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Il Messaggero Rassegna Stampa
04.06.2004 Cosa c'entrano i fondamentalisti con Masada
e con la desalinizzazione del mar morto?

Testata: Il Messaggero
Data: 04 giugno 2004
Pagina: 17
Autore: Eric Salerno
Titolo: «Nuova vita per il mar Morto»
Sul Messaggero di ieri, 2-06-04, in prima pagina viene pubblicato un articolo di Eric Salerno a proposito del problema del prosciugamento del mar Morto e delle speranze di pace legate all'utilizzo congiunto dell'acqua. Un articolo curioso e corretto se non fosse che Salerno, nel descrivere il paesaggio del mar Morto e la vicina Masada, scrive " luogo dell'assedio storico dei romani a una setta di fondamentalisti ebrei". L'uso del termine fondamentalisti, oltre ad essere in una prospettiva storica sbagliato, è tendenzioso poichè vuole instillare il paragone tra quella specifica situazione e i fondamentalisti islamici dei giorni nostri. E' doveroso ricodare che a Masada si consumò uno degli ultimi atti di resistenza del popolo ebraico all'invasione romana della Giudea. Non erano fondamentalisti, semplicemente erano persone che non volevano cadere in prigionia dei romani e che preferirono morire piuttosto che perdere la propria libertà. Il classico mix di pregiudizi vecchi e nuovi che spiegano molto dell'avversione verso lo Stato d'Israele. Ecco il pezzo.
L'allarme non è nuovo, la soluzione nemmeno, ma con il passare del tempo l'urgenza aumenta. I cartelli rossi di pericolo lungo la riva del mar Morto, a ridosso di Masada, luogo dell'asedio storico dei romani a una setta di fondamentalisti ebrei, del kibbutz di Ein Gedi, dove la gente nei giorni di festa corre a migliaia a fare il bagno nell'acqua tanto salata da tenerti a galla sulla schiena, non stanno a indicare i problemi soliti da queste parti. Non sono stati messi per segnalare possibili infiltrazioni di terroristi dalla Giordania, proprio dirimpetto, e nemmeno la presenza di mine, o di reticolati eletronici. La terra sprofonda, si apre in tante piccole voragini, buche che possono ingoiare un uomo, una macchina, perchè il mar Morto continua a restringersi e nel farlo lascia grotte sotterranee vuote, friabili. Il sale si deposita sulle rive arse dal sole, viene portato via e venduto con il potassio e altri minerali, e l'acqua se ne va, evaporata per il gran caldo. Quaranta anni fa il bacino era a 392 metri sotto il livello del Mediterraneo, oggi è a 412. Dieci anni fa si estendeva per mille chilometri quadrati, oggi è grande appena 650 ed entro cinquant' anni, calcolano gli scienziati delle università giordane e israeliane, potrebbe scomparire del tutto.
L'acqua vale quanto ilpetrolio in Medio Oriente dove i giacimenti d'oro nero sono più facili da trovare delle falda idriche. E' da quando Israele ha firmato la pace con la Giordania, e anche da prima, che i due paesi parlano di costruire un canale artificiale per collegare il mar Rosso a quello Morto. Se ne sta parlando ancora in questi giorni ad Amman dove si sono dati convegno esperti di tutto il mondo per affrontare insieme il problema della mancanza d'acqua nella regione.Anni fa una ricercatrice americana disse che la prossima guerra nella regione sarebbe scoppiata per l'"oro bianco", il liquido trasparente da cui dipende la vita. Forse non avrà ragione, forse un giorno anche palestinesi e israeliani troveranno il modo di risolvere il loro conflitto che riguarda anche la spartizione delle falde acquifere. Forse nascerà il canale di 180 chilometri dal golfo che gli arabi chiamano Aqaba e gli israeliani Eilat fino al mar Morto servirebbe a convogliare 1,8 miliardi di metri cubi d'acqua ogni anno. La naturale pendenza, dal livello del mare ai 400 metri sotto, accoppiata a un processo di osmosi inversa trasformerebbe il liquido marino da salato in potabile. Il grosso finirebbe negli acquedotti di Giordania e Israele e potrebbe raggiungere anche altri luoghi assetati della regione. Il resto salverebbe il mar Morto. Un progetto simile, ossia un collegamento tra il Mediterraneo e il mar Morto, è stato caldeggiato in questi anni dall'ex premier laburista Shimon Peres. Ne ha parlato con noi, ancora una volta, in Giordania durante il Forum economico mondiale. E' un suo sogno, un'opera di ingegneria civile, ripete, che finirebbe non soltanto per avere effetti positivi sull'ambiente e sull'economia ma anche sui rapoporti sempre tesi tra i popoli della regione.
Un milione di anni fa un terremoto di vaste proporzioni creò il "rift", la spaccatura nella terra che da qui arriva fino al Kenia. Il mar Morto, allora era vivo, ancora collegato al Mediterraneo, ma la depressione lo fece sprofondare cominciando il processo di prosciugamento i cui effetti si vedono, in modo sempre più drammatico oggi.
Pochi giorni fa, in occasione del Forum economico il Jordan Times ha pubblicato un numero speciale con la data del 16 maggio 2010. Il quotidiano descriveva una regione di pace e convivenza e il titolo in prima pagina annunciava il completamento del quaranta per cento del canale: "I primi ministri di Giordania, Palestina e Israele - scrive il giornale con ottimismo - hanno visitato insieme i lavori del canale... e si prevede che sarà operante entro il 2012"
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