venerdi 03 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Messaggero Rassegna Stampa
09.02.2005 Per Eric Salerno il terrorismo continua a non esistere
degne di essere raccontate sono solo le sofferenze dei palestinesi

Testata: Il Messaggero
Data: 09 febbraio 2005
Pagina: 7
Autore: Eric Salerno
Titolo: «Israeliani e palestinesi annunciano la tregua - Mubarak e re Abdallah garanti del summit»
A pagina 7 de Il Messaggero del 2005-02-08 Eric Salerno firma due articoli dal titolo "Israeliani e palestinesi annunciano la tregua" e "Mubarak e re Abdallah garanti del summit"

Descrivendo le sensazioni e le inquietudini che hanno preceduto il vertice di Sharm el Sheik Salerno scrive:

Sami Younis non è un uomo di governo, non è un presidente o un monarca. Soprattutto, Sami Younis è in carcere in Israele. Da ventidue anni. Era stato condannato a morte per aver assassinato un soldato israeliano ma poi, visto che l'unica condanna a morte eseguita nello Stato d'Israele fu quella di Adolf Eichmann, l'industriale della "soluzione finale", la pena comminata al palestinese fu ridotta all'ergastolo. Dalla sua cella, Sami, oggi ha 76 anni, ha lanciato un appello per la pace. «Fino a quando continueremo a combattere, a uccidere e a essere uccisi?... Chi ci ha condannato a vivere in fiumi di sangue e lacrime? Dobbiamo raggiungere la fine della violenza tra i due popoli per il bene della pace».
Sono giorni di sondaggi e interviste, e ottimismo non sempre giustificato, e anche Zakaria Zubeidi, uno dei palestinesi più ricercati dagli israeliani, ha parlato con i giornalisti. Abu Mazen, conferma, lo ha esortato a deporre le armi che aveva imbracciato quando i soldati uccisero prima sua madre e poi, in uno scontro a fuoco, suo fratello. Vuole la pace, dice, e accetta il cessate il fuoco ma lancia un ammonimento: «Se Israele non ci darà il diritto al nostro Stato, nemmeno cinquanta vertici serviranno». Questo summit non segnerà l'inizio di uno Stato palestinese, e non ci saranno clamorosi annunci oltre a quelli filtrati nei giorni scorsi, compresa l'importante firma di un cessate il fuoco, ma la scomparsa d'Arafat, l'elezione di un nuovo presidente palestinese, la stanchezza generale dei due popoli, e l'apparente cambiamento di rotta dell'amministrazione americana sono alla base di un clima di grande speranza.
«E' un'opportunità da non mancare», dicono gli uomini del presidente egiziano Mubarak. Il raìs ha voluto il vertice per dimostrare a Bush di essere un giocatore importante nello scacchiere mediorientale e convincere il presidente americano a non insistere troppo sulla democratizzazione dell'Egitto. Ciò che potrà fare, però, dipenderà anche dalla buona volontà di Sharon, ma Condoleezza Rice prima di lasciare Israele e Ramallah dove ha incontrato prima Sharon e poi Abu Mazen è stata chiara. Questa volta è Washington a condurre la partita. Bush, attraverso il segretario di Stato che gode della sua totale fiducia, intende seguire
In questo lungo racconto l’inviato riporta solamente il dolore e la sofferenza del popolo palestinese. Parla di assassini e potenziali terroristi come se fossero solamente dei martiri perseguitati da un nemico spietato e privo di scrupoli. Nulla è la considerazione per il popolo israeliano. Nessun commento di genitori orfani di figli in seguito ad attentati kamikaze viene riportato e il governo di Tel Aviv viene citato solamente per ricordare come, il neo Segretario di Stato americano Condoleeza Rice abbia tenuto ha precisare di non accettare nuove soluzioni unilaterali di Sharon. Ricordiamo però a Salerno che da tempo ormai il nuovo gabinetto likud - laburisti ha deciso di ritornare a dialogare direttamente con l’Anp e con il suo nuovo presidente Abu Mazen, sia per quel che concerne il percorso di ritiro unilaterale e sia per un possibile ritorno al tavolo del negoziato per la pace (cosa in precedenza voluta ma non ottenuta per i doppi giochi di Arafat). Infine sarebbe bene che si precisasse ogni volta che, senza il "ritiro unilaterale voluto da Israele" forse, tanti risultati ottenuti sinora non sarebbero stati possibili ( un merito questo riconosciuto dalla Rice stessa, dal Presidente Usa Bush, dai rappresentanti UE e dal Segretario dell’Onu Kofi Annan).
In "Mubarak e re Abdallah garanti del summit" Salerno scrive:
"Il summit è nato per alzare il tono del primo incontro tra il successore di Arafat e il premier israeliano. Un anno e mezzo fa, quando Abu Mazen venne nominato premier palestinese, ci fu un altro vertice, alla presenza di George Bush e re Abdallah, sulla riva opposta del Mar Rosso, ad Aqaba in Giordania. La speranza generata dai discorsi colmi di retorica durò ben poco. Attentati e omicidi mirati insieme con il rifiuto israeliano a rilasciare prigionieri palestinesi portarono alle dimissioni di Abu Mazen e alla fine dell'iniziativa americana."

Anche in questo caso una cronaca seria dovrebbe tenere a precisare che gli omicidi mirati, come il nome stesso precisa, non fanno stage di civili inermi come nel caso dei kamikaze e cercano di colpire solamente i soggetti criminali ricercati dalle forze militari. Indubbiamente è un bene che anche queste pratiche abbiano fine perché ovviamente possono essere compiute erroneamente e portare a morti innocenti. Ciò però non muta l’importanza di sottolineare la differenza tra i due tipi di azioni armate e i diversi scopi che si prefiggono.
In "Mubarak e re Abdallah garanti del summit" Salerno scrive:



Il summit è nato per alzare il tono del primo incontro tra il successore di Arafat e il premier israeliano. Un anno e mezzo fa, quando Abu Mazen venne nominato premier palestinese, ci fu un altro vertice, alla presenza di George Bush e re Abdallah, sulla riva opposta del Mar Rosso, ad Aqaba in Giordania. La speranza generata dai discorsi colmi di retorica durò ben poco. Attentati e omicidi mirati insieme con il rifiuto israeliano a rilasciare prigionieri palestinesi portarono alle dimissioni di Abu Mazen e alla fine dell'iniziativa americana.
Anche in questo caso una cronaca seria dovrebbe tenere a precisare che gli omicidi mirati, come il nome stesso precisa, non fanno stage di civili inermi come nel caso dei kamikaze e cercano di colpire solamente i soggetti criminali ricercati dalle forze militari. Indubbiamente è un bene che anche queste pratiche abbiano fine, anche perché possono comportare a morti innocenti. Ciò però non muta l’importanza di sottolineare la differenza tra i due tipi di azioni armate e i diversi scopi che si prefiggono.

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la loro opinione alla direzione de Il Messaggero. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.


prioritaria@ilmessaggero.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT