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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
15.09.2010 La Francia approva la legge contro il burqa
Entrerà in vigore nella primavera del 2011

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 15 settembre 2010
Pagina: 7
Autore: Leonardo Martinelli - Karima Moual
Titolo: «Bando totale al burqa, la Francia tira dritto - Proibire non aiuta il dialogo»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 15/09/2010, a pag. 7, l'articolo di Leonardo Martinelli dal titolo " Bando totale al burqa, la Francia tira dritto ", l'articolo di Karima Moual dal titolo " Proibire non aiuta il dialogo ", preceduto dal nostro commento.
Ecco i due articoli:

Leonardo Martinelli : " Bando totale al burqa, la Francia tira dritto "

«Vivere la repubblica a viso scoperto è una questione di dignità e di eguaglianza». Con queste parole una donna, Michèle Alliot-Marie, ministro della Giustizia, ha difeso ieri dinanzi al senato la nuova legge che proibisce il velo islamico integrale sul territorio francese. Il testo è stato approvato in serata, per una volta senza troppe polemiche. La Francia è il primo paese in Europa ad agire in questo senso con un provvedimento assai «drastico».

Il primo a chiedere un intervento del genere, l'anno scorso, era stato in realtà un parlamentare comunista, André Gerin, allora sindaco di Vénissieux, periferia popolare di Lione. Sempre più preoccupato nel vedere donne indossare il burqa o il niqab (altra versione del velo integrale, che lascia solo gli occhi scoperti) nei mercati del suo comune, aveva proposto il divieto assoluto. Vari esponenti dell'Ump, il partito di centro-destra, quello di Nicolas Sarkozy, lo avevano appoggiato. Lo stesso presidente lo aveva detto chiaramente: «Il burqa non è il benvenuto sul territorio della repubblica». In pochi mesi si era arrivati al progetto di legge. Che, ieri, è stato approvato definitivamente al senato con 246 voti a favore e uno solo contrario. Perfino 46 socialisti sui 116 presenti in quell'assemblea (il Ps è il primo partito di opposizione) hanno detto di sì. Gli altri hanno seguito le indicazioni fornite dai dirigenti della loro formazione, astenersi. Il partito socialista, in effetti, aveva presentato un emendamento, rigettato, con il quale chiedeva di limitare la proibizione ai soli uffici dell'amministrazione pubblica.

La nuova legge, invece, va molto al di là. Il divieto riguarda lo «spazio pubblico», che significa strade, mezzi di trasporto, parchi, bar, negozi. E pure scuole, ospedali, uffici pubblici. Il testo, in realtà, non cita mai il burqa ma «la dissimulazione del volto». Le forze dell'ordine procederanno a una multa di 150 euro a carico delle donne che continueranno a indossare il velo integrale. In alternativa o in aggiunta, secondo i casi, dovranno anche seguire corsi di educazione civica «dove imparare i valori fondamentali della repubblica francese». Quanto agli uomini che imporranno alla donna il burqa, rischieranno un anno di carcere e il pagamento di un'ammenda di 30mila euro.

La legge, comunque, non entrerà in vigore immediatamente, ma solo nella primavera del 2011, dopo sei mesi di «preparazione pedagogica». E, anche successivamente, i poliziotti non potranno mai imporre per strada alle donne multate di mostrare il volto. Non solo: un ricorso in merito è già stato presentato al Consiglio costituzionale, che lo esaminerà da qui a un mese. Potrebbe bloccare il provvedimento e chiedere ai parlamentari di ritornare al lavoro per effettuare variazioni rispetto al testo attuale. Intanto si temono pure ricorsi contro la Francia presso la Corte europea dei diritti umani. Potrebbe essere chiamata a pronunciarsi su una possibile discriminazione di tipo religioso. Si temono, inoltre, ripercussioni sui rapporti fra i paesi arabi e la Francia. Negli ultimi mesi gli ambasciatori francesi presenti nell'area hanno cercato di spiegare (e forse giustificare) la volontà di Parigi.

Secondo le stime attuali, comunque contestate da più parti, sarebbero 1.900 le donne che indossano il burqa o il niqab in Francia. Molte fanno riferimento al movimento salafista, che ha già fatto sapere di non voler rispettare la nuova legge e di sfidare apertamente le autorità. Questo potrebbe provocare non pochi problemi alle forze dell'ordine, tanto più che il grosso di queste donne si concentra in quartieri già a rischio, nelle periferie di Parigi e delle grandi città.

Consensi in Italia

Il provvedimento francese ha incassato opinioni favorevoli in Italia. Il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, si è dichiarata favorevole a una legge che vieti il burqa. «La Lega presenterà una proposta di legge identica a quella approvata oltralpe», ha affermato Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega alla Camera. Annuncio analogo è arrivato anche da Daniela Santachè, sottosegretario all'Attuazione del programma.

Karima Moual : " Proibire non aiuta il dialogo "


Karima Moual

Karima Moual scrive : " Dietro quel niqab, o burqa, come si preferisce erroneamente definirlo, c'è il fallimento di tutta una politica d'integrazione sociale, la mancanza di valori europei condivisibili. C'è la frustrazione di una minoranza religiosa che non riesce a trovare un suo posto qui da noi e si allontana, in un posto più sicuro. ". Dietro il burqa non c'è la mancanza di valori europei condivisibili, ma un'interpretazione letterale e integralista della religione. Il burqa è un simbolo di segregazione e discriminazione della donna, non ha niente a che vedere con le democrazie occidentali. Per questo è in corso un dibattito al riguardo. La Francia ha scelto di vietarlo per legge.
Karima Moual sostiene che non sia la via giusta, ma 'dimentica' di proporre un'alternativa che risolva il problema.
Inoltre, come scrive Leonardo Martinelli nel suo articolo : "
Il testo, in realtà, non cita mai il burqa ma «la dissimulazione del volto»". La legge è stata pensata, perciò, anche per motivi di sicurezza.
Ecco il pezzo:

Ci sono circa duemila donne con il niqab in Francia, ribattezzato forse per fare un po' più effetto con il nome burqa, comunque contrario ai valori nazionali della Francia. Non devono esserci. I transalpini si aggiudicano ora il primato di essere il primo paese europeo a imporre il no totale al niqab-burqa ma non è una storia solo francese. Il niqab-burqa ha aperto dibattiti in tutta Europa, anche in Italia, il discorso si è svolto nello stesso modo: vietarlo per legge.

Con il suo esempio la Francia vuole tracciare una linea ben precisa: da noi non si accettano le donne nascoste nei niqab o nei burqa. Da noi quelle usanze, frutto di un'interpretazione fondamentalista di una delle più grandi minoranze religiose (circa cinque milioni di musulmani), non dovranno avere futuro. Sì, duemila donne possono essere poche, ma sono abbastanza per far arrivare il messaggio a destinazione. Le intenzioni sono buone: perché un tale costume nei paesi di origine viene usato più come obbligo che come scelta nella maggior parte dei casi, è più un limite imposto che una libertà acquisita. Ma è così in Francia e in Europa? A portare il niqab non sono solo donne analfabete e sottomesse al loro patriarca, sono studentesse universitarie nate in Europa, figlie di genitori magrebini ma pur sempre figlie della libertà che decidono di andare ancora più oltre le origini dei genitori, riscoprendo costumi quasi arcaici che non hanno niente a che fare con la propria cultura di origine. Formano un'altra identità, come una risposta, certamente sbagliata, a quella che non sono riuscite ad avere nel paese ospitante.

Ci sono poi francesi, italiane, inglesi o spagnole convertite. Donne che nella conversione all'Islam duro e puro trovano il loro maggior riconoscimento e accettazione come nuovi musulmani. Nell'aumento dell'uso dei simboli si nasconde una frustrante voglia di riconoscimento.

Dietro quel niqab, o burqa, come si preferisce erroneamente definirlo, c'è il fallimento di tutta una politica d'integrazione sociale, la mancanza di valori europei condivisibili. C'è la frustrazione di una minoranza religiosa che non riesce a trovare un suo posto qui da noi e si allontana, in un posto più sicuro. Ma sempre un ghetto. Davanti a tutto questo, probabilmente, la legge non è la soluzione.

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