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Avvenire Rassegna Stampa
16.12.2015 Ipocrisie: Pace e Amore, mancano Giustizia e Libertà
Nel commento di Michele Zanzucchi

Testata: Avvenire
Data: 16 dicembre 2015
Pagina: 2
Autore: Michele Zanzucchi
Titolo: «E' religione della guerra, non guerra di religione»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 16/12/2015, a pag. 2, con il titolo "E' religione della guerra, non guerra di religione", il commento di Michele Zanzucchi, direttore di Città Nuova.

Michele Zanzucchi dimentica innanzitutto che una guerra di religione c'è, ed è quella che l'islam politico ha dichiarato a tutti i modelli alternativi, a partire da quello occidentale. Pace e amore sono parole vuote, inoltre, se scisse da una analisi puntuale dei fenomeni che abbiamo di fronte come il terrorismo islamico. Questi valori, infine, se scissi da quelli di giustizia,  libertà e  responsabilità impediscono di comprendere la realtà.

Ecco l'articolo:

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Michele Zanzucchi

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Islam = pace? Una domanda da fare ai terroristi islamisti

Caro direttore, «Andate avanti con coraggio nel vostro percorso di dialogo e di fraternità, perché tutti siamo figli di Dio», ha detto domenica scorsa, 13 dicembre, papa Francesco al termine dell'Angelus in piazza San Pietro. Si rivolgeva ad alcune centinaia di musulmani e cristiani vicini al Movimento dei Focolari e ad alcune comunità islamiche italiane, da Trieste a Teramo, a Roma, a Catania, che inalberavano uno striscione con su scritto: "Cristiani e musulmani, costruttori di pace". L'evento, continuato poi nel pomeriggio all'Augustinianum, ha avuto qualche elemento di novità che mi sembra di dover sottolineare. Innanzitutto la necessità, in momenti di gravi tensioni internazionali e di minacce terroristiche e belliche di inedita portata, di una testimonianza comune per la pace e contro ogni violenza. Musulmani e cristiani assieme, ma solidali con persone di buona volontà e con fedeli di altre religioni. Si sta in effetti correndo il rischio di combattere il terrorismo e sostenere la pace in ordine sparso, musulmani, cristiani e laici ognuno con le motivazioni proprie. Finendo per trasformare una "guerra essenzialmente politica" in una guerra di religione che opporrebbe il mondo musulmano a quello cristiano, identificando il primo con la zona mediorientale e il secondo con un generico Occidente. Mentre c'è da capire, come sostiene il politologo Pasquale Ferrara, che esiste una sorta di «religione della guerra» ben più reale e potente delle eventuali «guerre di religione».

Un altro elemento di novità nella manifestazione di domenica consiste nella platea presente: non si trattava solo e tanto di "esperti del dialogo interreligioso" - particolare categoria, rispettabilissima peraltro, di professionisti e diplomatici -, ma di gente del popolo. I fatti raccontati lo testimoniavano. II percorso, iniziato ormai vent'anni fa, di vicinanza tra comunità cristiane dei Focolari e musulmane di diversa estrazione, ha avuto in piazza San Pietro il riconoscimento dello stesso papa Francesco che ha caldamente incoraggiato tutti a continuare nel cammino. C'è poi da sottolineare come sia emersa un'idea di dialogo "forte". Tre sono infatti i rischi che si corrono: buonismo (ridurre il dialogo a un "volemose bene"), irenismo (cioè vedere la pace dappertutto, quando le violenze impazzano) e sincretismo (cioè prendere un po' di una religione e un po' dell'altra per costruire un proprio credo fai-da-te).

Ma, nelle parole e nei gesti dei partecipanti, sono emersi gli antidoti a queste tre minacce: l'impegno quotidiano per la misericordia contro il buonismo, il farsi costruttori di pace ben coscienti della gravità della situazione contro l'irenismo, l'essere veri musulmani e veri cristiani, senza passerelle né scorciatoie contro il sincretismo. Infine, mi sembra di dover sottolineare la larga adesione di altri gruppi ed organizzazioni cattolici (Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Commissione ecumenismo e dialogo interreligioso della Cei, Cnal, Azione cattolica, Meic, Sacro convento di Assisi...), musulmani (Ucoii, Centro culturale islamico d'Italia della moschea di Roma, Centro pro-dialogo del movimento turco di Fethullah Gillen, comunità degli ahmadiyya...) e di altre religioni (Religions for peace, Rissho Kosei-kai buddhista, Unione buddhista italiana...). L'incontro è stato però un simbolo (si sa che sun-ballein in greco vuol dire unire, e dia-ballein dividere), con lo scopo di contribuire a evitare la diabolica tendenza alla guerra, al terrorismo, alla lotta a tutti i costi contro chi la pensa dlversamente o chi ha altri modi dl pregare. L'appuntamento di domenica non è stato quindi improvvisato: chi è sceso in piazza, infatti, è da anni impegnato nel dialogo con persone di fedi diverse. Nella convinzione che la testimonianza nell'unico Dio misericordioso è uno straordinario incentivo alla pace. E che offrirla insieme, nell'anno della misericordia, mentre si aprivano le Porte Sante ad Aleppo, a Roma, a New York, a Teheran, a Gerusalemme, non è stato un caso. Il Dio di misericordia è il Dio degli ebrei, dei cristiani, dei musulmani. Ma sa unire anche buddhisti, indù, persino chi non crede. La misericordia è divinissima e umanissima.

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