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Il Messaggero Rassegna Stampa
27.01.2003 Quando Israele è costretta a sparare
Il blitz israeliano a Gaza aveva motivi e obiettivi ben precisi, è inutile far finta di non capirli

Testata: Il Messaggero
Data: 27 gennaio 2003
Pagina: 14
Autore: Ezio Pasero
Titolo: «Gaza nella morsa dei tank israeliani»
Le prime righe dell’articolo sono dedicate alla strage evitata per mano di un asino-kamikaze, ma il giornalista continua con questa frase faziosa:




la violenza è tornata invece a fare vittime, almeno 13 morti e 65 feriti, oltre a gravissimi danni, nella città di Gaza.

Ci si scandalizza di più per quanto è successo a Gaza piuttosto per un asino saltato in aria senza seminare vittime. Già, per fortuna; ma l’intenzione era chiaramente quella di far fuori dei civili israeliani: perché al giornalista questa cosa non è balenata in mente? Non gli sembra così grave?
Il blitz israeliano aveva motivi e obiettivi ben precisi: smantellare le infrastrutture terroristiche che a Gaza consistevano nelle fabbriche di armi e razzi, e la ragione era ovviamente quella di evitare il procrearsi di altri attentati.

Niente kamikaze equini o umani, questa volta, ma carri armati e elicotteri d’assalto: quelli dell’esercito israeliano, che ha compiuto l’altra notte l’incursione peggiore degli ultimi due anni di combattimenti, ancora più violenta di quella che aveva fatto altre 16 vittime tra i palestinesi lo scorso ottobre a Khan Yunis, sempre nella striscia di Gaza.
Se gli interventi militari israeliani hanno come unico scopo quello di andare a colpire là da dove sorge il terrorismo, mentre i terroristi palestinesi si prefissano come obiettivo quello della distruzione della popolazione israeliana, allora il paragone è inesistente. Così com’è impossibile parlare di attacchi migliori o attacchi peggiori: un attentato terroristico è sempre e comunque grave. E le vittime palestinesi, come quelle di ieri e del mese scorso? Qui il discorso cambia e molto: i militari, nelle loro operazioni antiterroristiche, cercano sempre di evitare la popolazione palestinese, a meno che non sia imbottita di esplosivo.
I danni provocati dai carri armati israeliani, che già l’altro giorno avevano distrutto per rappresaglia quattro ponti a Beit Hanun, sono invece impressionanti, come se il quartiere centrale di Gaza City fosse stato colpito da un violento terremoto.
Naturalmente il giornalista si guarda bene dall’informare il lettore delle cause della "rappresaglia" a Beit Hanun. I danni a Gaza sono stati provocati dalla necessità di far fronte al terrorismo, distruggendone le sedi. Se i danni erano consistenti, allora era davvero consistente la presenza terroristica espressa in armi e missili.
"Sharon è deciso a chiudere la sua campagna elettorale con altro sangue palestinese e con ulteriori distruzioni e aggressioni", ha commentato il ministro e negoziatore palestinese Saeb Erekat. Che lo dica lui, fa in un certo senso parte delle regole del gioco.

E il giornalista vuole dirci che bisogna credere a ciò che dice il ministro palestinese? in questo "gioco" è in ballo la sicurezza israeliana, altro che preoccuparsi di dimostrare la potenza di Sharon!
Ma sono in molti, anche a Gerusalemme, a ritenere che Sharon voglia mostrare i muscoli alla vigilia del voto per convincere gli elettori indecisi, visto che la sicurezza è ritenuta dagli israeliani l’emergenza più importante da affrontare, ancor prima dell’economia sempre più a rotoli.
Le operazioni militari non vengono compiute in una data a piacimento, ma agiscono non appena scoprono altri nuovi nuclei terroristici: questo perché è difficile se non impossibile capire quando i terroristi kamikaze si mettono in azione. Che l’incursione militare di ieri fosse capitata proprio a due giorni dalle elezioni è stato quindi solo un caso.

In tutte le città della Cisgiordania, invece, è stato imposto il coprifuoco sino al giorno successivo alle elezioni: anche se ufficialmente l’occupazione non è stata dichiarata, tutti i Territori palestinesi sono ormai di fatto militarizzati da Israele.

Chi lo dice? Il giornalista? I territori non sono militarizzati ma solo sorvegliati proprio per evitare intrusioni terroristiche nel territorio israeliano.
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