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Avvenire Rassegna Stampa
18.09.2015 Shoah italiana: l'eccidio degli Einstein, parenti di Albert, nel libro di Camillo Arcuri
Recensione di Roberto Festorazzi

Testata: Avvenire
Data: 18 settembre 2015
Pagina: 13
Autore: Roberto Festorazzi
Titolo: «L'eccidio nazista degli Einstein d'Italia. Un epilogo avvolto nel giallo»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 18/09/2015, con il titolo "L'eccidio nazista degli Einstein d'Italia. Un epilogo avvolto nel giallo", la recensione di Roberto Festorazzi a "Il sangue degli Einstein italiani", di Camillo Arcuri (Mursia).

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La copertina                    Roberto Festorazzi

La sera del 3 agosto 1994, durante il ripiegamento delle forze germaniche verso il Nord dello Stivale, un gruppo di militari tedeschi sterminò la famiglia dell'ingegner Robert Einstein, primo cugino del celebre fisico e Premio Nobel, Albert, autore della teoria della relatività. L'eccidio ebbe luogo in una villa sulle colline fiorentine, a Rignano sull'Arno, in località Focardo, all'interno della vasta proprietà agricola del ramo italiano degli Einstein. Furono trucidate la moglie di Robert, Nina, e le due figlie della coppia, Luce, di 26 anni, e la diciottenne Annamaria detta Ciccì. Scamparono alla cieca violenza lo stesso Robert Einstein, rifugiatosi nei boschi, e alcune parenti rimaste nella tenuta del Focardo.

All'epilogo degli Einstein, episodio rimasto a lungo sepolto nei troppi «armadi della vergogna», dedica ora un libro il giornalista Camillo Arcuri. Una premessa fondamentale: Albert e Robert erano figli di due fratelli ebrei tedeschi, Hermann e Jakob Einstein, i quali, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, tentarono di sfondare, in Italia, con iniziative imprenditoriali dall'esito fallimentare. II futuro fisico, in gioventù, da Zurigo ove studiava, venne a soggiornare più volte in Italia, trascorrendo amene villeggiature soprattutto a Pavia e nelle campagne circostanti.

Da quegli esordi bucolici, si giunge infine al cuore dell'inferno. È il 1944. Robert Einstein, che da decenni vive ormai stabilmente in Italia, è un ricco possidente che amministra la sua proprietà toscana. Un comando della Wehrmacht si installa all'interno del suo podere e, per mesi, convive amabilmente con il padrone di casa; ufficiali tedeschi gentiluomini lo sfidano a scacchi, e tra un bicchiere di brandy e l'altro, si costruisce, quasi, una complicità amichevole. L'autore non spiega in modo esauriente per quale ragione, all'improvviso, ai primi di agosto, vada in scena un film completamente diverso. Al Focardo, ormai abbandonato dalle retrovie della Wehrmacht, irrompe un gruppo speciale, forse di uomini dell'Erfassungskommando-Goring, reparto specializzato nella caccia alle opere d'arte, il quale si dedica alla distruzione, all'assassinio, e poi appicca il fuoco alla villa.

Appare debole la tesi espressa che a ordinare la strage fosse stato personalmente Adolf Hitler, per odio razziale nei confronti dei parenti dello scienziato ebreo. Se così fosse, non si comprenderebbe la ragione per la quale Robert Einstein, uscito dalla boscaglia dopo l'eccidio per consegnarsi ai nazisti, fosse stato risparmiato. Non a caso, lo storico tedesco Lutz Klinkhammer, ha avanzato l'ipotesi, verosimile, che all'origine della barbara azione non vi fosse alcun piano prestabilito di uccidere per rappresaglia degli Einstein, ma qualcosa di diverso e di non meno terribile. Lo stesso Arcuri indica una possibile pista da percorrere se si desidera diradare nebbie e misteri: i predatori nazisti di capolavori, piombati in massa in una capitale d'arte come Firenze, «non solo sapevano che al Focardo abitava un Einstein, ma disponevano di informazioni, secondo cui nelle campagne lì attorno erano nascosti dipinti e sculture trasferiti dai musei fiorentini, per sottrarli alle razzie. In effetti, poco distante, a Villa Torre a Cona, dimora medicea, proprietà dei Rossi di Montelera, era murata nelle cantine una parte delle opere di Palazzo Pitti. Quel che è certo è che Robert Einstein non resse a lungo a un oscuro senso di colpa, per essere sopravvissuto ai propri cari: il 13 luglio 1945 si tolse la vita.

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