativa sul Monte del Tempio, ha poi violato la fiducia che gli era stata accordata di rispettare e proteggere la santità del Monte del Tempio per Musulmani ed Ebrei insieme.

Gerusalemme non fu mai una città araba.

I leaders arabi continuano a ripetere che Gerusalemme è una città araba. Questo mito viene utilizzato per dare maggior forza ad una strategia che mira a strappare ad Israele il controllo di Gerusalemme e a fare della città la capitale dello stato Palestinese.
E’ anche parte di una strategia a lungo respiro che mira alla distruzione dello stato Ebraico. Questa è anche una delle ragioni per le quali il Presidente dell’OLP Yasser Arafat rifiutò la proposta israeliana, senza precedenti, dell’ora o mai più, fatta durante i colloqui di pace a Camp David nel 2000. La proposta, che mirava a  risolvere il blocco creato dallo statuto di Gerusalemme, concedeva agli arabi la suddivisione dell’amministrazione di alcuni quartieri della città. In seguito Arafat ha mostrato le sue reali posizioni, in una dichiarazione dopo il summit, quando ha fatto conoscere la volontà dell’OLP di avere la sovranità su Gerusalemme, comprensiva della Chiesa del Santo Sepolcro, delle Moschee del Monte del Tempio, del Quartiere Armeno, e di “Gerusalemme nella sua totalità, totalità, totalità”.

Il mito delle due  Gerusalemme.

I palestinesi hanno coltivato il mito che storicamente siano esistite due Gerusalemme – quella araba a Gerusalemme Est e quella ebraica a Gerusalemme Ovest.
Gerusalemme non è mai stata una città araba; gli ebrei sono stati la maggioranza a Gerusalemme fin dal 1870, e la suddivisione est  – ovest è solo geografica, e non politica. Sarebbe come pretendere che la riva est del Maryland dovrebbe essere una entità politica separata dal resto dello stato.
Nel 1880 gli ebrei erano il 52% della popolazione della Città Vecchia nella Gerusalemme Est, ed erano ancora il 42% degli abitanti nel 1914. Nel 1948 abitavano a Gerusalemme 100.000 ebrei a fronte di 65.000 arabi. Un censimento fatto in comune da Giordani ed Israeliani ha evidenziato che il 67.7% della popolazione, nel 1961, era di religione ebraica. Una fotografia aerea del 1967 mostra la realtà dell’area chiamata  “Gerusalemme Est”: non era nient'altro che una città sovrappopolata, circondata da mura, con delle terre attorno circondate da qualche  villaggio.
Nonostante il fatto che la riunificazione della città abbia trasformato tutta Gerusalemme nella più estesa città di Israele, una metropoli animata, anche i leaders palestinesi moderati rifiutano l'idea di una città unificata. La loro richiesta minimale di avere “soltanto  Gerusalemme Est” significa, nella realtà, i luoghi santi ebraici (compreso il Quartiere Ebraico ed il Muro Occidentale), che gli arabi non sono riusciti a proteggere, e la restituzione dei dintorni dove dimora una percentuale importante di popolazione ebraica della Gerusalemme di oggi. La maggior parte della città è costruita su un territorio vuoto coperto di rocce attorno alla città che faceva parte del demanio pubblico negli ultimi 42 anni. Con una popolazione complessiva, ai giorni nostri, di 750.000 abitanti, separare Gerusalemme Est da Gerusalemme Ovest è una strada percorribile ed accettabile come lo sarebbe l'idea di dividere di nuovo Berlino in due città, o separare East Harlem dal resto di Manhattan.
Le pretese arabe su  Gerusalemme, una città ebraica da ogni punto di vista, riflettono la mentalità secondo la quale “quello che è mio è mio, quello che è tuo è mio”, mentalità che è alla base del concetto palestinese di come porre termine al conflitto arabo-israeliano. Questo concetto lo si ritrova pure nella richiesta del “diritto al ritorno”, che vale non soltanto per Gerusalemme, la capitale di Israele, ma anche all’interno della linea verde.

Le fantasie arabe che distruggono la storia

Gli arabi negano i legami tra gli Ebrei e Gerusalemme; arrivano a sabotare e distruggere le testimonianze archeologiche, perfino nel luogo più sacro per l'ebraismo, il Monte del Tempio.
Gli arabi hanno sempre negato la legittimità dei legami del popolo ebraico con Gerusalemme. Arafat ed altri leaders arabi insistettero che non ci sarebbe mai stato un Tempio ebraico sul Monte del Tempio. Arrivano a pretendere che il Muro Occidentale sarebbe stato in realtà un sito islamico sul quale i musulmani avrebbero dei diritti storici. Mettendo in pratica la retorica i religiosi islamici che amministrano il Monte del Tempio hanno mostrato totale mancanza di rispetto ed assoluto disprezzo per le testimonianze archeologiche di una presenza ebraica.
Tra il 1999 ed il 2001 l'ente musulmano Waqf ha asportato ed eliminato dal Monte e dall'area sottostante oltre 13000 tonnellate di ciò che ha definito macerie, compresi reperti archeologici del periodo del Primo e del Secondo Tempio, ritrovati poi dagli israeliani nelle discariche. Durante la costruzione di una nuova moschea sotterranea in una sala che si ritiene risalga al tempo di Erode, e durante la pavimentazione di una moschea all'aperto in un altro punto del Monte del Tempio, il Waqf ha impedito alle autorità archeologiche israeliane di controllare, o anche solo di osservare i lavori. Quando, nel corso di lavori di costruzione, vengono scoperti reperti archeologici, a qualsiasi periodo appartengano - ebraico o altro - l'Autorità è legittimata a controllare e sorvegliare in qualunque parte di Israele - legge che risale al 1922 ed è documentata negli accordi internazionali della Lega delle Nazioni, il "Mandato per la Palestina".
Un tale assoluto disprezzo nei confronti dell'eredità ebraica pre-islamica a Gerusalemme – in particolare nel sito storico più sacro del Giudaismo – è una forma di gran lunga più insidiosa di quella stessa intolleranza islamica che ha portato i talebani a demolire due enormi statue pre-islamiche di Buddha scavate in una roccia in Afghanistan.

I luoghi santi e Gerusalemme.

Gerusalemme, a quanto pare, è il centro fisico del conflitto arabo–israeliano. In realtà esistono due questioni distinte: la questione di Gerusalemme e la questione dei Luoghi Santi.
Sir Elihu Lauterpacht, già giudice ad hoc alla Corte Internazionale di Giustizia ed esperto rinomato e rispettato di diritto internazionale all’Università di Cambridge, disse:
“Non si tratta solo di due questioni diverse; sono anche distinte l’una dall’altra nella loro natura stessa. Per quanto riguarda i Luoghi Santi, la questione consiste soprattutto nell'assicurare il rispetto dovuto agli interessi esistenti delle tre religioni e nell’assicurare le necessarie garanzie di libertà di accesso, di culto e di amministrazione religiosa. Questioni di tale natura non rappresentano che un problema marginale tra Israele ed i suoi vicini, e la loro soluzione non dovrebbe complicare le negoziazioni di pace.
Per quanto riguarda invece la Città stessa di Gerusalemme, il problema consiste nello stabilire un’amministrazione effettiva della Città che possa proteggere i diritti dei vari elementi della sua popolazione – cristiana, araba ed ebraica – ed assicurare la stabilità di governo e la sicurezza fisica, requisiti essenziali per la città dei Luoghi Santi”.

Gerusalemme città internazionalizzata

Il giudice Sir Elihu Lauterpacht nelle sue ricerche sulle questioni legali relative allo status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi, ha osservato che la internazionalizzazione di Gerusalemme non era prevista nel mandato internazionale originale:
“Nulla era detto nel Mandato circa la internazionalizzazione di Gerusalemme. In effetti Gerusalemme, in quanto tale, non è menzionata – mentre lo sono i Luoghi Santi. E proprio ciò è ora un aspetto di rilievo. Questo dimostra che nel 1922 non vi era alcuna propensione a identificare la questione dei Luoghi Santi con la internazionalizzazione di Gerusalemme”.
I leaders arabi, compresi quelli palestinesi, hanno cercato di giustificare il loro diritto su Gerusalemme distorcendo il significato delle risoluzioni delle Nazioni Unite relative alla città. La risoluzione N° 181 delle Nazioni Unite, ad esempio, adottata dall'Assemblea Generale nel 1947, raccomandava di trasformare Gerusalemme ed i suoi dintorni in una città internazionale, o corpus separatum. Tuttavia i portavoce arabi ignorarono per loro convenienza il fatto che la risoluzione N° 181 era una raccomandazione non-vincolante.
Il professor Julius Stone, una delle autorità più conosciute del XX secolo in fatto di giurisprudenza e diritto internazionale, osserva che la risoluzione N° 181 “non aveva un effetto vincolante” fin dalle origini, dal momento che richiedeva di essere accolta da tutte le parti coinvolte:
“Mentre lo Stato di Israele ha espresso, da parte sua, la volontà di accettarla, gli altri stati coinvolti non solo l'hanno respinta, ma hanno anche illegalmente preso le armi per impedirne l'attuazione”.
Il giudice Lauterpacht scrisse, nel 1968, a proposito delle nuove condizioni che si erano verificate dopo il 1948 con riferimento all'idea iniziale sulla internazionalizzazione di Gerusalemme:
“Gli stati arabi hanno rifiutato il Piano di partizione e la proposta di internazionalizzazione di Gerusalemme.
Gli stati arabi hanno materialmente impedito l'applicazione della risoluzione dell'Assemblea Generale. Hanno cercato con la forza delle armi di cacciare gli abitanti ebrei di Gerusalemme per pervenire ad essere gli unici occupanti della città.
In tale frangente la Giordania si è presa unicamente il controllo della parte est della città, compresa la Città circondata dalle mura.
La Giordania, se ha concesso un accesso relativamente libero al Luoghi Santi cristiani, ha negato agli ebrei ogni possibilità di accedere ai Luoghi Santi ebraici. Questo è stato un allontanamento fondamentale da quelle tradizioni di libertà dei riti religiosi nella Terra Santa che si erano mantenute per secoli. Ed era anche un’evidente violazione degli impegni presi dalla Giordania nell'accordo di Armistizio firmato con Israele il 3 aprile 1949.
L'articolo VIII di questo Accordo prevedeva la creazione di un comitato speciale di rappresentanti israeliani e giordani che doveva formulare proposte concordate per determinati fatti “che, in ogni modo, devono includere gli elementi seguenti, sui quali esiste già un accordo di principio...il libero accesso ai Luoghi Santi ed alle istituzioni culturali e l'utilizzo del cimitero del Monte degli Ulivi”.
Le Nazioni Unite non hanno mostrato alcuna preoccupazione per la discriminazione che veniva fatta in tal modo nei confronti degli ebrei.
Le Nazioni Unite hanno ritenuto tollerabile il controllo, senza alcuna supervisione, esercitato dalle forze armate giordane sulla Città Vecchia di Gerusalemme – benché la presenza delle forze armate giordane ad ovest del Giordano fosse del tutto priva di qualsiasi giustificazione legale.
Fra il 1948 e il 1952 l'Assemblea Generale è gradualmente giunta ad accettare il fatto che il piano di internazionalizzazione di Gerusalemme era stato del tutto superato dagli eventi. Dal 1952, fino a oggi, non si è più sentito assolutamente nulla su questa idea nell'Assemblea Generale.
Il 5 giugno 1967 la Giordania ha deliberatamente violato gli Accordi di Armistizio attaccando la parte di Gerusalemme in mano israeliana. Non vi era alcun appiglio, per questo attacco giordano, per poterlo considerare come una reazione ad un attacco israeliano. E' avvenuto nonostante le esplicite assicurazioni, portate a re Hussein tramite un Ufficiale dell’ONU, che, se la  Giordania non avesse attaccato Israele, Israele non avrebbe attaccato la Giordania. Anche se la responsabilità di aver aggredito è normalmente addebitata allo Stato di Israele, per quanto riguarda la Guerra dei Sei Giorni, rimane il fatto che i due tentativi condotti presso l'Assemblea Generale nei mesi di giugno e di luglio del 1967 di arrivare alla condanna di Israele come paese aggressore sono falliti. Una chiara e straordinaria maggioranza dei membri della Nazioni Unite ha votato contro la proposta di considerare Israele come paese aggressore”.
Oggi Israele ha riunificato Gerusalemme e concesso illimitata libertà di culto. L'accesso a tutti i Luoghi Santi nella Città della Pace riunificata è assicurato. Il giudice, Sir Elihu Lauterpracht, ne dà conferma:
“I musulmani hanno beneficiato, sotto il controllo israeliano, di quella libertà che veniva negata agli ebrei sotto l’occupazione giordana”.
Infine deve essere osservato che, qualora la risoluzione N° 181 fosse ancora valida (il che tuttavia non è), oggi ci troveremmo nella condizione prevista in nella parte III-D dove si stabilisce che dopo 10 anni lo status di città internazionale avrebbe potuto essere sottoposto a referendum fra tutti gli abitanti di Gerusalemme per un cambiamento dello status della città – che oggi come ieri sarebbe stato deciso dalla determinante maggioranza ebraica della città.

Le Nazioni Unite e Gerusalemme.

Sia l'Assemblea Generale che il Consiglio di Sicurezza hanno un potere limitato sul futuro di Gerusalemme.
Il giudice Sir Lauterpacht spiegò nel 1968:
“L'Assemblea Generale non ha alcun potere di deliberare su Gerusalemme e non ha il diritto di emettere dei regolamenti per i Luoghi Santi. Il Consiglio di Sicurezza, naturalmente, mantiene i poteri previsti dal Capitolo VII della Carta in rapporto a minacce contro la pace, violazione della pace e atti di aggressione, ma questi poteri non si estendono all’adozione di alcuna posizione di ordine generale riguardante il futuro di Gerusalemme e dei Luoghi Santi”.
In origine l’internazionalizzazione di Gerusalemme faceva parte di una proposta molto più estesa ma gli stati arabi l'hanno rifiutata – sia presso le Nazioni Unite che sul terreno, con“un rifiuto evidenziato dall'invasione armata della Palestina da parte degli eserciti di Egitto, Iraq, Libano, Siria ed Arabia Saudita ... che avevano l'obiettivo di  distruggere Israele”.
Le conseguenze dell'aggressione araba sono molto ben spiegate dal professore e giudice Schwebel, già Presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia:
“Tra Israele, che ha agito in modo difensivo, nel 1948 e nel 1967, da una parte, ed i suoi vicini arabi, che hanno agito in modo aggressivo, nel 1948 e nel 1967, dall’altra, Israele ha un maggior titolo sul territorio che era la Palestina, compresa la totalità di Gerusalemme”.

I leaders arabi fanno riferimento alla Risoluzione N° 242 dell’ONU come base per le loro rivendicazioni su Gerusalemme.

La risoluzione N° 242 venne adottata dopo la guerra del 1967 quando Israele conquistò dei territori all’Egitto, alla Giordania e alla Siria dopo che questi stati avevano attaccato Israele. Tuttavia la risoluzione non fa mai menzione di Gerusalemme, né la risoluzione dell'ONU richiede un totale ritiro dai territori conquistati, ma si limita a un ritiro su “confini sicuri e riconosciuti” che devono essere negoziati tra le parti in causa. I palestinesi non erano parte effettiva in questa risoluzione.
Arthur Goldberg, ex Ambasciatore degli USA all’ONU (nel 1967) che ha collaborato alla stesura della risoluzione, ha testimoniato circa l'omissione di Gerusalemme dalla risoluzione  N° 242:
“Io non mi sono mai riferito a Gerusalemme come a un territorio occupato. La risoluzione N° 242 non si riferisce in alcun modo a Gerusalemme e la sua omissione era voluta”.
In conclusione, circa il ruolo che le Nazioni Unite e la legge internazionale possono giocare nella determinazione del futuro di Gerusalemme, si può citare nuovamente il giudice Lauterpacht:
“Gli atti decisi dal governo di Israele per quanto si riferisce a Gerusalemme - sia la parte nuova che la vecchia – sono legali e legittimi.
I regolamenti futuri per i Luoghi Santi sono argomento da decidere separatamente dalla questione della amministrazione politica di Gerusalemme. La internazionalizzazione territoriale di Gerusalemme è un argomento chiuso, ma la possibilità di una internazionalizzazione funzionale non lo è. Quest’ultimo punto sta a significare, in effetti, il riconoscimento degli interessi universali sui Luoghi Santi che si trovano a Gerusalemme e l’adozione di collegamenti tra Israele e la comunità internazionale per dare un’espressione formale a questi interessi”.

Il terrore palestinese nella città della pace.

Gli arabi palestinesi hanno concentrato molti dei loro attacchi terroristici contro gli ebrei proprio a Gerusalemme, nella speranza di conquistare la città scatenando attacchi di terroristi suicidi che rendano insopportabile la vita nella città della pace. Ma questa non è una tattica nuova. La strategia araba di trasformare Gerusalemme in un campo di battaglia incominciò nel 1920.
Purtroppo i leaders arabi ricorrono spesso alla violenza nel tentativo di ottenere quello che non riescono ad ottenere ad un tavolo di negoziati. Quando a Camp David si interruppero le trattative nel 2000, i dirigenti palestinesi scatenarono l’intifada di al-Aqsa, in pratica una vera e propria guerriglia contro Israele.
Iniziò la vigilia di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, quando la folla araba tirò delle pietre dal Monte del Tempio sui fedeli ebrei in preghiera al sottostante Muro Occidentale. Questo attacco con le pietre si trasformò in una continua campagna di attacchi terroristici. Come polvere per innescare l’intifada, i dirigenti palestinesi incitarono i palestinesi e i musulmani del mondo con storie inventate che facevano ingannevolmente credere che gli ebrei avessero iniziato un assalto ad al-Aqsa quando Ariel Sharon fece una visita di mezz’ora al Monte del Tempio durante l’orario di apertura per i turisti. La verità è che i piani palestinesi per l’intifada erano iniziati subito dopo che Arafat aveva abbandonato i colloqui di Camp David.
Per quale ragione i palestinesi concentrano i loro attacchi terroristici sulla città della pace? Per il fatto che i palestinesi, nonostante la loro retorica, comprendono perfettamente il significato simbolico e spirituale che Gerusalemme ha per gli ebrei.
Gli attentati suicidi – contro autobus pubblici, caffé, centri commerciali ed altri luoghi affollati nel cuore della città – fin dagli accordi di Oslo del 1993, sono concepiti per rendere un inferno la vita degli ebrei di Gerusalemme. Atrocità come quelle commesse nei mesi di febbraio e marzo del 1996 con l'esplosione di due autobus della linea 18, in cui rimasero uccise 26 persone, e nel mese di agosto del 2001 con l'esplosione della pizzeria Sbarro, che uccise 15 persone (tra le quali 5 membri di una stessa famiglia), sono parte di un’unica battaglia che dura da 120 anni per la conquista di Gerusalemme, che gli arabi hanno scatenato in opposizione al sionismo
Nell'aprile del 1920 il furore, durato tre giorni, di gruppi di arabi religiosamente antisionisti fece sei morti e 200 feriti nel Quartiere Ebraico. Gli attaccanti devastarono sinagoghe e yeshivot e saccheggiarono case. Gli arabi cominciarono a piazzare bombe a orologeria in luoghi pubblici già nel febbraio del 1947, quando fecero saltare la strada Ben Yehuda, la principale arteria di comunicazione di Gerusalemme, lasciando sul terreno 50 morti.
Tutto questo venne fatto prima della nascita dello Stato di Israele. Nel corso degli anni 50 i Giordani sparavano periodicamente sulle abitazioni ebraiche dalle mura della Città Vecchia. Dopo la riunificazione della città nel 1967, gli Arabi iniziarono nuovamente la loro battaglia per la città mettendo bombe nei cinema e nei supermercati.
Il primo attacco terroristico in questa riaccesa battaglia avvenne nel 1968 con la bomba situata al mercato all’aperto di Yehuda che ha fatto 12 morti. I fatti reali che descrivono i comportamenti dei palestinesi dimostrano chiaramente che essi hanno perso ogni diritto – storico, religioso o politico – sulla Città della Pace.


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